giovedì 24 agosto 2023

IL NOSTRO SUDAFRICA

 


Quando un viaggio parte con aspettative molto alte, la delusione può essere dietro l’angolo...ma non è certo questo il caso della nostra esperienza in Sudafrica!

Il “paese arcobaleno” è stato per noi davvero ricco di sfumature, tra incontri emozionanti, paesaggi memorabili e scoperte inaspettate. Giallo come la savana, dove mimetizzarsi è questione di sopravvivenza, verde come i campi di frumento dell’Overberg, blu come i 2 oceani (Indiano e Atlantico) che si incontrano a Capo Agulhas, ma anche rosso come le ferite ancora aperte dopo secoli di invasioni e discriminazioni subite fino al recente passato.


Itinerario (programmato, un po’ diverso da quello effettivo)

Giorno 0 – volo notturno Italia - Johannesburg

Giorno 1 – Johannesburg – Marloth park

Giorno 2 – Safari all day nel Kruger park

Giorno 3 – Kruger park in self drive zona centro sud fino a Skukuza – safari al tramonto

Giorno 4 - self drive verso parte centrale del Kruger fino Olifants camp

Giorno 5 – Panorama Route (parte 1) fino a Graskop

Giorno 6 – Panorama Route (parte 2) e rientro a Johannesburg

Giorno 7 – volo Johannesburg-Port Elizabeth, poi in auto fino Tsitsikamma Park (inizio Garden route)

Giorno 8 – Tsitsikamma Park, Knysna, Oudtshoorn, Swellendam

Giorno 9 – De Hoop reserve, Capo Agulhas, Hermanus

Giorno 10 – escursione balene a Hermanus, route 44, degustazione vini Stellenbosh

Giorno 11 – Stellenbosh – Cape Town (acquario 2 oceani, quartiere Bo-Kaap)

Giorno 12 giardino botanico, centro di Cape Town

Giorno 13 penisola del capo, colonia pinguini Boulders beach, capo buona speranza

Giorno 14 volo Cape Town - Italia


Info pratiche

Spesa: 2350€ a testa TUTTO compreso

Periodo: 15 giorni a Luglio. E’ piena stagione invernale in Sudafrica, ma il clima è temperato, con notevole escursione termica: dai 5 gradi della mattina presto ai 20 gradi del giorno (anche 25 nel Kruger). A noi personalmente questa cosa è piaciuta, passare una serata davanti al camino mentre in Italia ci sono 40 gradi ha il suo perchè! E poi ci sono altri vantaggi rilevanti: niente zanzare (non abbiamo fatto profilassi malaria, nel Kruger è consigliata da ottobre a maggio), niente bestiacce striscianti (in letargo), niente ressa e prezzi da “bassa stagione”!

Chiaramente questo richiede di mettere in valigia (rigorosamente bagaglio a mano!) dal piumino alla maglietta a maniche corte e nel definire l’itinerario considerare che in questo periodo le ore di luce sono meno, entro le 18 è buio ed è bene essere arrivati a destinazione…noi per quell’ora eravamo spesso già a cena!

Voli: Lufthansa da Firenze, andata su Johannesburg, ritorno da Cape Town, via Francoforte (1040€ a testa) + volo intero Safair Johannesburg – Port Elizabeth (68 € a testa)

Auto: categoria media, fissata 2 mesi prima su Auto Europe con compagnia First car: 1) Johannesburg 6 gg 190€ - Nissan Almera; 2) Port Elizabeth – Cape Town 8 gg 280€ (compreso 1 one way) – Proton Saga  con cambio automatico, più comoda per la guida a sinistra. La patente internazionale (o una traduzione di quella italiana) non ci è stata richiesta per noleggiare l’auto, ma è necessario averla in caso di controlli polizia, che qui sono abbastanza frequenti.

Lodge/Hotel: fissati tutti su booking.com in anticipo, tranne la notte nell’Olifants Rest Camp dentro il Kruger, prenotabile solo sul sito ufficiale SANpark, che gestisce tutti i parchi e le strutture al loro interno.

Elettricità: in alcuni posti ci sono le prese normali (quelle del ns. cellulare per intendersi), in altri solo quelle a 3 tipiche del Sudafrica, consigliato quindi adattatore. Una cosa importante da sapere è che in tutto il paese ci sono distacchi programmati di elettricità, dalle 2 alle 4 ore al giorno, quando si arriva in un hotel si scopre se la luce c’è, fino a quando o quando tornerà…un altro mondo, ma poi ci si abitua! Alla fine non abbiamo mai avuto problemi a ricaricare telefoni e alcuni hotel/ristoranti hanno anche dei generatori che risolvono il problema.

Lingua: praticamente tutti parlano inglese, ma è lingua ufficiale anche l’afrikans, che deriva dalla fusione tra l’olandese e le lingue locali all’arrivo dei coloni boeri (con qualche prestito da inglese e portoghese).

Giorno 0

Il nostro viaggio non comincia nel migliore dei modi, con volo da Firenze in ritardo di oltre 2 ore e conseguente perdita della coincidenza Francoforte-Johannesburg. Sconforto a 1000, non compensato dal bell’hotel spesato da Lufthansa per la notte. La mattina seguente ci presentiamo presto in aeroporto, e dopo aver scongiurato un volo sostitutivo per il giorno ancora seguente e un tragitto della speranza con Nigeria Airline, riusciamo ad ottenere un volo in serata (suggerito da me all’assistenza Lufthansa previa ricerca su Skyskanner) con British via Londra Heathrow.

Il risultato è che arriviamo a destinazione con quasi 24 ore di ritardo e perdiamo 1 giorno nel Kruger, ma impariamo 2 cose: 1) non illudersi che scalo di 1 ora e mezzo a Francoforte sia sufficiente! 2) nel progettare l’itinerario mai mettere il primo giorno una delle cose migliori. Noi per fortuna avevano deciso di dedicare 4 notti al Kruger e avevamo quindi un po’ di comporto, che ci ha permesso di esplorare comunque il parco in modo completo, aggiustando piani in corsa e di non rinunciare al Safari guidato.

Giorno 1

L’assenza di fuso orario ci permette di arrivare a destinazione abbastanza riposati verso le 8 di mattina, e subito preleviamo al bancomat in aeroporto il corrispondente di 200€ (40.000 ZAR circa) che ci basteranno per tutto il viaggio.

Le carte Visa/MC sono accettate ovunque e in molti posti anzi non prendono contanti, come alle biglietterie SANpark; abbiamo avuto solo qualche problema al banco noleggio auto, dove hanno dovuto passare la carta in modo “manuale”.

Partiamo alla volta del Marloth ParK, confinante con la parte sud del Kruger Park, che dista 5 ore di auto dall’aeroporto, cercando di prendere le misure con la guida a sinistra, che per noi è una novità: credo di aver ripetuto “ora svoltiamo a destra (o sinistra)...ma tenendo la sinistra eh!!!!” circa 1 milione di volte!! Le strade sono buone, alcune tipo autostrade, altre più tipo statali. Le auto a noleggio hanno una specie di Telepass che permette di passare senza fermarsi ai caselli, con addebito del totale a fine noleggio, con tariffe economiche, così come la benzina, che costa poco più di 1 euro/litro.

Per non farci mancare niente ad un certo punto si aggiunge pure una fitta nebbia, ma arrivati a destinazione (verso le 15) riceviamo il miglior benvenuto possibile: una famiglia di giraffe ci attraversa la strada appena entrati nel Marloth Park e l’emozione di questo primo incontro è veramente forte, una di quelle che ricordi per molto tempo!

Il Lodge dove avremmo dovuto passare 2 notti (sigh!?) è il Kruger Riverside, bella struttura vicino al fiume Crocodile river, gestita da un signore inglese ormai residente qui da decenni, ben tenuta e con camere sia al piano terra affacciate sul giardino, che al primo piano dove c’è una terrazza panoramica molto accogliente. Il bello è che qui gli animali vengono spesso nel giardino senza alcun timore, aiutati anche da qualche snack (ci hanno assicurato compatibile con la loro alimentazione), comprese giraffe e zebre!

Kudu 
Continuiamo l’esplorazione del parco in auto, tra strade sterrate dove pascolano tranquilli impala, kudu e fagoceri (delle specie di cinghiali) e avvistiamo in lontananza anche alcuni elefanti al di là del fiume: solo un assaggio di quello che vedremo nei prossimi giorni!

Alle 6 puntuali ceniamo a lume di candela in terrazza (con piumino) in compagnia di una famiglia di olandesi, scambiandoci informazioni sui rispettivi itinerari, che nella maggior parte dei casi sono i seguenti: 1) Johannesburg-Kruger-volo per Port Elizabet-Garden route-Cape Town (il nostro); 2) Johannesburg-Kruger-in auto fino a Durban passando per lo stato indipendente di eSwatini-volo Durban/Cape Town (il loro).

Giorno 2

A questo punto il nostro itinerario originario avrebbe previsto un safari dell’intera giornata, ma ci dedichiamo invece all’esplorazione del Kruger park con la nostra auto, entrando dal vicino Crocodile gate. L’ingresso giornaliero al parco per 2 persone e un’auto costa circa 46 euro. A conti fatti se si ha intenzione di entrare per più giorni e visitare anche altri parchi gestiti da SANPark (oltre 80 in tutto il paese) può convenire la Wild card annuale, anche perchè la gestione delle biglietterie ai gate diciamo che è abbastanza “slow”!

Entriamo trionfanti nel Kruger e presto capiamo che più che cercare di avvistare gli animali, sono loro che trovano noi! Elefanti, giraffe, zebre, scimmie spesso attraversano letteralmente la strada principale asfaltata del parco, e per intuire la loro presenza a bordo strada è sufficiente vedere le tante macchine che si fermano in un punto (magari qualcuno per fare tutt’altro… o solo per osservare un termitaio, che qui può raggiungere anche diversi metri di altezza). Per non parlare di impala di vari tipi, compresi quelli con dei segni bianchi sulla parte posteriore (a forma di tavoletta del wc!), che si vedono ovunque.

Le strade nel parco sono tenute molto bene, anche quelle secondarie sterrate, e non è necessario un 4x4, anche se più alta è l’auto e migliore è la visuale. Il fatto di poter girare in autonomia credo sia uno degli aspetti più positivi di questo immenso parco (20.000 kmq, quasi come l’intera Toscana), oltre alla grande quantità di fauna osservabile nel suo ambiente naturale, ma è bene ricordare che non è uno zoo e non c’è nessuna garanzia di vedere tutti i big 5 (rinoceronte, leone, leopardo, bufalo, elefante). Noi per esempio ne abbiamo avvistati 3 su 5: ci sono mancati rinoceronte e leopardo, ma siamo comunque stati felici della nostra esperienza nel Kruger e ritengo che 3 giorni siano il tempo giusto da trascorrere alla scoperta di questo luogo meraviglioso, senza perdere l'effetto WOW dei vari avvistamenti. Sembra incredibile, ma alla fine quasi ci si abitua agli elefanti che mangiano a bordo strada!

Proprio l’incontro ravvicinato con una mandria di questi giganti, avvenuto in una strada secondaria vicino ad un laghetto, è stato il più adrenalinico…forse un po‘ troppo ravvicinato! Un grande elefante, che abbiamo immaginato essere il maschio alfa, ci ha proprio puntati in più riprese, facendoci capire in modo evidente che non eravamo i benvenuti (forse per difendere i cuccioli del branco), costringendoci ad una veloce retromarcia fino a convincerlo che non rappresentavamo un pericolo.



Nel pomeriggio inizia a pioviscolare ed usciamo dal Paul gate in direzione del Sabie River Bush Lodge, avvistando di sfuggita un leone tra la vegetazione a bordo strada, ma con troppe auto ferme per poterlo ammirare come merita. Il lodge di oggi è a 15 minuti di auto dal Kuger, affacciato sul fiume Sabie e a farci compagnia ci sono molti ippopotami adagiati sulla riva o intenti a farsi un bagnetto.

Noi abbiamo scelto di alloggiare in lodge subito fuori dal Kruger, che hanno un buon rapporto qualità prezzo (circa 100€ a notte in 2 con mezza pensione) e sono comunque caratteristici perché immersi nella natura.

Un’alternativa da valutare (avendo almeno 300/400 € da investire a notte) è rappresentata dalle riserve private, ce ne sono tante vicino al Kruger, alcune extra lusso (altre solo care!), dove è molto più probabile vedere tutti i big five grazie ai safari guidati e al territorio molto meno esteso.

Al lodge riusciamo a cambiare il safari fissato al tramonto (visto anche il meteo inclemente) con un safari mattutino per il giorno seguente (50 € a testa circa). Consapevoli che la sveglia sarà alle 5, mangiamo presto e poi a nanna nella nostra rondavel, una tipica capanna rotonda con tetto in paglia, ma dotata di tutti i confort (foon compreso!), da dove sentiamo gli ippopotami.

Giorno 3

Ci alziamo col buio e seguiamo in auto (nonostante gli inspiegabili tentativi di seminarci della nostra guida!) la jeep per il safari fino al Paul gate (così poi continueremo da qui verso nord al temine del safari), e scopriamo che abbiamo fino alle 12 una jeep tutta per noi! Ringraziamo di esserci attrezzati con piumino, paracollo, guanti e cappello perchè la mattina nella jeep aperta è davvero freddo, e non diciamo certo no alla coperta che ci viene offerta! È bello osservare la savana che si sveglia, la rugiada che fa risplendere le enormi ragnatele sugli arbusti (non oso immaginare le dimensioni dei padroni di casa!) con la prima luce del sole, ma di animali per un po’ neanche l’ombra!

Le guide si scambiano aggiornamenti sugli avvistamenti su gruppi whatsapp, da quando è vietato usare la radio per non dare informazioni ai bracconieri (fenomeno ancora tristemente diffuso, soprattutto per i rinoceronti a causa del contrabbando dei loro corni).

L’incontro più emozionante della giornata avviene a sorpresa su un ponte sulla strada principale, dove passeggiano indifferenti tra la fila di auto 3 leonesse, che ci passano a poco più di 2 metri. Per un motivo incomprensibile hanno puntato un kudu fermo su un isolotto nel fiume sottostante, con possibilità di successo vicine allo zero, a discapito di mandrie di mammiferi sparsi ovunque e molto più facili da cacciare!?

Le osserviamo nella loro maestosità, calme e affettuose tra loro ma sempre in guardia, e non possiamo non pensare che questi felini sono in fondo dei meravigliosi gattoni formato XXL.

La mattinata trascorre in relax, con l’aria che si fa via via più mite, una colazione a bordo fiume in apposita area pic-nic (nel parco salvo queste aree è severamente vietato scendere dalla macchina) circondati da simpatici uccellini color smeraldo e altri avvistamenti un po’ meno emozionanti.

Ripresa la nostra auto ci dirigiamo verso la parte centrale del Kruger, dove dormiremo all’Olifants Rest Camp, in posizione panoramica sull’omonimo fiume (circa 3 ore di auto). Il paesaggio si fa più brullo, in molti tratti la vegetazione è bruciata, e qui la fanno da padroni gruppi di zebre, gnu e bufali. Sul fiume incrociamo alcuni elefanti e ciò che ci colpisce è il forte barrito che sentiamo da vicino.

Il camp è decisamente spartano, ma il punto di forza è la terrazza panoramica, che a cena apprezziamo il giusto (arriviamo che è praticamente già buio), ma ci regala un’impareggiabile colazione vista fiume (tra l’altro buonissima).


Giorno 4

Oggi lasciamo un po’ a malincuore il Kruger, ma in fondo il bello di questi viaggi è che ne racchiudono in sè tanti, come capitoli diversi di un unico libro, che per i prossimi 2 giorni si intitola Panorama Route.

Nelle 2 ore che impieghiamo per uscire dal Phalaborwa gate, ci salutano altri elefanti, ippopotami che nuotano in un laghetto e un coccodrillo pigro che dorme pacifico accanto ad ignari (e non molto intelligenti) impala. In generale però la parte sud è di solito più densa di fauna.

Le strade fuori sono meno belle che nel Kruger, con diverse buche e soprattutto bisogna stare attenti alla tendenza per chi guida di stare troppo sulla sinistra della corsia, perchè i dislivelli ai lati sono enormi e rimetterci una ruota è un attimo (noi abbiamo rischiato un paio di volte).

Un’altra cosa da segnalare è il “galateo del sorpasso”, che in Sudafrica è una cosa seria! Nelle strade a corsia unica, quando si agevola il soprasso accostandosi sulla sinistra, chi lo esegue ringrazia mettendo le 4 frecce a sorpasso finito, e il sorpassato contraccambia sfanalando con gli abbaglianti!


Blyde River

Per l’ora di pranzo arriviamo al Blyde River Canyon, che con i suoi 26 km di lunghezza e 800 di profondità è il terzo canyon più grande del mondo.  Il confronto con il Grand Canyon sarebbe un po’ impietoso, ma questo verde canyon (non è desertico) offre dei punti panoramici di tutto rispetto. Tra tutti il Three Rondavels view point, da dove oltre alle “3 capanne” si possono ammirare le suggestive anse formate del fiume sottostante, che ricordano un po’ l’Horseshoe Bend in Arizona: insomma, c’è molto degli Stati Uniti in questa parte di Sudafrica!

Three Rondavels

Proseguiamo lungo la Panorama route per arrivare all’ultima tappa di oggi, dove un percorso piuttosto semplice e alcuni ponti in legno ci guidano alla scoperta del caratteristico Bourke’s Luck Potholes. Qui falesie di colore rosso, levigate dal vento e dalle vorticose acque del Blyde River nel corso dei millenni, si tuffano nel fiume, formando cascate e piscine naturali.


Bourke’s Luck Potholes

Ormai è l’ora di dirigerci al Pilgram’s Rest di Graskop, dove abbiamo fissato per la notte, una residenza d’altri tempi dentro una specie di antico granaio ristrutturato, un po’ kitch ma particolare. La cittadina si svolge lungo la statale, la sera non molto illuminata, ma non abbiamo nessun problema ad andare a piedi al ristorante che ci consiglia la nostra host. Al Garden Shed, molto carino ed intimo, assaggiamo un inaspettato e tenerissimo struzzo, che al contrario di ciò che pensavamo sa di bistecca e non di pollo gigante!


Giorno 5

Ci alziamo con calma e già mi pregusto la colazione all’Henry’s pancakes, viste le ottime recensioni e la mia passione per questi dolci, ma questo pezzo di America in Sudafrica ci piace molto meno del canyon!

Pinnacle Rock

Continuiamo ad esplorare la Panorama Route, tornando leggermente verso nord per il circuito Pinnacle Rock-God’s Window-Rain Forest. Tra queste la passeggiata nella foresta pluviale è forse la più significativa, mentre il panorama dal punto panoramico God’s Window non è esattamente all’altezza del suo nome. Pinnacle Rock è un’enorme roccia di quarzite alta oltre 30 metri che si staglia tra 2 montagne.


Mac-Mac Falls

Proseguiamo poi verso sud direzione Sabie, con sosta alle Mac-Mac Falls, che si gettano nell’omonimo fiume da un’altezza di 65 metri e formano qualche km più a valle le Mac-Mac pools, dove se fosse stato un po’ più caldo avremmo fatto volentieri un tuffo (nella nostra ingenuità avevamo portato anche il costume da bagno!).

La giornata di trasferimento verso Johannesburg per il volo del giorno seguente ci regala un “bonus big 5”: ci fermiamo a fare benzina e dalla finestra del bagno vediamo un gruppo di animali al pascolo, tra cui 4 rinoceronti! Evidentemente è una riserva privata, ma non ci aspettavamo certo di trovarla al confine con un’area di sosta dell’autostrada! Un cartello segnala che ai rinoceronti sono stati tolti i corti per evitare che vengano rapiti e uccisi.

Mac-Mac pools
La sera ci facciamo coraggio e usciamo a piedi dal nostro BB The Willow Inn, un po’ fuori Johannesburg, anche se la zona non sembra delle più sicure. Finiamo nel posto più vicino, il Marinado, una specie di fast food che segue le regole dell’helal islamica; lo scopriamo quando tentiamo di ordinare una birra e ci guardano malissimo (una delle regole è niente alcolici). Forse per questo ci servono dopo mezz’ora un hamburger senza nemmeno le patatine (di gran lunga la peggiore cena de nostro viaggio!). Facciamo quasi di corsa i 500 metri poco illuminati che ci separano dal BB e quando vediamo che altri ospiti stanno consumando una bella e tranquilla cena nella sala interna non capiamo perchè a noi non è stato nemmeno chiesto se eravamo interessati e siamo stati mandati allo sbaraglio fuori di sera..bho?!

Giorno 6

Il volo della mattina per Port Elizabeth con Safair è puntuale e la compagnia più efficiente di Lufthansa (ci vuole poco); rimaniamo anche sorpresi di come all’arrivo tutti stiano seduti ai propri posti fino a che le hostess non fanno scendere in ordine di fila...grande lezione di civiltà!

Tsitsikamma Park

Ritiriamo la nuova auto, stavolta con cambio automatico ma di una marca mai vista: Proton Saga, bianca e decisamente tamarra (alla riconsegna scopriremo essere l’unica in tutta la flotta della compagnia First car!). La strada è molto bella, in parte costeggia spiagge oceaniche deserte, e in 2 ore circa arriviamo al paesino di Storm River alle porte dello Tsitsikamma Park. Il nostro cottage allo Swallows Nest è davvero accogliente e romantico, grazie anche alla stufa a legna che accendiamo subito, non solo per creare atmosfera ma perchè fa piuttosto freddo e alle 19 è previsto il distacco di corrente! Ceniamo al vicino Taste restaurant (un po’ locanda, un po’ azienda agricola, un po’ negozio di arte/souvenir) con una buona zuppa calda, formaggi, sformati vari e birra Castle, serviti davanti al fire-place da un simpatico ragazzo. La lezione di civiltà continua quando al momento di pagare, nonostante la corrente sia andata già via, il pos funziona alla perfezione (come in Italia!?).

Giorno 7

La principale attrazione dello Tistsikamma park è il ponte sospeso alla foce dello Storm River (sono 2 in realtà), che si raggiunge con 20 minuti di passeggiata nella foresta e un numero imprecisato di scalini. Ci sono anche vari sentieri ben più impegnativi con possibilità di dormire nel parco in cottage vista oceano e di praticare kayak (non certo con le onde alte di oggi), ma per noi a posto così, visti sia il meteo nuvoloso che i tanti km da fare in giornata (troppi!).

Proseguiamo per Knysna, la capitale delle ostriche (oyester), a cui dovrebbe seguire la visita a Oudtshoorn, la capitale degli struzzi (ostrich) - attenzione a non confondersi!

La laguna di Knysna è protetta da 2 alte scogliere a picco sul mare (the heads), che gli hanno fatto guadagnare il titolo di porto più pericoloso del mondo da parte della marina inglese dopo che tante navi sono naufragate nel tentativo di entrarci. La vista da qui è veramente suggestiva, tra acque smeraldo e le onde dell’oceano Indiano che si infrangono sulle rocce sottostanti.

Laguna di Knysna

Pranziamo a Thesen Island al Sirocco, un locale carino affacciato sui canali, dove però la vista è migliore delle ostriche. In generale questa parte è piuttosto “finta”, con casette bianche con portico, strade pulitissime, bistrot che ben poco hanno di africano ma ricordano più Venice beach.


Ripartiamo alle 3 e realizziamo che la deviazione verso l’interno per Oudtshoorn ci porterebbe via troppo tempo, e non riusciremmo né a vedere una fattoria di struzzi (si possono addirittura “cavalcare”), né ad arrivare alla nostra destinazione Swellendam prima del tramonto. Quindi facciamo la strada più breve, la N2 lungo la costa passando per George e Mosselbaai. Il paesaggio cambia quando entriamo nell’Overberg, dove distese sconfinate di frumento verde si alternano a campi gialli di colza. Swellendam è una cittadina con case e chiese bianche in tipico stile olandese del capo e, come tutte le realtà di questo paese vive di forti contrasti tra quartieri benestanti fatti di villette (di bianchi), campi da calcio/tennis, giardini perfettamente tenuti, e la zona lungo la statale, dove i bambini (per lo più di colore) chiedono l’elemosina fuori dai supermercati.

Appena arrivati all’Aquaelberg Place dove alloggiamo stasera, ci uniamo (o meglio autoinvitiamo!) per cena con 2 ragazze (1 tedesca e 1 inglese) per le quali la nostra host sta fissando un tavolo nel ristorante più inn di Swellendam, il Drostdy. Il locale è situato in un cottage in pietra, con atmosfera intima a lume di candela e un menù ottimo (tra cui tris di carni struzzo, kudu, impala) all’altezza della sua fama, pur avendo prezzi onesti. Scopriamo che le nostre nuove “amiche” sono in giro in moto da diversi mesi e dopo aver percorso l’Argentina e altri stati del Sud America, sono arrivate fin qui direttamente dalla Germania e ormai hanno anche diversi sponsor che seguono il loro viaggio e in parte lo finanziano. All’improvviso i nostri 15 giorni on the road in Sudafrica non sono così entusiasmanti, sigh!

Giorno 8

Dopo una colazione a base di pancakes, yogurt e una “deliziosa” trota salmonata tipica del luogo (non per me, grazie!), ci dirigiamo verso la De Hoop Reserve, consapevoli che ci sono circa 100km di strada sterrata tra A/R da percorrere per arrivare alla costa (fattibile, basta andare alla giusta velocità, max 50km/h). 

Il premio, dopo oltre 1 ora nel nulla, è un paesaggio selvaggio, fatto di dune bianche che si tuffano nell’oceano, struzzi che passeggiano ovunque, spiagge ricche di conchiglie…e tantissime balene vicino alla costa!  Pensavamo che le avremmo viste domani ad Hermanus, durante la gita in catamarano, ma qui sono veramente tante e vicinissime, così ci mettiamo ad ammirare questo spettacolo dagli scogli. Nella riserva ci sono poche strutture, una è la stupenda villa Morukuru Family, extra lusso con grandi vetrate affacciate sul mare (dai 600€ a notte, ovviamente noi non abbiamo soggiornato qui!).

De Hoop Reserve
Dobbiamo trascinarci via dalle balene per continuare verso l’ulteriore tappa di oggi, il punto più a sud del continente africano, Capo Agulhas. Dopo le foto di rito con il cartello che indica che qui si incontrano i 2 oceani Indiano e Atlantico, ci fermiamo ad osservare le loro acque che si mescolano pur rimanendo divise: le prime più calde e tranquille, le seconde più tumultuose e fresche. Lungo la strada risulta evidente che Capo Agulhas deve essere una località chic per sudafricani benestanti, con ville molto belle, e anche tranquilla, poichè qui nella maggior parte dei casi non ci sono gli alti muri di cinta e cancelli che invece circondano di solito le case in tutto il paese (e che dicono molto sulla situazione ”sicurezza”).
Capo Agulhas

La sera dormiamo ad Hermanus al The Whale’s Tale guesthous, appena fuori dal centro e molto vicino al new harbour dove la mattina seguente abbiamo prenotato un’escursione per vedere da vicino le balene. Ceniamo in centro al Fisherman's Cottage, consigliato dalla Lonely planet, con piatti a base di pesce e crostacei, e musica dal vivo.

Tutto questo tratto di costa è denominato Whale Route, ma Hermanus in particolare è famosa poichè in questa baia le balene australi ogni anno da giugno a novembre arrivano in cerca di acque più calde per accoppiarsi e crescere i cuccioli, per poi ripartire verso sud. Questi enormi cetacei possono arrivare a 18 metri di lunghezza e sono caratterizzati da estese callosità sulla testa, che le rendono riconoscibili dalle altre balene.

Giorno 9

Alle 9 puntuali ci imbarchiamo sul catamarano del Southern Right Charters, la giornata è soleggiata e il mare sembra calmo…ma mai sottovalutare l’oceano! Io infatti finisco col soffrire le onde (nonostante mi fossi impasticcata a dovere) e capiamo che le balene a luglio non sono ancora arrivate in massa; godiamo comunque di alcuni avvistamenti, tra le urla della guida esaltata in misura eccessiva rispetto a ciò che riusciamo a vedere (le imbarcazioni devono stare a minimo 50 metri dalle balene, giustamente). Diciamo che è un’esperienza da fare, meglio se nel pieno della stagione “balenabile” (agosto/settembre), ma a noi ha emozionato di più vederle da terra a De Hoop in uno scenario incontaminato.

Per le 12 lasciamo Hermanus percorrendo la super panoramica R44 in direzione Stellenbosh, nel cuore delle Winselands nel Western Cape, famosa in egual misura per la sua prestigiosa università e per la produzione di ottimo vino. In questa regione le aziende agricole e le cantine che offrono degustazioni sono infinite, e noi ci facciamo guidare nella scelta dal consiglio dello chef della sera precedente ed andiamo diretti alla tenuta Hidden Valley (15 km a sud di Stellenbosh), di proprietà di un miliardario sudafricano.

Hidden Valley
Ci ritroviamo in una tenuta moderna, con giardino pieno di fiori e sculture, sale a vetri e un piacevolissimo camino, accanto al quale facciamo un’ottima degustazione di 5 vini, tra bianchi e rossi, per 100zar a testa. Essendo il nostro pranzo (sono ormai le 3) aggiungiamo un tagliere di formaggi, delizioso! L’esperienza ci è piaciuta molto, soprattutto i bianchi (freschi e fruttati) e la possibilità di assaggiare l’olio nuovo a fine luglio, tenendo presente che si tratta di vini e strutture molto diversi da quelle che abbiamo in Italia, sicuramente meno “storiche”, ma super organizzate per l’accoglienza.

La tenuta scelta per stasera a Stellenbosh (Van Der Stel Manor) si rivela perfetta per passare anche la serata in totale relax davanti al grande caminetto nel salotto comune, mentre fuori ormai piove da qualche ora.

Giorno 10

La pioggia continua il giorno seguente, tanto che valutiamo anche di dedicare la mattina ad una spa, ma poi desistiamo e puntiamo diretti su Cape Town, precisamente l’acquario dei 2 oceani (carino, ma troppi bambini urlanti di sabato!). Facciamo un giro per il Victoria & Albert Waterfront, la parte moderna e turistica (troppo) del porto, per poi andare a prendere possesso della nostra camera al Villa Rosa hotel, situato a Sea Point (buona posizione per spostarsi tra il centro, le spiagge e la penisola).

V&A Waterfront
Il pomeriggio percorriamo un bellissimo tratto di strada panoramica contornata da ville extra lusso vista oceano per arrivare a Haut Bay dove il sabato si svolge fino alle 16 un colorato mercatino vintage (Bay Harbour Market). Tra sole e pioggia (abbiamo già capito che a Cape Town il meteo cambia ogni 2 km!) finiamo la giornata tra le case colorate del quartiere malese di Bo-Kaap.

Bo-Kaap
La ragazza dell’hotel ci dice che il quartiere è abbastanza sicuro fino alle 21, poi è bene non uscire a piedi ma in auto o con Uber (a C.T. sembra che nessuno cammini la sera). Andiamo quindi a cena alle 6, tanto per cambiare, al vicino bistrot la Boheme, un incrocio tra tapas spagnole e piatti francesi, dove diamo letteralmente fuoco ad una pagina del menu con la candela appoggiata sul tavolo…cosa che ci dicono succeda spesso (e allora perchè continuano a metterci la candela?!).

Giorno 11

Dedichiamo la mattina al meraviglioso Kirstenbosch National Botanical Garden, che si estende per oltre 500 ettari ai piedi di Table Mountain. Non bisogna essere amanti di piante e fiori per apprezzare questo bellissimo parco, perfettamente curato nonostante sia immenso e con tanti sentieri per esplorarlo (incontriamo anche molti runner), tra cui la famosa passerella sospesa a 10 metri di altezza. La stagione invernale non è certo la migliore a livello di colori, ma se ci è piaciuto anche così possiamo solo immaginare che spettacolo sia durante la primavera! Ci sono sezioni dedicate alle piante grasse, a quelle officinali e aromatiche, e ovviamente ai fiori simbolo del Sudafrica, come Proteas e Fynbos e la strelitzia gialla dedicata a Nelson Mandela durante una delle sue visite al giardino (l’albero che piantò invece è stato purtroppo abbattuto durante un forte temporale). La particolarità di questo fiore giallo con striature arancioni e viola è che ognuno ci vede ciò che vuole: un uccellino tropicale, una corona, la testa di un animale!

Strelitzia 
Il pomeriggio ci spostiamo in centro, che si rivela molto desolato di domenica, con negozi chiusi, poca gente e tanti senza tetto, anche ragazzi molto giovani. L’idea è di partecipare ad un free walking tour dall’Apartheid alla Libertà, ma siamo solo in 4 (noi e 2 ragazzi inglesi) e la guida ci caldeggia di fare un tour sulla storia del Sudafrica da 1500 a inizio 1900, che si rivela interessante ma anche un po’ ripetitivo. Esploriamo così diversi edifici storici, come il primo parlamento (diverso da quello attuale), le prime chiese inglesi e olandesi, il primo negozio di occhiali (come perderselo!?) e il Castle of Good Hoop (primo insediamento stabile dei coloni, decisamente fortificato). Nella piazza di Green market, dove ora c’è un non economicissimo mercatino per turisti, la guida ci spiega che un tempo le imbarcazioni di passaggio verso est si rifornivano di ogni genere di cose utili (alimentari, oggetti, schiavi..), poichè l’oceano arrivava a pochi metri da qui prima che i coloni costruissero il porto attuale rubando metri alle acque. Il giardino inglese (company’s garden) è una bella oasi di verde nel cuore del centro, su cui di affaccia anche il nuovo parlamento, non più visitabile dopo che pochi mesi fa fu sede di un incendio appiccato da un intruso.

Table Mountain

Per chi soggiorna qualche giorno a Cape Town c’è una presenza costante, un simbolo che si vede praticamente da ogni parte non solo della città ma di tutta la penisola del Capo, imponente ed iconico, nonché una delle meraviglie naturali: Table Mountain. Per noi però si è rivelata anche un’assenza…ogni anno la funivia che porta in cima a T.M. chiude 15 giorni per manutenzione, tra fine luglio e inizio agosto e quindi siamo rimasti fregati! A essere onesta vederla da Signal Hill ha comunque il suo fascino, ma se salire sulla “montagna piatta” è una vostra priorità, programmate di venire a Cape Town in un altro periodo, a meno che non siate disposti a salirci a piedi (meglio se con una guida esperta) impiegando minimo 5 ore A/R (per me è un NO!). Un’altra opzione è l’adrenalinico lancio in parapendio che parte proprio da Signal Hill, con atterraggio sui verdi prati che costeggiano l’oceano.

Ceniamo nel quartiere di Gardens, in una specie di pub decisamente “giovine” frequentato da locals, finendo per giocare a indovina il film e all’impiccato sulla tovaglia di carta.

Giorno 12

Una giornata quasi primaverile ci premia per una delle escursioni che più aspettavamo, la penisola del capo e la colonia di pinguini!

Muizenberg Beach
La prima sosta è alle super instagrammabili cabine colorate di Muizenberg, anche se la realtà è che purtroppo molti barboni vi dormono - e non solo - dentro. Sull’immensa spiaggia vediamo tanti gruppi di ragazzi/e che fanno riscaldamento per poi tuffarsi nell’oceano col surf; ci siamo immaginati che questa sia l’ora di educazione fisica in Sudafrica, al posto dei nostri pallavolo/calcio! Impressionanti le alghe tubolari giganti, che ricordano come forma una coda di drago, che secondo me non rendono esattamente piacevole e sicuro fare il bagno in queste acque!?

Boulders Beach
Arrivati alla colonia di pinguini di Boulders Beach ci fermiamo a guardare divertiti questi teneri (e puzzoni!) animaletti che camminano ondulando e a volte inciampando per la spiaggia, incuranti dei tanti turisti curiosi che li osservano (molti italiani, presenti in massa a Cape Town).


Pochi pinguini coraggiosi si tuffano nell’oceano e ci sono tanti esemplari che hanno ancora il pelo fuffoloso da cuccioli, adorabili! I pinguini africani sono piuttosto piccoli, raggiungono a malapena 40 cm di altezza, a differenza dei loro cugini dell’Antartico, i pinguini imperatore, che superano anche il metro e 20 (per ora ci mancano!).





Proseguiamo costeggiando la penisola del capo in direzione Cape Point e Capo di Buona speranza, i cui paesaggi ricordano le alte scogliere del nord Europa, con sotto l’oceano decisamente impetuoso sulla costa ovest e molto più pacifico ad est. Passeggiata in salita fino al vecchio faro e foto di rito non possono mancare.

Capo di Buona speranza

Al rientro guidiamo per la tortuosa Chapman’s Peak Drive, una delle strade più panoramiche del Suadafrica (a pagamento), dove ogni curva sembra una cartolina, e ci fermiamo ad ammirare finalmente un bel tramonto sull’oceano! Finiamo la serata in una steak house sulle colline di Camps Bay, The Hussar Grill, consigliato per l’ambiente e la vista.

Giorno 13

Per l’ultima giornata a Cape Town torniamo in centro per visitare il District Six Museum. Le vicende di questo quartiere raccontano la brutalità dello stato di apartheid e di come fu distrutta una comunità una volta orgogliosa, ma è anche una storia di resistenza e rinascita.

Il District Six era un luogo vibrante, colorato, affollato (e sovraffollato), dove viveva prevalentemente gente di colore, ma non solo, in un clima di grande armonia e festa nonostante fosse un quartiere povero e degradato. Nel 1966 però il governo dell'apartheid lo dichiarò “area bianca” ai sensi del Group Areas Act, che vietava la convivenza tra etnie diverse. Le vecchie case furono così rase al suolo, con la “motivazione” che non fossero sicure e salubri, ma in realtà per impossessarsi di un’area strategica vicino al porto e al centro, umiliando le persone di colore costrette a lasciare le proprie case e la propria comunità per essere spostate in periferia. La pressione esercitata dagli abitanti locali e dai governi internazionali impedirono però al governo sudafricano la ricostruzione di nuovi edifici nell'area, che restò deserta per oltre 30 anni. Solo a inizio anni 2000 iniziarono i lavori per la ricostruzione e l'11 febbraio 2004 l'ex presidente Nelson Mandela consegnò le chiavi ai primi ex-residenti. 

A proposito di Mandela, è una figura ovviamente ricorrente ovunque in Sudafrica, a Cape Town anche per la vicinanza con Robben Island, la prigione dove fu detenuto per troppi anni, ma ci è mancato il tempo necessario per approfondire questo aspetto. A distanza di decenni dalla fine dell’apartheid sono comunque ancora fortissime le disuguaglianze tra le fasce di popolazione e a C.T. le contraddizioni sono ancora più evidenti, con ville di lusso e Ferrari ad un angolo e baracche di povera gente che vive sotto cavalcavia pochi metri più in là. Al contrario di quanto fatto a Rio de Janeiro, non abbiamo visitato le town ship, anche se credo che avendo tempo e con una guida preparata sarebbe un’esperienza da fare.


Alla fine del nostro viaggio abbiamo avuto la conferma di qualcosa che già pensavamo: il Sudafrica non è solo Africa, non la più “vera” e selvaggia che ci immaginiamo almeno; è un po’ anche Europa per cultura e radici, e un po’ Stati Uniti per i paesaggi e gli spazi immensi, e questo personalmente è stato un aspetto positivo, trattandosi anche del primo viaggio in questo continente.


Il ricordo che ci portiamo è comunque legato alla forza e bellezza della natura: animali meravigliosi, alcuni feroci altri teneri, alcuni possenti altri indifesi, canyon ricoperti da distese di boschi, oceani impetuosi che lambiscono spiagge deserte. E magari torneremo per esplorare altri luoghi e aspetti di questo paese, che certamente ha ancora tante emozioni da regalarci!

Quindi...A presto "nostre" adorate giraffe!!!