venerdì 7 febbraio 2025

A tutto Sud America: a spasso tra PERU’, BOLIVIA e CILE

 



Se è vero che nella vita, o tu vai in Perù, o tu sposti la chiesa, o tu vinci al totocalcio (cit. Nuti)…noi abbiamo scelto di andare in Perù!!!

E possiamo affermare con sicurezza che questo non è stato, per diversi motivi e sotto molteplici aspetti, un viaggio come gli altri. Innanzitutto, perché siamo partiti con un ritardo “storico”, di quelli che altro che rimborso da 600€…esattamente un ritardo di ben 4 anni! Sì perché noi il Perù lo abbiamo sognato, progettato, prenotato, sfiorato nel 2020, per poi vederlo sfumare causa emergenza covid 19 e cancellazione di tutti i voli del mondo universo. Quindi avevamo una leggera scaramanzia a riprogrammare questo viaggio, visto che la prima volta c’era stata “solo” una pandemia globale! Ma a febbraio, sull’onda dell’entusiasmo del viaggio da poco concluso in Argentina e Cile, e forti del fatto che è scientificamente dimostrato che le persone con un volo prenotato sono nettamente più felici…abbiamo deciso di riprovarci!

Ma abbiamo fatto di più, non “accontentandoci” dell’itinerario precedente, già pronto e impacchettato da 4 anni, ma stravolgendolo per aggiungere un’altra meta dei nostri sogni: il Salar de Uyuni in Bolivia (il più vasto ed alto deserto di sale al mondo). E già che sei lì, al confine con il Cile, perché non fare una sosta (complice il volo internazionale più economico) anche a Santiago del Cile!?

 Ecco quindi un po’ di info pratiche e l’itinerario definitivo.

Periodo: 18 gg a metà Luglio, piena stagione invernale, clima freddino la sera (anche zero gradi), ma fino a 20 gradi il giorno, mitigati dall’altitudine (siamo arrivati ad oltre 5.000 metri!).

Volo Iberia A/R 1225 € a testa: andata Firenze-Madrid-Lima; ritorno Santiago del Cile-Madrid-Bologna

2 Voli interni Latam ca. 200€ a testa: Lima-Cusco; San Pedro de Atacama-Santiago del Cile (in teoria..)

Costo totale alla fine di tutto sui 2600€ a testa, grazie al fatto che le sistemazioni sono davvero economiche, sui 30€ a notte si trovano doppie in hotel decenti e mediamente puliti (non abbiamo mai avuto bisogno di usare il sacco lenzuolo che prudentemente ci eravamo portati), spesso anche con colazione. Una netta differenza con la Patagonia (argentina e soprattutto cilena) è il costo delle escursioni, decisamente più basso in Perù e Bolivia. Anche stavolta abbiamo optato per prenotare in anticipo gli hotel (booking.com), e i trasporti/escursioni principali (sui siti denomades.com e getyourguide), lasciandoci alcune cose da fissare in loco per avere una certa flessibilità. Le seconde si sono rivelate (ovviamente) più economiche in media del 20%, ma come dico sempre “la tranquillità si paga!”.

Fuso orario: in Perù –7 h su Italia, in Bolivia e Cile -6 h su Italia. 

Montagna dei 7 colori

Giorno 1: Partenza da Firenze in serata

Giorno 2: arrivo a Lima ore 6.30 am (Dragonfly hostel 36€ zona Miraflores). Mattina city tour del centro, pomeriggio Miraflores

Giorno3: mattina lungomare e quartiere Barranco; pomeriggio volo per Cusco (notte Quechua Hostal Recoleta 25€)

Giorno 4: Mattina giro per Cusco. Ore 12.30 Bus + treno per Agua Calientes (bimodal da Wánchaq Station), arrivo ore 17 (Nativus Hostel Machu Pichu 35€)

Giorno 5: Visita a Machu Pichu ore 8 – 12, circuito 2. Ritorno treno + bus (15.20, arrivo a Cusco 19.45). Notte Cusco (stesso hotel)

Giorno 6: Tour Valle Sacra (10 ore, 20€ con pranzo): Cinchero, Moray, Maras, Pisac, Ollantaytambo. Notte Cusco (stesso hotel)

Giorno 7: Ore 4.30 am partenza per la Montagna Arcobaleno di Vinicunca (Ag. Bioandean Expeditions - 28€ con colazione e pranzo). Notte Cusco (stesso hotel)

Giorno 8:Trasferimento a Puno con bus turistico con varie soste (Turismo Mer ca. 50€ a testa pranzo compreso). Sol Andina Inn 21€

Giorni 9-10: Escursione 2 giorni/1 notte Lago Titicaca; Isole flottanti Uros, Isola Amantani e Tequile con notte presso una famiglia locale, trasporti e tutti pasti compresi 40€ a testa (fissato tramite hotel)

Gionto 11: Mattina bus per La Paz ore 5.30 – arrivo h 12.30 (Panamericano Trans Litoral diretto con passaggio frontiera a Desaguadero, durata 5 ore). Notte Qantu Hotel 32€

Giorno 12: City tour La Paz. Ore 21 bus notturno per Uyuni (Todo Turismo 39 $ a testa, con cena  e colazione)

Giorni 13/14/15: Arrivo 7.30 Uyuni – ore 10.15 inizio tour 3 giorni in jeep (fissato con World White Travel, eseguito da Kantuta Tours) 200 $ a testa tutto compreso in camera doppia bagno privato. Salar Uyuni, lagune, deserti, gyser, terme. Arrivo a S.Pedro Atacama Cile ore 12 ca. del terzo giorno (Notte Casa Dorada 40$). La sera osservazione delle stelle con tour Astronomico (25 $ a testa)

Giorno 16: Mattina Lagune Segrete (7-13, Ag. Pukarumi, 36€ a testa). Pome trasferimento a Calama (35€ tot.) per volo per Santiago h 18. Arrivo h 20

Giorno 17: Visita Santiago. In serata volo per Madrid

Giorno 18: Arrivo a Bologna ore 23.40 e bus per Firenze, con arrivo a casa ore 2 am.

 

Da questo riassunto delle tappe è abbastanza intuibile che si tratti di un viaggio impegnativo da molti punti di vista. Fisico: per i ritmi serrati, con poco tempo per riposarsi, levatacce alle 4 di mattina, lunghi spostamenti in bus/auto/jeep/aerei, il tutto con l’aggravante che molti dei luoghi superano i 4.000 metri di altitudine, con vette di 5.200, dove ogni passo “pesa” davvero.  Logistico: i vari “incastri”, che sulla carta tornano tutti alla perfezione, a volte si scontrano con gli imprevisti della realtà, come ritardi di bus, attacchi hacker a sistemi informatici, cancellazione voli per maltempo (esempi non a caso!), taxi che non si presentano, vaccinazioni necessarie scoperte all’ultimo, scioperi e manifestazioni che bloccano città intere (frequenti in tutto il Sudamerica). Insomma, un viaggio meraviglioso dove i migliori compagni di viaggio sono un’accurata programmazione, tanta capacità di adattamento...e una bella dose di fortuna (con la C maiuscola!).

Lima ci accoglie poco dopo l’alba, con cielo coperto (qui è sempre così la mattina, poi di solito si apre) ma clima piacevole; quello che ci colpisce è un traffico spaventoso e caotico, e infatti ci mettiamo in taxi (prenotato su booking.com 15€) oltre 40 minuti per percorrere i 20 km scarsi dall’aeroporto al quartiere di Miraflores, rischiando a ns. avviso anche diversi incidenti! Durante il tragitto però abbiamo modo di ammirare le scogliere di terra nera dalla strada che costeggia l’oceano: la città è infatti tutta costruita in alto, e capiamo presto il perchè dai blocchi stradali che sono pronti per essere messi in caso di allerta tsunami, evidentemente non rara da queste parti.

Ma per fortuna non è questo il caso e, nonostante l’ora, le spiagge (non certo invitanti) brulicano di surfisti, o aspiranti tali, in attesa dell’onda perfetta….attesa lunga, visto che il mare è praticamente piatto!

Il Dagonfly Hostel è in posizione centrale a Miraflores, da fuori l’impressione non è delle migliori, mitigata dalla gentilezza della ragazza alla reception, che tra l’altro parla un po’ di italiano perchè ci ha vissuto da piccola. Lasciamo le valigie e ci dirigiamo nella vicina panetteria per rifocillarci con una mega pasta e cappuccino (Panea Pan & cafè). Qui incontriamo un prete veneto che vive in Perù da 30 anni, in un piccolo paese 4 ore di bus a nord di Lima, e che appena ci sente parlare italiano si prodiga nel raccontarci aneddoti e darci consigli sulla base della sua lunga esperienza con i locali. Ovviamente ci parla della dilagante corruzione, diffusa a tutti i livelli, qua come in generale in Sudamerica, ma ci mette anche “in guardia” dai locali, che spesso si pongono in modo gentile e sorridente, ma poi sono molto interessati al denaro ed hanno poca voglia di lavorare…in fondo, per entrambe le cose, tutto il mondo è paese.

Alle 10 puntuali ci incontriamo con la guida fissata per il free walking tour, che ci accompagna dal parco Kennedy al centro con il bus di linea. Questo parco è il regno dei gatti, se ne vedono davvero tanti, tutti liberi ma ben nutriti e con casette in legno a più piani costruite dai volontari come loro rifugio.

Partecipiamo al tour con una coppia di giovani ragazzi irlandesi, che si sono presi un anno sabbatico e sono a giro per l’America latina da oltre un mese e contano di arrivare in Patagonia per fine settembre…beata gioventù!

Il centro di Lima è un susseguirsi di chiese e grandi piazze, alcune molto belle come Plaza Mayor con la sua cattedrale imponente e circondata dai tipici balconi in legno, o la Chiesta della Merced in stile barocco. Sinceramente il FWT (free nel senso che lavorano sulla base di mance volontarie dei partecipanti) questa volta ci delude un po’, perchè non aggiunge quel tocco “local” alla visita della città. Ci soffermiamo fuori dal palazzo che ospita il museo d’arte italiana, sulla cui facciata sono raffigurati gli stemmi di diverse città (tra cui il giglio di Firenze), dono della comunità italiana residente in Perù per il centenario dell’indipendenza nel 1921. A tal proposito, notiamo che le strade sono tutte decorate a festa con i colori nazionali bianco e rosso, e la guida ci svela il motivo: sono state rimandate a quest’anno (causa covid) le celebrazioni dei 200 anni.

Plaza Mayor
Entriamo anche al Grand Hotel Bolivar, affacciato su Plaza San Martin, famoso per aver ospitato negli anni personaggi celebri e per i suoi arredamenti interni fastosi e ricercati, anche se ormai decadenti. Al suo interno c’è ancora uno dei migliori bar per gustare il pisco suor, cocktail peruviano per eccellenza, su una piacevole terrazza.

Finiamo il tour proprio con una degustazione gratuita di pisco sour in una delle viuzze turistiche che partono da Plaza Mayor (maestosa e presidiata da centinaia di poliziotti per previste manifestazioni nel pomeriggio). Il Pisco è un liquore tipo brandy, molto forte, che può essere associato a diversi succhi analcolici a base di lime (Pisco sour classico), ma anche ananas, mango, ecc.. Nel negozio ci svelano il segreto per riconoscere un Pisco autentico: se si scuote la bottiglia deve formarsi al centro una specie di spirale, da qui il detto “no tornado, no pisco”! Assaggiamo 5 varianti divere, ciascuna preceduta da un fantasioso brindisi peruviano, di cui ricordo solo il classico “ariba, abaco, al centro, a dentro”!

In zona faccio anche il mio acquisto strategico: un poncho fuxia, che sfoggerò orgogliosamente nella maggior parte delle foto dei prossimi giorni, non certo puro alpaca, ma modello invidiatissimo (per ca. 20€, non si poteva pretendere di più visti i prezzi folli a cui sono venduti gli articoli di baby alpaca!). Scopriremo più avanti che per baby alpaca si intende la prima e seconda tosatura degli alpaca già adulti, intono ai 12/18 mesi di vita, e l’originalità si riconosce dal fatto che al tatto la lana, oltre che morbidissima, è più fredda.

Parque de l'Amor - Miraflores

Pranziamo all’aperto al ristorante Cordano, sempre in zona piazza Mayor, a base di carne, per poi tornare ormai verso le 4 a Miraflores con la metro. Come in tutte le città di recente visitate in Sudamerica (Buenos Aires, La Paz, Santiago del Cile) i trasporti pubblici funzionano con una tarjeta (tessera) ricaricabile, con un costo fisso iniziale; peccato che la ricarica può essere fatta solo in contanti, il che rende il metodo, seppur moderno ed ecologico, non esattamente comodo per i turisti di passaggio…ma questo è!

Concludiamo la giornata ammirando il tramonto dalle scogliere del parco dell’Amore a Miraflores, costeggiato da panchine ricoperte di azulejos sovrastate dall’iconica scultura del bacio, con parapendii in volo sullo sfondo. 



Murales a Barranco

La mattina seguente arriviamo a piedi fino al quartiere di Barranco, situato più a sud, con una piacevole camminata lungo la costa, tra punti panoramici, parchi tenuti benissimo (tra cui quello delle farfalle) dove i residenti (benestanti) portano a passeggio i cani, e ville a strapiombo sul mare. Le principali attrattive di Barranco sono il famoso ponte dei sospiri (ben diverso da quello di Venezia; la leggenda dice che si deve oltrepassare la prima volta trattenendo il fiato ed esprimendo un desiderio), la vicina chiesa gialla La Ermita, le casette colorate con tanti murales e i locali aperti fino all’alba. Stamattina però il posto è “invaso” da miriadi di famiglie e studenti adolescenti in festa che si scattano foto con abiti eleganti, degni dei migliori boss delle cerimonie! Non capiamo bene cosa festeggino, dato che l’anno scolastico finisce in teoria a dicembre da questa parte dell’emisfero, ma ci facciamo largo tra la folla per scendere fino all’oceano percorrendo la famosa Bajada de Banos.

La Ermita a Barranco

Nel tardo pomeriggio arriviamo a Cusco (volo di ca. 1.30 h da Lima), dove il taxi prenotato (6€) ci aspetta per portarci al ns. hotel in calle Recoleta, dal quale ci inerpichiamo a piedi nel quartiere di San Blas per cenare al Chia, che si autodefinisce uno dei migliori ristoranti vegani del Perù. Qui assaggiamo il nostro primo mate (the/infuso) con foglie di coca, che sicuramente farà bene per l’altitudine, ma buono è un’altra cosa!



Il problema del mal d’altura o mal di montagna (soroche) è da tenere in considerazione per questo tipo di viaggio, anche se è una cosa molto soggettiva e non è possibile sapere se e con quali sintomi si manifesterà fino a che non ci si trova il loco. Sicuramente acclimatarsi gradualmente è un consiglio che vale sempre, ma è anche vero che arrivare a Cusco (che è a ca. 3.400 m.s.l.m.) in aereo da Lima permette di guadagnare molto tempo, soprattutto se non si è interessati alla zona della costa. Personalmente eravamo un po’ preoccupati e ci siamo portati dietro il Diamox (un farmaco diuretico consigliato per prevenire/ridurre il mal di montagna, serve prescrizione medica), ma leggendo le potenziali controindicazioni abbiamo preferito non prenderlo e stare alla sorte. Il primo giorno abbiamo avuto un po’ di stanchezza e mal di testa leggero, ma passato da sé…a condizione di non fare sforzi eccessivi! Nel caso di trekking o salite impegnative, ovviamente la storia cambia: si ha proprio la sensazione di non riuscire ad incamerare sufficiente aria nei polmoni e ti ritrovi a doverti fermare ogni 50 metri; per non parlare del momento in cui bevi l’acqua dalla bottiglia (idratarsi è fondamentale in questi contesti) e ti viene subito il fiatone! Nelle parafarmacie di tutto il Perù comunque vendono pasticche apposta contro il soroche, e chi le ha provate dice funzionano abbastanza.

Calle 7 Borreguitos,
Dedichiamo la mattina ad esplorare le stradine acciottolate di Cusco e diversi punti panoramici, rischiando spesso di inciampare nei mini marciapiedi del centro, larghi non più di 40 cm.

La prima tappa è la pietra dei 12 angoli, incastonata in un grande muro in una delle strade turistiche che portano a Plaza de Armas, che rappresenta un simbolo della città e dell’abilità architettonica degli Inca; si dice che se dovesse essere rimossa, potrebbe cadere l’intero palazzo alle sue spalle (palazzo dell’Arcivescovado).

Proseguiamo per plaza Nazarenas, dove si affacciano il museo di arte precolombiana e il lussuosissimo Belmond Hotel Monastero (decisamente non nel ns. budget!), passando sotto l’arco in calle 7 Culebras e salendo fino all’acquedotto di Sapantiana e ad uno degli scorci più instagrammabili di Cusco, Calle 7 Borreguitos, un incrocio da cui parte una scalinata piena di fiori e decorazioni colorare. 

Acquedotto di Sapantiana

Uno degli effetti collaterali di IG è che questi luoghi, che un tempo trovavi quasi per caso, ora sono inflazionati di gente che pretende di stare 20 minuti a farsi servizi fotografici da postare, meglio se vestite da principessa di Frozen…giuro, una tipa del genere ci ha preceduti in tutti i luoghi quel giorno, monopolizzandoli a ripetizione! Incuranti di lei, saliamo ancora verso il Mirador de San Cristobal, dove dal piazzale accanto alla chiesa si gode di una spettacolare vista a 360 gradi sui tetti di Cusco e sulle vicine montagne.

Mirador de San Cristobal
Infine scendiamo fino all’imponente Plaza de Armas (o Plaza Myor), dove assistiamo ad una parata di ex studenti, ciascuno vestito a festa con colori diversi suddivisi per anno di diploma…insomma, in Perù ogni occasione è buona per festeggiare, e a breve (28 luglio) ci sarà anche la Fiestas Patrias per la dichiarazione di indipendenza. 

Tornando verso l’hotel ci fermiamo in una delle infinite agenzie per fissare l’escursione che ci manca alla Valle Sacra 2 giorni dopo, e contrattiamo anche per il bus turistico Cusco-Puno, con prelievo in entrambi i casi in hotel la mattina presto (in teoria!?).  Lasciamo le valigie in hotel e con il solo zaino ci dirigiamo alla stazione di Wanchaq per il trasporto bimodal bus+treno Perù Rail che ci porterà ad Agua Calientes (Machu Picchu Pueblo).

Plaza de Armas 
I biglietti di Machu Picchu e del treno sono tra le prime cose da fissare quando si hanno chiare le date della visita, poiché le tariffe più economiche dei treni vanno via molto velocemente (molti li bloccano le agenzie); noi abbiamo prenotato sul sito www.perurail.com a inizio marzo con 4 mesi di anticipo. L’ingresso al sito costa ad oggi ca. 40 €, ma la voce principale di spesa è proprio il trasporto, che sotto i 120 € A/R è impossibile trovare, dato il monopolio della tratta da parte di 2 compagnie: Perù Rail (il tipico treno blu) o Inca Rail. Sono di fatto analoghe nella tratta e nei prezzi, si sceglie in base a orario più comodo, ed entrambe hanno più categorie. Noi all’andata abbiamo preso l’Expedition (base), mentre al ritorno il VistaDome: la differenza sta nelle vetrate più ampie, uno snack servito a bordo e uno spettacolo folkloristico (di dubbio giusto ma tipico, solo nella tratta Agua Calientes-Ollantaytambo) con una performer vestita da demone Inca che coinvolge in balli tradizionali sfortunati passeggeri scelti per lo show. Ah, senza dimenticare la “sfilata” improvvisata di capi di abbigliamento di alpaca che ovviamente cercano di venderti a bordo del treno più lussuoso! A onor di cronaca, esiste anche l’opzione trekking, da 2 a 4 giorni, ma noi non l’abbiamo nemmeno presa in considerazione (stranamente!).
Perù Rail

Il bus da Cusco alla stazione di Ollantaytambo impiega circa 2 ore + altre 2 ore di treno; quest’ultimo si addentra lentamente nella selva costeggiando il sinuoso fiume Urubamba, e il paesaggio fuori dal finestrino vale da solo il viaggio.

Il paese di Aguas Calientes, o Machu Picchu pueblo, è nato ad uso e consumo dei sempre più numerosi viaggiatori che arrivano da ogni parte del mondo per visitare una delle 7 meraviglie del mondo moderno, ma pur essendo abbastanza anonimo e tagliato a metà dalla ferrovia, ha comunque senso scegliere di passarci una notte per essere già in loco la mattina della tanto agognata visita.

La mattina seguente, impazienti di arrivare al gate, prima delle 6 siamo già per strada con la colazione al sacco, cercando di prendere posto in fondo alla lunga coda per i bus che, arrampicandosi per 20 minuti su una serie di tornanti, portano all’ingresso del sito (biglietti 24$ A/R acquistabili da 1 mese prima sul sito www.consettur.com o ad A.C. in orario apertura biglietteria). 

Huayna Picchu
La coda scorre abbastanza bene, con bus che partono e arrivano di continuo, peccato che sia impossibile per chi arriva vedere il cartello posto all’inizio, che indica l’orario di ingresso per il quale ci si sta mettendo in coda. Noi avevamo fissato il turno dalle 8 am, ma una volta arrivati quasi al momento di salire sul bus (dopo già 2 controlli ticket) ci stoppano dicendo che la coda attuale è quella per l’ingresso delle 7…e quindi si riparte dal via, tipo gioco dell’oca…ma almeno saremo i “primeri” del turno delle 8! Ci consoliamo con questo inutile primato (dopo poco le 2 code si uniranno), che però difendiamo ardentemente da tentativi di guide di intrufolare gente a caso davanti a noi. Consiglio: mettetevi in coda ca. 1.30 ora prima del vs. orario di ingresso.

Al gate di entrata sono altrettanto fiscali e, pur essendo lì alle 7.58, ci fanno attendere 2 minuti per rispettare il famoso turno (no comment), ma per fortuna non lo sono troppo con le tipologie di percorsi previsti dentro al sito. Da giugno 2024 infatti hanno avuto la geniale idea di stravolgere e moltiplicare i circuiti da 4 a ben 13, con notevole caos nella conversione dei biglietti acquistati via web ante tale data. Per farla breve, se volete la foto classica, quella che abbiamo visto milioni di volte su riviste, guide, documentari, IG, l’opzione migliore è il percorso 2 Routa Desinada, che non include la casa del guardiano (per quella va fatto il circuito 1) ma ci passa appena sotto ed è il più completo, dato che permette di percorrere anche la parte archeologica bassa, ed è di media difficoltà.

Machu Picchu
L’emozione di trovarsi davanti ad Huayna Picchu, l’iconica montagna che sovrasta il sito Inca per eccellenza, non è descrivibile a parole…va vissuta!! Ci siamo goduti a pieno la magia di questo luogo, percorrendo per circa 3 ore i sentieri tra le maestose rovine, scattando foto da ogni angolazione in cerca della luce perfetta che esaltasse il verde della selva e l’azzurro del cielo, ma soprattutto ammirandolo con gli occhi pieni di meraviglia e il cuore ricco di gratitudine…finalmente ce l’abbiamo fatta a vedere il leggendario Machu Picchu (e così siamo a 5 meraviglie su 7)!!!


Rovine Inca

Lasciamo Agua Calientes con il treno delle 15.20, dopo un pranzo a base di ritz sull’assolata terrazza dell’hotel, e il viaggio di ritorno (sempre bimodal ma con arrivo alla stazione di Poroy, ca mezz’ora di bus da Cusco) sembra infinito, nonostante l’imperdibile intrattenimento a bordo! Cena veloce a base di zuppa calda vicino all’hotel e poi a nanna, anche perchè l’aria condizionata sparata a palla sul treno inizia a far presagire mal di gola in arrivo…che ovviamente non ci fermerà dall’intenso programma del giorno seguente: tour di 12 ore alla Valle Sagrada!

Dopo qualche incomprensione per il prelievo alle 6.30 di mattina, il titolare dell’agenzia con cui abbiamo fissato (sicuramente un sub-intermediario di esimo livello!) ci passa a prendere di persona e ci scorta al minibus. Per fortuna, perchè in partenza da una strada dietro Plaza de Armas ce ne sono circa 100, tutti bianchi uguali e senza alcun logo! La guida si presenta e inizia ad illustrarci l’intenso programma della giornata: oggi andremo alla scoperta dell’emozionante montagna arcobaleno, siete contenti?? Panico e semi rivolta dei partecipanti, certi a questo punto di essere finiti nel bus sbagliato….ma era una battuta! La Valle Sacra ci attende, con prima fermata a 3.800 metri di altitudine nel centro tessile più  rinomato  della zona: Chinchero.

Centro tessile di Chinchero
Qui è prevista la visita ad una delle comunità locali, dove ci accolgono con un bicchiere di mate di munia per combattere l’altitudine (molto più buono della coca e non eccitante) e una dimostrazione del processo di lavaggio, colorazione e tessitura della lana di alpaca. La signora che ci spiega tutto questo è un vero personaggio, strizzata nel suo abito tipico super colorato, dispensa consigli e battute sarcastiche senza risparmiarsi. La lana di alpaca, una volta tosato, è ovviamente sporca (“l’alpaca mica si fa la doccia!”), e per renderla bianca usano un sapone naturale, derivato da un tubero tipo patata, che grattato produce una schiuma molto potente dalle proprietà semi miracolose. La nostra ospite, infatti, sottolinea come non ci siano peruviani calvi o con i capelli bianchi (in effetti è vero), grazie al fatto di usare questo shampoo prodigioso! Indica poi un turista con pochi capelli e gli dice “tu ormai sei pelato, peccato sei venuto tardi, dovevi farci visita 10 anni fa!”.

Anche il processo di colorazione viene eseguito rigorosamente con tecniche naturali, ad esempio il rosso con la cocciniglia, e la lavorazione è prevalentemente manuale da parte delle donne, grazie ad attrezzi che sembrano usciti da un altro tempo, come un pezzo di osso utilizzato per separare e pettinare la lana. Ce lo mostra con un monito “Che osso è secondo voi, animale? No, è l’osso di un turista che ha cercato di andare via senza comprare niente nel negozio della nostra cooperativa qui accanto!”. Fortunatamente a noi è andata meglio, e riusciamo ad andare via dopo la visita al negozio (enorme ma piuttosto caro per gli standard peruviani) comprando solo delle buone empanadas home made, e con tutte le nostre ossa al loro posto!

Proseguiamo per il centro di Chinchero, dove accanto alle rovine Inca sorge la piazza con il tipico mercato, sovrastata da una chiesa coloniale. Il paese ha da sempre una forte vocazione agricola, come testimoniano i numerosi terrazzamenti che circondano le rovine, e con la nostra guida conosciamo il processo di conservazione delle patate (in Perù ne esistono oltre 3.000 varietà), osservando una ragazza del posto che sbuccia piccole palline scure che sembrano più castagne che patate. Uno dei “segreti” delle vittorie degli Inca era infatti la capacità di poter sopportare lunghe battaglie e assedi ai nemici sfamando i suoi guerrieri con il miracoloso tubero, che prima veniva fatto gelare nelle fredde notti andine, poi strizzato ben bene per togliere tutta l’acqua e infine essiccato al sole, così che potesse essere trasportato in grandi quantità con poco peso. In questo modo le patate disidratate si conservano per anni, e per usarle basta rimetterle in acqua e cucinarle in infinti modi!


Moray
La tappa successiva è Moray, dove osserviamo le terrazze concentriche scavate nel terreno a formare un enorme anfiteatro naturale. Purtroppo, essendo piena stagione secca, non le vediamo del verde brillante immortalato sulla copertina della Lonley Planet, ma il luogo è comunque suggestivo. La guida ci spiega che gli Inca utilizzavano le diverse altitudini dei “cerchi” per testare le zone più adatte alle varie colture (patate e mais in primis), con un ingegnoso sistema di irrigazione.

Dopo una fermata di rito al market del sale, dove è possibile acquistare sale di ogni forma, colore e finalità (medica, culinaria, estetica, ecc.), con tanto di degustazione, proseguiamo per le vicine saline di Maras, da cui tutto questo sale viene appunto estratto. Superata l’irritazione per la proverbiale incapacità di Fede di farmi una foto decente davanti a questo luogo magico e surreale, lo sguardo si perde tra le infinite vasche di diverse forme e colori, alcune bianco latte (sale da cucina) altre più beige/marrone (sale con proprietà curative), che si arrampicano sulla collina da dove una sorgente termale ricca di sodio le alimenta costantemente.

Saline di Maras
Dopo un abbondante pranzo a buffet, ci spostiamo verso Ollontaytambo, che ormai, alla terza volta che ci passiamo in 3 giorni, possiamo permetterci di chiamare come i locali “Ollanta”. Stavolta apprezziamo meglio il colorato e pittoresco villaggio, e scaliamo le imponenti rovine del tempio-fortezza con i suoi ripidi scalini, per godere di una magnifica vista sull’unica città dell’impero Inca ancora abitata e su tutta la Valle Sacra.


Ollontaytambo
Ma il tempo è tiranno e, costeggiando il corso del fiume Urubamba, arriviamo a Pisac un attimo prima dell’ultimo orario di ingresso delle 5. Facciamo quindi una breve passeggiata nel sito, che in realtà avrebbe molti sentieri da offrire, tra terrazzamenti, gole e tombe scavate nella pietra. Forse proprio perché è l’ultima tappa della giornata e complice la stanchezza di essere in giro da oltre 10 ore, è il sito che ci ha entusiasmato un po’ meno. Questo tour all day è sicuramente completo, ma avendo più tempo a  disposizione si potrebbe anche spezzare in 2 mezze giornate, in modo da godersi di più sia le visite ai vari siti che il tempo a Cusco tra caffè e stradine acciottolate. Noi invece rientriamo a Cusco alle 19 passate, piuttosto cotti, e ceniamo al volo alla Pizzeria Libertad vicino all’hotel (pizza decente) per poi collassare in camera, in vista della levataccia di domani alle 4 am.

Anche per la montagna arcobaleno di Vunicunca il prelievo non è puntualissimo, ma almeno capiscono dove venirci a prendere e verso le 5 partiamo, ancora con un buio pesto e in condizioni fisiche non ottimali (proprio la giornata giusta!). Recuperiamo un po’ di sonno nelle 2 ore che ci separano dalla sosta colazione in località Pitumarca, porta di accesso per iniziare a salire i tornanti sterrati che portano ad oltre 4.600 metri di altezza, vero punto di partenza della nostra avventura di oggi, che si confermerà la più impegnativa del viaggio. La guida ci spiega che abbiamo 3 ore per salire e scendere, tempo sufficiente per fare a piedi il percorso di 7 km totali. Volendo si può fare un primo tratto a cavallo (costa sui 25€ a persona) ma, a suo dire, il percorso inziale è più facile e piano, e il cavallo ti lascia dove inizia la vera salita. Molti dei ns. compagni di gita scelgono il cavallo, ma noi prendiamo le racchette in dotazione e optiamo per fare tutto a piedi, un po’ perchè la guida sembra quasi “sconsigliarci” l’alternativa cavallo, e un po’ per poter dire di avercela fatta da soli. Spoiler: decisione moooolto sbagliata!!!

L’inizio è in effetti abbastanza pianeggiante, ma via via che si sale l’aria sempre più rarefatta è come un macigno sulle spalle, le gambe si fanno pesanti, non si riesce ad incamerare sufficiente aria e il passo rallenta progressivamente, con il risultato di doveri fermare sempre più spesso, alla fine tipo ogni 10 metri, nonostante le frequenti respirazioni di acqua di florida che ci offre la ns. guida per attenuare ilo soroche. Tutto questo mentre nel percorso adiacente vediamo passare persone tranquille su cavalli portati al guinzaglio da signore (non giovani) che scalano senza problemi con le loro gonne larghe e calzature tradizionali (tipo ciabatte) la montagna…e arrivano praticamente fino in cima, quando manca meno di 1 km alla vetta!

Valle Rossa
Il paesaggio però diventa via via sempre più spettacolare, con viste sui ghiacciai e sulla valle rossa (altra bellissima escursione avendo tempo, possibile da fare anche in quad), e questo mi dà la forza di trascinarmi anche per l’ultimo tratto di salita, spinta dalla volontà di vedere questa meraviglia della natura. Alla fine devo dire che lo sforzo di arrivare a oltre 5.000 metri è pienamente ripagato da una montagna che sembra veramente dipinta, che nulla ha da invidiare alle foto (quelle senza filtri eh) che si vedono su IG, e i fuffolosissimi alpaca che ti aspettano in vetta sono la ciliegina sulla torta! Col senno di poi però il cavallo, oltre a farti arrivare in cima meno distrutto, ti dà più tempo per stare lassù a goderti il panorama con vista a 360 gradi, senza la fretta di dover scendere per rispettare l’orario di ripartenza (anche se la discesa è un gioco da ragazzi e in meno di 1 ora ci si fa).
Rainbow Mountain

La montagna arcobaleno di Vinicunca, o montagna dei 7 colori, è stata “scoperta” solo di recente, esattamente nel 2011 quando alcuni escursionisti si trovarono per caso davanti questa meraviglia che, a causa del riscaldamento globale, non era più ricoperta di neve 365 gg/anno, e ne hanno condiviso le immagini (in precedenza era conosciuta solo dalla gente del posto). Dal 2014 sono iniziate le escursioni organizzate e i social hanno fatto conoscere al turismo di massa questo vero gioiello, i cui colori derivano da sedimenti di diversi minerali nel corso dei millenni: rosso (ferro), rosa (manganese), giallo (zolfo), bianco (carbonato di calcio), blu/verde (rame ossidato) e marrone (magnesio). Negli anni sono state “scoperte” anche altre montagne colorate in Perù, tra cui quella di Palccoyo, per adesso meno affollata e con un percorso dicono più facile e veloce (ca. 1 ora a piedi).

Il giorno seguente ci attende una tappa di trasferimento, che ci porta da Cusco a Puno, sulle rive del lago Titicaca percorrendo la Routa del Sol. Il bus turistico della compagnia Tursmo Mer (fissato in loco) si rivela una scelta azzeccata, a parte il fatto che a causa della proverbiale (in)efficienza dei peruviani rischiamo di perderlo perché il taxi fissato per le 6,20 ha sempre difficoltà a raccattarci all’hotel. Comunque arriviamo just on tome per la partenza alle 7 dal terminal privato (a circa 15 minuti a sud di Cusco, traffico permettendo) e ci accomodiamo al secondo piano del bus, veramente comodo. I circa 400 km in 10 ore passano piacevolmente, grazie alle varie soste in siti lungo la strada: la prima è la chiesa di S.Pedro, famosa come “la Cappella Sistina delle Ande”. Con le dovute proporzioni, questa chiesa costruita dai gesuiti nel 17^ secolo sopra un tempio Inca, è in effetti riccamente decorata (oro e specchi ovunque), con un cielo stellato dipinto sopra l’altare e affreschi molto eloquenti lungo la navata a rappresentare le gioie del paradiso e le punizioni dell’inferno, utilizzati dai colonizzatori per evangelizzare i nativi.

Wiracocha
A seguire ci fermiamo al sito archeologico di Raqchi, dove l’attrazione principale sono i resti del maestoso tempio di Wiracocha, uno dei luoghi più venerati dell’impero Inca, di cui oggi restano visibili solo alcune delle 22 colonne e parte dell’enorme tetto. Durante il tragitto passiamo dalla regione di Cusco a quella di Puno attraversando il passo La Raya, a 4335 metri, da dove è visibile il ghiacciaio Chimboya (famoso per essere tra quelli che danno origine al Rio delle Amazzoni). 


Tori di Pucarà
Notiamo nel vicino villaggio delle statuine decorate, a forma di toro con in mezzo una croce, situate sui tetti delle case. Si tratta dei tori di Pucarà, che nella tradizione andina rappresentano protezione, fertilità e buona sorte per gli abitanti della casa.

Arrivati a Puno, nota per essere la capitale folkloristica del Perù e sede di un’importante università, la breve distanza tra il terminal dei bus e il ns. hotel straripa di bancarelle sparse ovunque, che vendono di tutto: frutta esotica, uova (mai viste così tante), carta igienica (in quantità industriali), scarpe spaiate…insomma un vero delirio! Per cena, visto che nella nostra strada esistono solo venditori di pollo fritto (non è un modo di dire!) arriviamo in centro, che dista meno di 1 km ed è decisamente più turistico e quasi “carino”, con immancabile comizio militare autocelebrativo nella piazza principale.

I seguenti 2 giorni li trascorreremo invece sulle isole Amantani e Taquile nel bel mezzo del lago Titicata, ospiti di una famiglia locale che ci fornirà vitto e alloggio. Partiamo intorno alle 8 dall’hotel, portandoci solo uno zaino a testa, e ci imbarchiamo con la ns. guida e altre 20 persone su una delle numerose barche che effettuano più o meno tutte lo stesso itinerario: Isole galleggianti Uros, Amantani, Taquile. Quello che fa la differenza è la tipologia di sistemazione (sono sorti di recente anche lodge di lusso sul lago) e il criterio di gestione delle famiglie ospitanti. La ns. guida Bruno ha più volte specificato che la sua agenzia adotta un sistema di rotazione tra le famiglie, in media dopo 15 ospiti per famiglia passano alla famiglie/comunità successiva, in modo da garantire che il turismo sia una fonte di guadagno un po’ per tutti, privilegiando un turismo equo e sostenibile.

Isole Uros
Alle isole Uros conosciamo una delle comunità locali, dove il tempo sembra essersi fermato nonostante si sia a mezz’ora da Puno, e proviamo la strana sensazione di sentire la terra che si muove ad ogni passo sotto i nostri piedi. Qui uno degli anziani ci spiega, con tanto di perfette riproduzioni in scala, con quanti strati di totora (pianta acquatica che ricopre il Titicaca) vengono costruite le isole galleggianti e come vengono “ancorate” al fondo del lago, con tecniche orgogliosamente tramandate da generazioni. Ci spostiamo poi tra un’isola flottante e l’altra su una delle loro imbarcazioni tipiche (la nostra “originale” guidata a remi, ma ne abbiamo viste anche di più moderne con motore…non vale!).

Amantani 
Arriviamo ad Amantani all’ora di pranzo, dopo circa 2 ore di barca, e veniamo abbinati in piccoli gruppi alle famiglie locali, che ci aspettano al porticciolo con grandi sorrisi nei lori tradizionali abiti colorati, e li seguiamo arrampicandoci (non senza fatica) fino alla loro casa. Qui troviamo un’abitazione semplice, con muri non finiti ma decorosa e a suo modo “accogliente”: bagno esterno senza acqua corrente (salvo alcune ore al giorno), camere con strati infinite di pesanti coperte colorate (ovviamente non c’è riscaldamento) e una cucina con grandi tavoli da pranzo, il vero cuore della casa dove la signora che ci ospita prepara, insieme alla figlia 15enne e alla mamma anziana, un pranzo a base di zuppa di quinoa, formaggio fuso e patate.


Rifocillati e riposati ci dirigiamo allo stadio, punto di incontro con gli altri ospiti sparsi per l’isola, per incamminarci poi fino al punto più alto (bello ripido!)  per godere di un tramonto spettacolare sul lago. Salendo Bruno ci svela un trucchetto per attenuare il male d’altura: pendere dei rametti di muńa, arbusto che cresce solo oltre i 3.000 metri, strofinarli tra le mani e poi respirare dalle mani stesse (un po’ come l’acqua di florida), con la finalità di migliorare la respirazione. Arrivati in cima, la tradizione vuole che si compiano 3 giri intorno al tempio dedicato a Pachatata (padre cielo) e poi si mettano delle foglie di alloro in una delle fessure tra le pietre, per far avverare il desiderio che si è espresso durante i giri.

Rientriamo alla casa che ormai è buio, illuminando il percorso con i cellulari, poiché sull’isola l’elettricità (che fino a pochi anni fa proprio non c’era) è ora garantita solo alle case grazie ad alcuni generatori. Prima di cena improvvisiamo una partita ad un gioco da tavolo con i nostri coinquilini, una famiglia di italiani che però vivono da alcuni anni a Mosca. La sera ci attende invece una serata danzante presso la “discoteca” dell’isola, ma non prima di aver indossato gli abiti tradizionali che ci rendono dei veri locals! Il freddo è veramente intenso una volta calato il sole, ma non resistiamo a stare un po’ fuori ad ammirare il cielo, che grazie alla scarsa illuminazione ci mostra una quantità di stelle che nemmeno immaginavamo possibile!

Amantani 
La notte tutto sommato scorre tranquilla, grazie alle abbondanti coperte e alla brillante idea di dormire con calzamaglia e maglia termica sotto al pigiama, oltre agli ormai immancabili calzini (se ve lo steste chiedendo, questo è decisamente un viaggio a bassissimo tasso di “romanticismo”!).

La mattina seguente sveglia all’alba e, dopo un’abbondante colazione a base di pancakes di farro appena fatti, torniamo al porticciolo, dove salutiamo le generose famiglie con cui abbiamo avuto il privilegio di condividere questa esperienza, che resterà una delle più autentiche del nostro viaggio.




Le famiglie di Amantani 


Il sole è già alto e riscalda l’aria per quando arriviamo all’Isola di Taquile; la camminata di circa 1 ora per arrivare alla piazza principale è ricca di scorci panoramici e lungo il percorso passiamo per divere porte costruite in pietra, ognuna adornata da diversi busti o decorazioni. In piazza curiosiamo per il mercato, entriamo nella chiesetta con interni super colorari e poi assistiamo a balli tipici al suono della banda.

Il pranzo è allestito all’aperto, in un “ristorante” vicino, dove un giovane ragazzo ci mostra il processo di pulitura e tessitura della lana di alpaca. Una delle differenze rispetto ad Amantani è che qui tessere è un lavoro prevalentemente maschile, mentre nell’altra isola è prerogativa delle donne. Scopriamo poi con sorpresa che a Tequile, pur essendo isolati dal mondo (la connessone internet è storia più che recente), sono veramente avanti: gli uomini indossano sempre una borsa a tracolla in tessuto, di colore diverso a seconda che siano sposati, fidanzati, in cerca di moglie o liberi…in effetti questa è una bella idea e rende le cose subito chiare!

Taquile
Rientriamo a Puno verso le 17, e dopo una sosta doccia calda (necessaria!) ci uniamo per cena con i nostri amici moscoviti in un locale molto carino in centro, accanto a Plaza Myor (Cafe la casa del Corregidor), perfetto per assaggiare il primo burger di alpaca (sigh) e dei deliziosi bastoncini di formaggio accompagnati da birra locale (alla faccia dell’altitudine, ormai ci siamo acclimatati!).

Purtroppo, prima di dormire ho la pessima idea di guardare su internet i requisiti di ingresso in Bolivia, destinazione verso la quale abbiamo il bus alle 6 a.m. di domani, e mi rendo conto di un piccolo ma significativo dettaglio riguardo alle vaccinazioni necessarie. In effetti, sul sito viaggiaresicuri.it è scritto chiaramente che per chi proviene dall’Italia non è obbligatoria la vaccinazione contro la febbre gialla, anche se è consigliata in quanto tale malattia è presente in alcune zone della Bolivia. Ma il paragrafo successivo specifica che è obbligatoria per chi proviene, anche in transito, da paesi in cui la febbre gialla è endemica, tra cui Argentina, Brasile…e Perù! Dopo questa notizia, la mia notte trascorre in bianco (complice anche un notevole mal di gola), configurandomi scenari catastrofici di respingimento alla frontiera boliviana (descritta sul web come un luogo infernale pieno di corruzione e delinquenza), itinerari alternativi da poter fare in Perù (allora prendiamo il bus per Arequipa e facciamo il canyon del Colca invece di Uyuni, poi però dobbiamo trovare un volo per Santiago del Cile visto che abbiamo il volo intercontinentale da lì tra 5 giorni) e con l’aggravante che domani 28/7 è anche festa nazionale in Perù, con possibili ulteriori disservizi nei bus. Scarichiamo anche il libretto sanitario on line delle vaccinazioni Covid ed un’antitetanica fatta nel 1995, con l’illusione di poterli spacciare per vaccinazioni febbre gialla. Tocco il culmine quando pavento la possibilità di “facilitare” il nostro ingresso con una “mancia” all’ufficio passaporti, con tanto di cifra limite che saremmo disposti a sborsare per garantirci l’ingresso…Insomma, il mio motto è decisamente “sperare nel meglio, ma prepararsi al peggio!”

La Paz - El teleferico
Il nostro bus parte con un ritardo di ca. 2 ore, ma fortunatamente la frontiera di Desaguardero si rivela molto più simile ad un ufficio postale che ad un luogo di perdizione, e praticamente ad 1 metro di distanza ci mettono il timbro di uscita dal Perù e di ingresso in Bolivia, senza alcun tipo di domanda sanitaria su vaccinazioni. Abbiamo sentito però di cittadini americani a cui sono stati chieste copie estratti conto bancari e altri dati, evidentemente per accordi più restrittivi di ingresso per tali paesi.

Arrivati a La Paz, la prima impressione non è delle migliori: ci accoglie una città caotica, piuttosto sporca, con marciapiedi dissestati, negozi e ristornati chiusi (è domenica pomeriggio). Facciamo un piccolo giro e ci accontentiamo di una pizza per cena davanti all’hotel, per poi andare a nanna presto, vista anche al precedente nottata non certo riposante.

Calle Juan,
La mattina seguente tutto appare più bello: facciamo colazione sulla terrazza all’ultimo piano dell’hotel e prendiamo un Uber per raggiungere il punto d’incontro del free walking tour che abbiamo fissato con una guida locale (Plaza Espana). Belen, una giovane ragazza nata e cresciuta a La Paz, ci fa apprezzare al meglio la sua città, con un tour panoramico attraverso le varie linee della teleferica. Con i suoi 3.650 metri s.l.m La Paz vanta il primato di capitale più alta del mondo (addirittura 4.150 mt se si considera il quartiere di El Alto). Altra caratteristica è proprio che le diverse zone sono collegate da un’efficiente rete di cabinovie, che permettono ai residenti di spostarsi in modo più agevole, e ai turisti di ammirare la città dall’alto. Belen ci racconta che durante i frequenti scioperi la teleferica viene spesso bloccata, proprio con l’obiettivo di creare disagi e paralizzare di fatto la città. Dalla teleferica si può vedere bene il vivace quartiere di Chualluma, con le sue case colorate e i murales sui tetti (alcuni anche piuttosto inquietanti, a forma di teschio).
Plaza Murillo
La Paz è stata fondata dai conquistadores spagnoli a metà 1500; il primo insediamento era nato nella parte alta (El Alto appunto), che però era troppo fredda e ventosa, ed è stato quindi nel tempo trasferito nella zona più “bassa”, dove si è poi sviluppato l’attuale centro città.

Tornati in centro percorriamo Calle Juan, la più pittoresca e meglio conservata strada coloniale di La Paz, ora piena di gallerie d’arte e locali.

Arrivati in piazza Murillo, dove ha sede il governo boliviano, non possiamo non chiedere a Belen del recente tentativo di golpe ai danni dell’attuale presidente, avvenuto meno di 1 mese fa (i segni di sfondamento sul portone in ferro del palazzo sono ancora evidenti). Candidamente ci risponde che è risaputo che in realtà si è trattato di un fake, cioè un colpo di stato inscenato dallo stesso presidente per rafforzare il consenso attorno a sé, che era in fase calante. Dal suo racconto, fatto con il disincanto di una 25enne ben consapevole dei problemi della sua terra, emerge una storia di corruzione dilagante che purtroppo accumuna tutti i paesi del Sud America e non solo.

Mercado de los Brujas
Proseguiamo verso il vicino Mercato delle Streghe (Brujas) che, nonostante la sempre maggiore presenza di negozietti turistici, conserva una certa autenticità o almeno unicità: solo qui si possono o vedere feti di lama essiccati e tanti altri prodotti utilizzati per compiere i famosi riti tipici della cultura boliviana. Questi rituali, che mescolano tradizione, religione e spiritualità sono fatti per onorare le forze della natura, la madre terra prima di tutto, e richiedere salute, amore, lavoro, ma ormai anche cose più materiali (soldi soprattutto!). Nel mercato sono in vendita candele colorate, caramelle e altri oggetti in miniatura che rappresentano i soggetti delle richieste, che vengono bruciati insieme al feto di lama durante queste cerimonie, che ancora oggi sono diffusissime. Anche la nostra guida, pur essendo una ragazza giovane che ha studiato, parla inglese e veste in modo super moderno (jeans skinny, occhiali griffati e borsetta di tendenza), ci conferma che pratica con costanza questa tradizione, cosa per noi abbastanza difficile da comprendere, ma del tutto rispettabile.

Cholitas
Davanti alla maestosa Chiesa di S. Francesco ci fermiamo incuriositi da un ritrovo di Cholitas, donne che vestono con abiti tipici contraddistinte dalla tipica bombetta, gonne lunghe colorate e gioielli (un completo da cholita originale è costosissimo e fatto rigorosamente a mano), per mantenere viva la tradizione Aymara, une delle molteplici culture indigene boliviane. Belen ci spiega che le attuali cholitas, alcune anche giovani, sono ragazze dei dintorni di La Paz, molte di piccoli paesi sperduti, che per evitare di dover fare avanti indietro a piedi per raggiungere le scuole per decine di km, decidono di rinunciare a studiare e intraprendere il percorso per diventare cholitas. Il termine significa “meticcia” ed era stato dato dagli spagnoli originariamente con accezione negativa, ma nel tempo sono diventate tenutarie di una tradizione antica e preziosa, e sono anche nati spettacoli di “cholitas wrestlig”, che non sono veri combattimenti ma più danze teatrali in abiti tradizionali (a cui non abbiamo assistito).

Pranziamo insieme a Belen e agli altri ragazzi del FWT sulla terrazza del ristorante Ichuri, che si affaccia proprio sulla chiesa ed offre un buon menù ed è gestito da una comunità locale, godendoci il sole che scalda l’aria.

Il pomeriggio saliamo su un minibus che, facendosi largo a fatica nel traffico folle di La Paz ci porta fino al Mirador Killi Killi, da cui ammiriamo la città ai nostri piedi: sconfinata, colorata, disordinata…ma con un suo fascino decadente. Da qui scendiamo a piedi fino a Plaza Murillo e poi al nostro hotel, dove recuperiamo i bagagli per dirigerci verso le 20 alla stazione del bus Todo Turismo che con una comoda tratta notturna di ca. 10 ore ci porterà a Uyuni. Il servizio si rivela davvero buono, ad un prezzo equo e comprende cena e colazione a bordo; sinceramente la soluzione migliore per fare questa tratta, anche dell’aereo, che è piuttosto caro e con pochi collegamenti giornalieri.

Uyuni, dove arriviamo verso le 7 di mattina con il sole già alto, si conferma una cittadina polverosa e piuttosto brutta nel deserto, ma qui abbiamo il tempo di darci una sistemata nell’ufficio della compagnia, fare un po’ di scorte di acqua, cercare nel mercatino un paio di ciabatte orrende (dato che le mie le ho lasciate a La Paz, sigh!) e andare a saldare all’agenzia World White Travel il tour in jeep di 3 giorni che ci porterà fino al Cile. Uyuni, infatti, è la porta di accesso al famoso omonimo Salar, il deserto di sale più esteso e alto al mondo con i suoi 10.582 Km quadrati a circa 3.650 metri di altitudine: un luogo magico che sembra uscito da un altro pianeta o forse da un altro tempo.

Cimitero dei treni
Alle 10 la jeep, gestita in realtà dall’agenzia Kantuta Tours (con guida in inglese, meglio) ci passa a prendere e scopriamo i nostri compagni di viaggio per i prossimi 3 giorni: una coppia di ragazzi inglesi, un ragazzo austriaco e una ragazza inglese. Carichiamo i viveri, tanta acqua, sacchi a pelo e partiamo per questa nuova avventura!

La prima tappa è il cimitero dei treni, a pochi km dal centro di Uyuni, luogo perfetto per iniziare a scattare un po’ delle 1.000 foto che faremo oggi, tra vagoni abbandonati della ferrovia che in passato arrivava fin qui per gestire l’estrazione di sale e minerali dal Salar. Ormai è un luogo super turistico, con oltre 100 vagoni di inizio 1900 arrugginiti erosi da vento e sale, e con tanto di sculture in metallo di Transformers a dimensione “reale”.

Proseguiamo per il vicino paesino di Colchani, dove vediamo come viene lavorato e impacchettato il sale, venduto in ogni forma e quantità. C’è anche un mercatino con artigianato locale e cose da mangiare, ultima parvenza di civiltà prima di addentrarci nel Salar, e in una struttura semplice ma pulita la nostra guida ci apparecchia un pranzetto niente male, compresa coca cola.

L’ingresso al Salar è segnato dalla scritta Bolivia circondata da tante bandiere colorate da tutto il mondo, e diversi fotografi che per pochi euro ti fanno le classiche foto con dinosauri, bottiglie di birra ed altri oggetti, che grazie all’assenza di prospettiva appaiano in foto giganti o piccolissimi. Purtroppo, il tempo di sosta non è molto, e per un misunderstanding con la nostra guida (capiamo che ce le farà lui con stessi oggetti nel mezzo del Salar) non sfruttiamo al meglio questa occasione, facendo solo qualche foto di gruppo. Il consiglio invece è di approfittarne, per portarsi a casa qualche scatto davvero divertente da rivedere!

Salar de Uyuni

Poco più avanti ci fermiamo al monumento che omaggia il passaggio della Parigi Dakar (che qui fece una tappa più di 10 anni fa) dove sventolano ancora tante bandiere, e il Salt Hotel, entrambi ovviamente costruiti interamente da blocchi di sale, compresi tavoli e panche.

Ci addentriamo finalmente nel cuore del Salar, dove lo sguardo si perde tra il terreno bianco formato da esagoni di sale infiniti che splendono sotto il sole ancora alto, e l’azzurro del cielo…solo 2 parole: CHE SPETTACOLO!  Scendiamo dalla jeep, che va ad aspettarci più avanti. e passeggiamo un po’ soli nel nulla, felici come bambini alle giostre, facendo foto panoramiche che ovviamente non renderanno giustizia a quello che solo gli occhi possono cogliere e soprattutto all’emozione di trovarsi in questo luogo magico. 


Facciamo comunque un bel po’ di foto divertenti grazie alla nostra guida, anche se senza dinosauri (sigh) e del carlino Mel che abbiamo portato fin qui dall’Italia ma che è rimasto nella valigia ben impacchettata sopra la jeep (doppio sigh!).

Nella stagione delle piogge (da novembre ad aprile) gran parte del Salar è ricoperta di acqua, che rende le foto ancora più spettacolari con l’effetto specchio del cielo, ma di fatto è meno accessibile.


Isla Incahuasi
Prima del tramonto arriviamo all’Isla Incahuasi, un promontorio ricoperto di cactus secolari giganti (misurano fino a 10 metri di altezza), che appare come un’oasi nel deserto di sale. A testimoniare che in passato questa era veramente un’isola, nelle rocce sono ancora visibili fossili di conchiglie. Un percorso piuttosto semplice ci porta fino alla cima, dove ci fermiamo ad ammirare il paesaggio, che da quassù sembra davvero un mare, con il sole che scende lento. Quando torniamo giù ci rendiamo conto di essere rimasti gli unici delle tante jeep che prima erano parcheggiate sotto l’isola, e la nostra guida ci regala una super sorpresa: ha apparecchiato uno dei tavolini di sale per un aperitivo vista Salar da restare a bocca aperta, compresi calici di vino!

Concludiamo la giornata grati e felici, dormendo ai confini del Salar in uno degli hotel di sale, camera doppia con bagno in camera e tante coperte a scaldarci.

La sveglia è all’alba, colazione abbondante e ripartiamo per un’altra giornata impegnativa, attraversando il Salar Chiguana, varie lagune ricche di fenicotteri in quantità mai viste, circondate da alti vulcani (alcuni ancora attivi, come l’Ollague al confine con il Cile) e paesaggi sconfinati. 



Nel pomeriggio facciamo una sosta nel Siloli Desert (il più alto deserto al mondo, siamo oltre i 4.000 metri), con le tipiche formazioni rocciose, la più famosa il Rock Tree, di origine vulcanica a forma di albero. Entriamo nella Riserva naturale Eduardo Abaroa per ammirare la Laguna Colorada, il cui colore, che va dal rosso acceso al marrone in base alla luce, è dovuto alla presenza di minerali e pigmenti di alcune alghe. Da qui una tortuosa strada sterrata (tanto per cambiare!) ci porta al Sol de Manana, un insieme di Gyser situati a 5.000 metri di altitudine, da cui fuoriesce vapore ad una temperatura tra i 150 e 200 gradi..che con il fresco che sta venendo dopo il tramonto è anche piacevole!

Laguna Colorada
Per la notte arriviamo al nostro hostel a Polques, dove è possibile fare un bagno notturno nella vicina sorgente termale, a cui noi rinunciamo nonostante l’acqua sia a 35 gradi, dato che fuori tremiamo con piumino, guanti e cappello (a differenza dei nostri più giovani compagni di viaggio, che invece non ci pensano 2 volte!).





Laguna Verde
Un’altra sveglia alle 7 ci permette di dedicare la mattina a visitare il Salvador Dalì Desert, con la sua sabbia di diverse striature colorate e rocce dalle forme surreali, per poi fermarsi alla famosa Laguna Verde, le cui acque color smeraldo sono tossiche per l’alta percentuale di rame e magnesio (i fenicotteri infatti qui sono concentrati solo in una parte del lago), e alle spalle l’iconica sagoma del vulcano Licancabur. Da qui il confine con il nord del Cile dista solo pochi km, ed è per questo che nel decidere l’itinerario abbiamo scelto un tour che ci porterà direttamente a San Pedro de Atacama, invece di tornare indietro fino ad Uyuni (esistono tour in entrambe le direzioni, anche se è più comune partire da S.Pedro ed arrivare ad Uyuni, ovviamente noi sempre controcorrente!).


La nostra guida ci accompagna alla frontiera, dove a distanza di qualche km sbrighiamo in 3 punti diversi le pratiche di uscita dalla Bolivia e di ingresso in Cile (un form on line da compilare al momento e qualche BOB boliviano da pagare, oltre al controllo bagagli e passaporti ovviamente). Per fortuna aiuta anche una delle ns. compagne con un problema dovuto all’assenza di timbro di ingresso in Bolivia sul suo passaporto (da non credere!). Salutiamo la guida e saliamo su uno dei vari minivan diretti a San Pedro, che appena raggiunge la strada asfaltata si lancia a tutta velocità, tanto da avere quasi un po’ di fastidio per il repentino cambio di altitudine (la cittadina è a “soli” 2400 m.s.l.m.).

San Pedro de Atacama
Ci facciamo lasciare alla stazione dei bus, proprio accanto a ns. B&B, ansiosi di prendere possesso della nostra camera per farci una bella doccia calda, che ci mancava davvero tanto! Puliti e riposati ci concediamo un pranzetto in un locale all’aperto nella polverosa via pedonale principale (Caracoles), che brulica di ristornati ma soprattutto di agenzie per escursioni. A stomaco pieno la percorriamo un paio di volte, con qualche deviazione nelle viuzze adiacenti, (ancora più polverose!), per poi sceglierne una a caso per l’osservazione astronomica che vogliamo fare la sera. La sensazione che si ha in questo paese di casette basse tutte uguali, costruito nel nulla, è di una decadente allegria: non è triste e un po’ squallido come Uyuni, da cui tutti credo vogliano scappare. Forse perché la gente che arriva fin qui si ferma per qualche giorno e lo prende come base di partenza per diverse escursioni, o perchè i cileni hanno messo su una rete di negozietti anche carini e di locali dove è piacevole fermarsi a bere una birra o mangiare qualcosa (ci sono anche ristoranti di buon livello; il Cile, infatti, è mediamente più caro e benestante della vicina Bolivia). Fatto sta che trascorrere un paio di giorni qui è piuttosto piacevole.

L’area di San Pedro, essendo un luogo così isolato e privo di interferenze luminose, è stata scelta per essere la sede dell’ALMA, il più grande osservatorio astronomico del mondo, installato a ca. 50km dalla cittadina, su un altopiano a 5.000 metri. Visitare questo luogo è possibile, ma bisogna prenotare mesi prima ed è aperto solo in determinati giorni e periodi dell’anno, con posti molto limitati. Ma, come dicevo, i cileni hanno un grande spirito di iniziativa, e attorno all’osservatorio originale sono nati tanti altri tour astronomici, che vengono svolti tutte le sere in osservatori più piccoli vicino al paese. Noi abbiamo partecipato ad uno di questi, che ci ha comunque permesso di: osservare un cielo limpidissimo, completamente diverso da quello visibile nel nostro emisfero, assistere ad un video di presentazione (non imperdibile, ma con aperitivo compreso), vedere attraverso un telescopio professionale alcune stelle e pianeti (tra cui Saturno con i suoi anelli) e farsi fare 3 foto con la Via Lattea in bella mostra e milioni di stelle a fare da cornice.

Valle della Luna
La mattina seguente ci attende l’escursione, già prenotata, alle Lagune segrete di Baltinache. Dopo il pick up al nostro alloggio, percorriamo strade sterrate circondate da terra arida e rocce, costeggiando al famosa Valle della Luna fino ad arrivare ad una radura dove la nostra simpatica guida (un ragazzo  boliviano ma cittadino del mondo, che porla almeno 5 lingue e si è stabilito qui per amore, dopo aver vissuto - tra l’altro- in Italia) allestisce una colazione speciale con vista su un paesaggio che sembra uscito davvero da un altro pianeta, se non fosse per il Magic bus, un vecchio bus abbandonato, ora pieno di graffiti.


Lagune di Baltinache
Proseguiamo poi per la zona delle lagune, di cui però solo una si rivela all’altezza delle foto che circolano su IG. Fino a pochi anni fa era consentito fare il bagno in queste pozze salate naturali praticamente tutto l’anno, ora ci sono periodi (come luglio/agosto) in cui sono chiuse alla balneazione, per fortuna, in quanto ciò portava batteri e inquinamento dovuto alle creme solari e altri prodotti che i turisti usavano prima  di tuffarsi in massa in acqua per provare la tipica sensazione di galleggiamento (come nel Mar Morto per intendersi).  Questo ecosistema è infatti molto fragile, e il turismo crescente sta mettendo a rischio non solo la sua incredibile bellezza e unicità, ma la sua stessa sopravvivenza.

Al ritorno il pulmino ci lascia in centro, dove ci gustiamo delle deliziose empanadas all’Emporio Andino, posto alla fine del corso principale, per poi dirigerci verso ns. B&B. Qui ci connettiamo al wi-fi per scoprire una bruttissima sorpresa….Latam ci avvisa con un whatsapp che, causa condizioni meteo avverse, il nostro volo delle 17 per Santiago del Cile è cancellato. A nulla servono le telefonate al call center e i tentativi di riprogrammare il volo per la serata o il giorno successivo, il primo volo su cui possono metterci è dopo 3 giorni. C’è solo un “piccolo” problema, anzi 2: domani sera abbiamo il volo intercontinentale di ritorno da Santiago a Bologna con Iberia (non acquistato insieme ai voli interni, se no saremmo stati riprotetti anche su quello, forse) e siamo a circa 1.600 km dalla capitale cilena. Cerchiamo di non farci prendere dal panico e ci mettiamo in contatto con i nostri compagni del tour in jeep dei giorni scorsi, che dovevano partire come noi oggi. La coppia di inglesi ci dice che stanno avendo lo stesso problema: oltre la metà dei voli per Santiago è stata cancellata per un forte temporale in città, con danni anche alla rete elettrica, e loro tra poco saliranno su un bus da Calama a Santiago, durata del viaggio 23 ore!? Ci sembra un viaggio della speranza, volgiamo provare ad andare comunque all’aeroporto (ormai la navetta prenotata e pagata ci passerà a prendere tra poco) per capire se di persona ci trovano una soluzione alterativa, ma intanto prenotiamo anche noi on line un bus che parte alle 18, così da essere sicuri di arrivare in tempo per il volo di domani alle 22. All’aeroporto di Calama l’assistenza è inesistente, il cartellone è pieno di scritte “deleted” e unico volo che forse potrebbe partire è l’ultimo della giornata, ma non possono garantirlo e in caso contrario il successivo volo con posti disponibili è tra 3 giorni…insomma, il bus ci attende! Dopo qualche difficoltà per trovare la stazione giusta degli autobus (inspiegabile perchè ce ne siano 3 in una cittadina insignificante come Calama), iniziamo il nostro viaggio, che alla fine si rivela meno peggio del previsto: sedili ampi, una proiezione di Godzilla vs. King Kong sullo schermo e sosta per cambio a circa metà strada (a La serena) per sgranchirsi un po’ le gambe.

Nonostante questo, arriviamo a Santiago verso le 16 abbastanza devastati (terminal Sur), e il breve giro nelle vie del centro vicino a Plaza de Armas, con tanto di trolley al seguito, non ci permette di dare un giudizio su questa città. Ai ns. “amici“ inglesi però è andata peggio: ci hanno raccontato che si sono trattenuti un paio di giorni a Santiago e sono stati derubati del cellulare per strada da un tizio in moto..insomma, la fortuna li insegue! Per arrivare alla stazione Pajaritos, da dove partono i bus per l’aeroporto, dobbiamo riprendere la metro; peccato che i pochi pesos cileni che avevamo li abbiamo spesi per ricaricare la tessera metro all’andata e non accettano carte, solo contanti…va a finire che facciamo pena alla poliziotta che presidia l’ingresso della metro, che ci fa passare con 1 biglietto in 2, ma con uno  sguardo chiaramente sottotitolato “italiani pezzenti”! 

Aperitivi speciali

Per il resto il viaggio di ritorno procedere regolare, l’ansia delle ultime 24 ore lascia il posto alla stanchezza, e contribuisce a renderci anche un po’ contenti di ritornare a casa, con la consapevolezza e la gratitudine per aver potuto vivere, ancora una volta un Viaggio con la V maiuscola. E non è un caso se stavolta il blog arriva dopo 7 mesi dal nostro rientro.

Ci è voluto un po’ di tempo per rimettere insieme tutti pezzi di questo incredibile puzzle, fatto di avventure (e imprevisti), montagne colorate conquistate con fatica, cieli azzurri infinti sopra le nostre teste e distese di sale bianco sotto i piedi, laghi blu in cui si specchiano cieli stellati, aride strade sterrate e rigogliosa giungla, culture antiche a cavallo tra tradizioni e superstizioni, modi di vivere così lontani dal nostro, ma proprio per questo così affascinanti e uniche.


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