Quando
un viaggio parte con aspettative molto alte, la delusione può essere dietro
l’angolo...ma non è certo questo il caso della nostra esperienza in Sudafrica!
Il “paese arcobaleno” è stato per noi davvero ricco di sfumature, tra incontri emozionanti, paesaggi memorabili e scoperte inaspettate. Giallo come la savana, dove mimetizzarsi è questione di sopravvivenza, verde come i campi di frumento dell’Overberg, blu come i 2 oceani (Indiano e Atlantico) che si incontrano a Capo Agulhas, ma anche rosso come le ferite ancora aperte dopo secoli di invasioni e discriminazioni subite fino al recente passato.
Itinerario (programmato, un po’ diverso da quello effettivo)
Giorno
0 – volo notturno Italia - Johannesburg
Giorno
1 – Johannesburg – Marloth park
Giorno
2 – Safari all day nel Kruger park
Giorno
3 – Kruger park in self drive zona centro sud fino a Skukuza – safari al tramonto
Giorno
4 - self drive verso parte centrale del Kruger fino Olifants camp
Giorno
5 – Panorama Route (parte 1) fino a Graskop
Giorno
6 – Panorama Route (parte 2) e rientro a Johannesburg
Giorno
7 – volo Johannesburg-Port Elizabeth, poi in auto fino Tsitsikamma Park (inizio
Garden route)
Giorno
8 – Tsitsikamma Park, Knysna, Oudtshoorn, Swellendam
Giorno
9 – De Hoop reserve, Capo Agulhas, Hermanus
Giorno
10 – escursione balene a Hermanus, route 44, degustazione vini Stellenbosh
Giorno
11 – Stellenbosh – Cape Town (acquario 2 oceani, quartiere Bo-Kaap)
Giorno
12 giardino botanico, centro di Cape Town
Giorno
13 penisola del capo, colonia pinguini Boulders beach, capo buona speranza
Giorno 14 volo Cape Town - Italia
Info pratiche
Spesa: 2350€ a testa TUTTO compreso
Periodo: 15 giorni a Luglio. E’ piena stagione
invernale in Sudafrica, ma il clima è temperato, con notevole escursione
termica: dai 5 gradi della mattina presto ai 20 gradi del giorno (anche 25 nel
Kruger). A noi personalmente questa cosa è piaciuta, passare una serata davanti
al camino mentre in Italia ci sono 40 gradi ha il suo perchè! E poi ci sono
altri vantaggi rilevanti: niente zanzare (non abbiamo fatto profilassi malaria,
nel Kruger è consigliata da ottobre a maggio), niente bestiacce striscianti (in
letargo), niente ressa e prezzi da “bassa stagione”!
Chiaramente
questo richiede di mettere in valigia (rigorosamente bagaglio a mano!) dal
piumino alla maglietta a maniche corte e nel definire l’itinerario considerare
che in questo periodo le ore di luce sono meno, entro le 18 è buio ed è bene
essere arrivati a destinazione…noi per quell’ora eravamo spesso già a cena!
Voli: Lufthansa da Firenze, andata su Johannesburg, ritorno da
Cape Town, via Francoforte (1040€ a testa) + volo intero Safair Johannesburg –
Port Elizabeth (68 € a testa)
Auto: categoria media, fissata 2 mesi prima su
Auto Europe con compagnia First car: 1) Johannesburg 6 gg 190€ - Nissan Almera;
2) Port Elizabeth – Cape Town 8 gg 280€ (compreso 1 one way) – Proton Saga con cambio automatico, più comoda per la
guida a sinistra. La patente internazionale (o una traduzione di quella italiana)
non ci è stata richiesta per noleggiare l’auto, ma è necessario averla in caso
di controlli polizia, che qui sono abbastanza frequenti.
Lodge/Hotel: fissati tutti su booking.com in anticipo,
tranne la notte nell’Olifants Rest Camp dentro il Kruger, prenotabile solo sul
sito ufficiale SANpark, che gestisce tutti i parchi e le strutture al loro interno.
Lingua: praticamente tutti parlano inglese, ma è lingua
ufficiale anche l’afrikans, che deriva dalla fusione tra l’olandese e le lingue
locali all’arrivo dei coloni boeri (con qualche prestito da inglese e
portoghese).
Giorno
0
Il
nostro viaggio non comincia nel migliore dei modi, con volo da Firenze in
ritardo di oltre 2 ore e conseguente perdita della coincidenza
Francoforte-Johannesburg. Sconforto a 1000, non compensato dal bell’hotel
spesato da Lufthansa per la notte. La mattina seguente ci presentiamo presto in
aeroporto, e dopo aver scongiurato un volo sostitutivo per il giorno ancora
seguente e un tragitto della speranza con Nigeria Airline, riusciamo ad ottenere
un volo in serata (suggerito da me all’assistenza Lufthansa previa ricerca su
Skyskanner) con British via Londra Heathrow.
Il
risultato è che arriviamo a destinazione con quasi 24 ore di ritardo e perdiamo
1 giorno nel Kruger, ma impariamo 2 cose: 1) non illudersi che scalo di 1 ora e
mezzo a Francoforte sia sufficiente! 2) nel progettare l’itinerario mai mettere
il primo giorno una delle cose migliori. Noi per fortuna avevano deciso di
dedicare 4 notti al Kruger e avevamo quindi un po’ di comporto, che ci ha
permesso di esplorare comunque il parco in modo completo, aggiustando piani in
corsa e di non rinunciare al Safari guidato.
Giorno
1
L’assenza
di fuso orario ci permette di arrivare a destinazione abbastanza riposati verso
le 8 di mattina, e subito preleviamo al bancomat in aeroporto il corrispondente
di 200€ (40.000 ZAR circa) che ci basteranno per tutto il viaggio.
Le
carte Visa/MC sono accettate ovunque e in molti posti anzi non prendono contanti,
come alle biglietterie SANpark; abbiamo avuto solo qualche problema al banco
noleggio auto, dove hanno dovuto passare la carta in modo “manuale”.
Partiamo
alla volta del Marloth ParK, confinante con la parte sud del Kruger Park, che dista
5 ore di auto dall’aeroporto, cercando di prendere le misure con la guida a sinistra,
che per noi è una novità: credo di aver ripetuto “ora svoltiamo a destra (o
sinistra)...ma tenendo la sinistra eh!!!!” circa 1 milione di volte!! Le strade
sono buone, alcune tipo autostrade, altre più tipo statali. Le auto a noleggio
hanno una specie di Telepass che permette di passare senza fermarsi ai caselli,
con addebito del totale a fine noleggio, con tariffe economiche, così come la
benzina, che costa poco più di 1 euro/litro.
Per
non farci mancare niente ad un certo punto si aggiunge pure una fitta nebbia,
ma arrivati a destinazione (verso le 15) riceviamo il miglior benvenuto
possibile: una famiglia di giraffe ci attraversa la strada appena entrati nel
Marloth Park e l’emozione di questo primo incontro è veramente forte, una di
quelle che ricordi per molto tempo!
Il
Lodge dove avremmo dovuto passare 2 notti (sigh!?) è il Kruger Riverside, bella
struttura vicino al fiume Crocodile river, gestita da un signore inglese ormai
residente qui da decenni, ben tenuta e con camere sia al piano terra affacciate
sul giardino, che al primo piano dove c’è una terrazza panoramica molto
accogliente. Il bello è che qui gli animali vengono spesso nel giardino senza
alcun timore, aiutati anche da qualche snack (ci hanno assicurato compatibile
con la loro alimentazione), comprese giraffe e zebre!
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Kudu |
Alle
6 puntuali ceniamo a lume di candela in terrazza (con piumino) in compagnia di
una famiglia di olandesi, scambiandoci informazioni sui rispettivi itinerari,
che nella maggior parte dei casi sono i seguenti: 1) Johannesburg-Kruger-volo per
Port Elizabet-Garden route-Cape Town (il nostro); 2) Johannesburg-Kruger-in
auto fino a Durban passando per lo stato indipendente di eSwatini-volo Durban/Cape
Town (il loro).
Giorno
2
A questo punto il nostro itinerario originario avrebbe previsto un safari dell’intera giornata, ma ci dedichiamo invece all’esplorazione del Kruger park con la nostra auto, entrando dal vicino Crocodile gate. L’ingresso giornaliero al parco per 2 persone e un’auto costa circa 46 euro. A conti fatti se si ha intenzione di entrare per più giorni e visitare anche altri parchi gestiti da SANPark (oltre 80 in tutto il paese) può convenire la Wild card annuale, anche perchè la gestione delle biglietterie ai gate diciamo che è abbastanza “slow”!
Entriamo trionfanti nel Kruger e presto capiamo che più che cercare di avvistare gli animali, sono loro che trovano noi! Elefanti, giraffe, zebre, scimmie spesso attraversano letteralmente la strada principale asfaltata del parco, e per intuire la loro presenza a bordo strada è sufficiente vedere le tante macchine che si fermano in un punto (magari qualcuno per fare tutt’altro… o solo per osservare un termitaio, che qui può raggiungere anche diversi metri di altezza). Per non parlare di impala di vari tipi, compresi quelli con dei segni bianchi sulla parte posteriore (a forma di tavoletta del wc!), che si vedono ovunque.
Le
strade nel parco sono tenute molto bene, anche quelle secondarie sterrate, e non
è necessario un 4x4, anche se più alta è l’auto e migliore è la visuale. Il
fatto di poter girare in autonomia credo sia uno degli aspetti più positivi di
questo immenso parco (20.000 kmq, quasi come l’intera Toscana), oltre alla
grande quantità di fauna osservabile nel suo ambiente naturale, ma è bene
ricordare che non è uno zoo e non c’è nessuna garanzia di vedere tutti i big 5
(rinoceronte, leone, leopardo, bufalo, elefante). Noi per esempio ne abbiamo
avvistati 3 su 5: ci sono mancati rinoceronte e leopardo, ma siamo comunque
stati felici della nostra esperienza nel Kruger e ritengo che 3 giorni siano il
tempo giusto da trascorrere alla scoperta di questo luogo meraviglioso, senza
perdere l'effetto WOW dei vari avvistamenti. Sembra incredibile, ma alla fine
quasi ci si abitua agli elefanti che mangiano a bordo strada!
Nel pomeriggio inizia a pioviscolare ed usciamo dal Paul gate in direzione del Sabie River Bush Lodge, avvistando di sfuggita un leone tra la vegetazione a bordo strada, ma con troppe auto ferme per poterlo ammirare come merita. Il lodge di oggi è a 15 minuti di auto dal Kuger, affacciato sul fiume Sabie e a farci compagnia ci sono molti ippopotami adagiati sulla riva o intenti a farsi un bagnetto.
Noi
abbiamo scelto di alloggiare in lodge subito fuori dal Kruger, che hanno un
buon rapporto qualità prezzo (circa 100€ a notte in 2 con mezza pensione) e
sono comunque caratteristici perché immersi nella natura.
Un’alternativa
da valutare (avendo almeno 300/400 € da investire a notte) è rappresentata dalle
riserve private, ce ne sono tante vicino al Kruger, alcune extra lusso (altre solo
care!), dove è molto più probabile vedere tutti i big five grazie ai safari
guidati e al territorio molto meno esteso.
Al
lodge riusciamo a cambiare il safari fissato al tramonto (visto anche il meteo
inclemente) con un safari mattutino per il giorno seguente (50 € a testa
circa). Consapevoli che la sveglia sarà alle 5, mangiamo presto e poi a nanna
nella nostra rondavel, una tipica capanna rotonda con tetto in paglia, ma
dotata di tutti i confort (foon compreso!), da dove sentiamo gli ippopotami.
Giorno
3
Ci
alziamo col buio e seguiamo in auto (nonostante gli inspiegabili tentativi di
seminarci della nostra guida!) la jeep per il safari fino al Paul gate (così
poi continueremo da qui verso nord al temine del safari), e scopriamo che abbiamo
fino alle 12 una jeep tutta per noi! Ringraziamo di esserci attrezzati con
piumino, paracollo, guanti e cappello perchè la mattina nella jeep aperta è
davvero freddo, e non diciamo certo no alla coperta che ci viene offerta! È bello
osservare la savana che si sveglia, la rugiada che fa risplendere le enormi
ragnatele sugli arbusti (non oso immaginare le dimensioni dei padroni di casa!)
con la prima luce del sole, ma di animali per un po’ neanche l’ombra!
Le
guide si scambiano aggiornamenti sugli avvistamenti su gruppi whatsapp, da
quando è vietato usare la radio per non dare informazioni ai bracconieri (fenomeno
ancora tristemente diffuso, soprattutto per i rinoceronti a causa del
contrabbando dei loro corni).
L’incontro
più emozionante della giornata avviene a sorpresa su un ponte sulla strada
principale, dove passeggiano indifferenti tra la fila di auto 3 leonesse, che
ci passano a poco più di 2 metri. Per un motivo incomprensibile hanno puntato
un kudu fermo su un isolotto nel fiume sottostante, con possibilità di successo
vicine allo zero, a discapito di mandrie di mammiferi sparsi ovunque e molto
più facili da cacciare!?
Le osserviamo nella loro maestosità, calme e affettuose tra loro ma sempre in guardia, e non possiamo non pensare che questi felini sono in fondo dei meravigliosi gattoni formato XXL.
La mattinata trascorre in relax, con l’aria che si fa via via più mite, una colazione a bordo fiume in apposita area pic-nic (nel parco salvo queste aree è severamente vietato scendere dalla macchina) circondati da simpatici uccellini color smeraldo e altri avvistamenti un po’ meno emozionanti.
Ripresa
la nostra auto ci dirigiamo verso la parte centrale del Kruger, dove dormiremo
all’Olifants Rest Camp, in posizione panoramica sull’omonimo fiume (circa 3 ore
di auto). Il paesaggio si fa più brullo, in molti tratti la vegetazione è
bruciata, e qui la fanno da padroni gruppi di zebre, gnu e bufali. Sul fiume
incrociamo alcuni elefanti e ciò che ci colpisce è il forte barrito che
sentiamo da vicino.
Il camp è decisamente spartano, ma il punto di forza è la terrazza panoramica, che a cena apprezziamo il giusto (arriviamo che è praticamente già buio), ma ci regala un’impareggiabile colazione vista fiume (tra l’altro buonissima).
Giorno 4
Oggi
lasciamo un po’ a malincuore il Kruger, ma in fondo il bello di questi viaggi è
che ne racchiudono in sè tanti, come capitoli diversi di un unico libro, che
per i prossimi 2 giorni si intitola Panorama Route.
Nelle
2 ore che impieghiamo per uscire dal Phalaborwa gate, ci salutano altri elefanti,
ippopotami che nuotano in un laghetto e un coccodrillo pigro che dorme pacifico
accanto ad ignari (e non molto intelligenti) impala. In generale però la parte
sud è di solito più densa di fauna.
Le
strade fuori sono meno belle che nel Kruger, con diverse buche e soprattutto
bisogna stare attenti alla tendenza per chi guida di stare troppo sulla
sinistra della corsia, perchè i dislivelli ai lati sono enormi e rimetterci una
ruota è un attimo (noi abbiamo rischiato un paio di volte).
Un’altra
cosa da segnalare è il “galateo del sorpasso”, che in Sudafrica è una cosa
seria! Nelle strade a corsia unica, quando si agevola il soprasso accostandosi
sulla sinistra, chi lo esegue ringrazia mettendo le 4 frecce a sorpasso finito,
e il sorpassato contraccambia sfanalando con gli abbaglianti!
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Blyde River |
Per
l’ora di pranzo arriviamo al Blyde River Canyon, che con i suoi 26 km di
lunghezza e 800 di profondità è il terzo canyon più grande del mondo. Il confronto con il Grand Canyon sarebbe un
po’ impietoso, ma questo verde canyon (non è desertico) offre dei punti panoramici
di tutto rispetto. Tra tutti il Three Rondavels view point, da dove oltre alle
“3 capanne” si possono ammirare le suggestive anse formate del fiume
sottostante, che ricordano un po’ l’Horseshoe Bend in Arizona: insomma, c’è
molto degli Stati Uniti in questa parte di Sudafrica!
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Three Rondavels |
Proseguiamo lungo la Panorama route per arrivare all’ultima tappa di oggi, dove un percorso piuttosto semplice e alcuni ponti in legno ci guidano alla scoperta del caratteristico Bourke’s Luck Potholes. Qui falesie di colore rosso, levigate dal vento e dalle vorticose acque del Blyde River nel corso dei millenni, si tuffano nel fiume, formando cascate e piscine naturali.
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Bourke’s Luck Potholes |
Ormai
è l’ora di dirigerci al Pilgram’s Rest di Graskop, dove abbiamo fissato per la
notte, una residenza d’altri tempi dentro una specie di antico granaio
ristrutturato, un po’ kitch ma particolare. La cittadina si svolge lungo la
statale, la sera non molto illuminata, ma non abbiamo nessun problema ad andare
a piedi al ristorante che ci consiglia la nostra host. Al Garden Shed, molto
carino ed intimo, assaggiamo un inaspettato e tenerissimo struzzo, che al
contrario di ciò che pensavamo sa di bistecca e non di pollo gigante!
Giorno
5
Ci
alziamo con calma e già mi pregusto la colazione all’Henry’s pancakes, viste le
ottime recensioni e la mia passione per questi dolci, ma questo pezzo di
America in Sudafrica ci piace molto meno del canyon!
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Pinnacle Rock |
Continuiamo
ad esplorare la Panorama Route, tornando leggermente verso nord per il circuito
Pinnacle Rock-God’s Window-Rain Forest. Tra queste la passeggiata nella foresta
pluviale è forse la più significativa, mentre il panorama dal punto panoramico
God’s Window non è esattamente all’altezza del suo nome. Pinnacle Rock è un’enorme
roccia di quarzite alta oltre 30 metri che si staglia tra 2 montagne.
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Mac-Mac Falls |
Proseguiamo poi verso sud direzione Sabie, con sosta alle Mac-Mac Falls, che si gettano nell’omonimo fiume da un’altezza di 65 metri e formano qualche km più a valle le Mac-Mac pools, dove se fosse stato un po’ più caldo avremmo fatto volentieri un tuffo (nella nostra ingenuità avevamo portato anche il costume da bagno!).
La giornata di trasferimento verso Johannesburg per il volo del giorno seguente ci regala un “bonus big 5”: ci fermiamo a fare benzina e dalla finestra del bagno vediamo un gruppo di animali al pascolo, tra cui 4 rinoceronti! Evidentemente è una riserva privata, ma non ci aspettavamo certo di trovarla al confine con un’area di sosta dell’autostrada! Un cartello segnala che ai rinoceronti sono stati tolti i corti per evitare che vengano rapiti e uccisi.
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Mac-Mac pools |
Giorno
6
Il
volo della mattina per Port Elizabeth con Safair è puntuale e la compagnia più
efficiente di Lufthansa (ci vuole poco); rimaniamo anche sorpresi di come
all’arrivo tutti stiano seduti ai propri posti fino a che le hostess non fanno scendere
in ordine di fila...grande lezione di civiltà!
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Tsitsikamma Park |
Ritiriamo
la nuova auto, stavolta con cambio automatico ma di una marca mai vista: Proton
Saga, bianca e decisamente tamarra (alla riconsegna scopriremo essere l’unica
in tutta la flotta della compagnia First car!). La strada è molto bella, in parte
costeggia spiagge oceaniche deserte, e in 2 ore circa arriviamo al paesino di
Storm River alle porte dello Tsitsikamma Park. Il nostro cottage allo Swallows
Nest è davvero accogliente e romantico, grazie anche alla stufa a legna che
accendiamo subito, non solo per creare atmosfera ma perchè fa piuttosto freddo
e alle 19 è previsto il distacco di corrente! Ceniamo al vicino Taste
restaurant (un po’ locanda, un po’ azienda agricola, un po’ negozio di
arte/souvenir) con una buona zuppa calda, formaggi, sformati vari e birra
Castle, serviti davanti al fire-place da un simpatico ragazzo. La lezione di
civiltà continua quando al momento di pagare, nonostante la corrente sia andata
già via, il pos funziona alla perfezione (come in Italia!?).
Giorno
7
La
principale attrazione dello Tistsikamma park è il ponte sospeso alla foce dello
Storm River (sono 2 in realtà), che si raggiunge con 20 minuti di passeggiata nella
foresta e un numero imprecisato di scalini. Ci sono anche vari sentieri ben più
impegnativi con possibilità di dormire nel parco in cottage vista oceano e di
praticare kayak (non certo con le onde alte di oggi), ma per noi a posto così,
visti sia il meteo nuvoloso che i tanti km da fare in giornata (troppi!).
Proseguiamo
per Knysna, la capitale delle ostriche (oyester), a cui dovrebbe seguire la
visita a Oudtshoorn, la capitale degli struzzi (ostrich) - attenzione a non
confondersi!
La
laguna di Knysna è protetta da 2 alte scogliere a picco sul mare (the heads),
che gli hanno fatto guadagnare il titolo di porto più pericoloso del mondo da
parte della marina inglese dopo che tante navi sono naufragate nel tentativo di
entrarci. La vista da qui è veramente suggestiva, tra acque smeraldo e le onde
dell’oceano Indiano che si infrangono sulle rocce sottostanti.
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Laguna di Knysna |
Pranziamo a Thesen Island al Sirocco, un locale carino affacciato sui canali, dove però la vista è migliore delle ostriche. In generale questa parte è piuttosto “finta”, con casette bianche con portico, strade pulitissime, bistrot che ben poco hanno di africano ma ricordano più Venice beach.
Ripartiamo alle 3 e realizziamo che la deviazione verso l’interno per Oudtshoorn ci porterebbe via troppo tempo, e non riusciremmo né a vedere una fattoria di struzzi (si possono addirittura “cavalcare”), né ad arrivare alla nostra destinazione Swellendam prima del tramonto. Quindi facciamo la strada più breve, la N2 lungo la costa passando per George e Mosselbaai. Il paesaggio cambia quando entriamo nell’Overberg, dove distese sconfinate di frumento verde si alternano a campi gialli di colza. Swellendam è una cittadina con case e chiese bianche in tipico stile olandese del capo e, come tutte le realtà di questo paese vive di forti contrasti tra quartieri benestanti fatti di villette (di bianchi), campi da calcio/tennis, giardini perfettamente tenuti, e la zona lungo la statale, dove i bambini (per lo più di colore) chiedono l’elemosina fuori dai supermercati.
Appena arrivati all’Aquaelberg
Place dove alloggiamo stasera, ci uniamo (o meglio autoinvitiamo!) per cena con
2 ragazze (1 tedesca e 1 inglese) per le quali la nostra host sta fissando un tavolo
nel ristorante più inn di Swellendam, il Drostdy. Il locale è situato in un cottage in pietra, con atmosfera
intima a lume di candela e un menù ottimo (tra cui tris di carni struzzo, kudu,
impala) all’altezza della sua fama, pur avendo prezzi onesti. Scopriamo che le
nostre nuove “amiche” sono in giro in moto da diversi mesi e dopo aver percorso
l’Argentina e altri stati del Sud America, sono arrivate fin qui direttamente
dalla Germania e ormai hanno anche diversi sponsor che seguono il loro viaggio
e in parte lo finanziano. All’improvviso i nostri 15 giorni on the road in Sudafrica
non sono così entusiasmanti, sigh!
Giorno 8
Dopo una colazione a base di pancakes, yogurt e una “deliziosa” trota salmonata tipica del luogo (non per me, grazie!), ci dirigiamo verso la De Hoop Reserve, consapevoli che ci sono circa 100km di strada sterrata tra A/R da percorrere per arrivare alla costa (fattibile, basta andare alla giusta velocità, max 50km/h).
Il premio, dopo oltre 1 ora nel nulla, è un paesaggio
selvaggio, fatto di dune bianche che si tuffano nell’oceano, struzzi che passeggiano
ovunque, spiagge ricche di conchiglie…e tantissime balene vicino alla costa! Pensavamo che le avremmo viste domani ad
Hermanus, durante la gita in catamarano, ma qui sono veramente tante e vicinissime,
così ci mettiamo ad ammirare questo spettacolo dagli scogli. Nella riserva ci
sono poche strutture, una è la stupenda villa Morukuru Family, extra lusso con
grandi vetrate affacciate sul mare (dai 600€ a notte, ovviamente noi non
abbiamo soggiornato qui!).
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De Hoop Reserve |
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Capo Agulhas |
La sera dormiamo ad Hermanus al The Whale’s Tale guesthous,
appena fuori dal centro e molto vicino al new harbour dove la mattina seguente
abbiamo prenotato un’escursione per vedere da vicino le balene. Ceniamo in
centro al Fisherman's Cottage, consigliato dalla
Lonely planet, con piatti a base di pesce e crostacei, e musica dal vivo.
Tutto questo tratto di costa è denominato Whale
Route, ma Hermanus in particolare è famosa poichè in questa baia le balene
australi ogni anno da giugno a novembre arrivano in cerca di acque più calde
per accoppiarsi e crescere i cuccioli, per poi ripartire verso sud. Questi
enormi cetacei possono arrivare a 18 metri di lunghezza e sono caratterizzati
da estese callosità sulla testa, che le rendono riconoscibili dalle altre
balene.
Giorno 9
Alle 9 puntuali ci imbarchiamo sul catamarano del
Southern
Right Charters, la giornata è soleggiata e il mare sembra calmo…ma mai sottovalutare
l’oceano! Io infatti finisco col soffrire le onde (nonostante mi fossi
impasticcata a dovere) e capiamo che le balene a luglio non sono ancora arrivate
in massa; godiamo comunque di alcuni avvistamenti, tra le urla della guida
esaltata in misura eccessiva rispetto a ciò che riusciamo a vedere (le
imbarcazioni devono stare a minimo 50 metri dalle balene, giustamente). Diciamo
che è un’esperienza da fare, meglio se nel pieno della stagione “balenabile”
(agosto/settembre), ma a noi ha emozionato di più vederle da terra a De Hoop in
uno scenario incontaminato.
Per le 12 lasciamo Hermanus percorrendo la super panoramica R44 in direzione Stellenbosh, nel cuore delle Winselands nel Western Cape, famosa in egual misura per la sua prestigiosa università e per la produzione di ottimo vino. In questa regione le aziende agricole e le cantine che offrono degustazioni sono infinite, e noi ci facciamo guidare nella scelta dal consiglio dello chef della sera precedente ed andiamo diretti alla tenuta Hidden Valley (15 km a sud di Stellenbosh), di proprietà di un miliardario sudafricano.
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Hidden Valley |
La tenuta scelta per stasera a Stellenbosh (Van
Der Stel Manor) si rivela perfetta per passare anche la serata in totale relax
davanti al grande caminetto nel salotto comune, mentre fuori ormai piove da
qualche ora.
Giorno 10
La pioggia continua il giorno seguente, tanto che valutiamo anche di dedicare la mattina ad una spa, ma poi desistiamo e puntiamo diretti su Cape Town, precisamente l’acquario dei 2 oceani (carino, ma troppi bambini urlanti di sabato!). Facciamo un giro per il Victoria & Albert Waterfront, la parte moderna e turistica (troppo) del porto, per poi andare a prendere possesso della nostra camera al Villa Rosa hotel, situato a Sea Point (buona posizione per spostarsi tra il centro, le spiagge e la penisola).
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V&A Waterfront |
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Bo-Kaap |
Giorno 11
Dedichiamo la mattina al meraviglioso Kirstenbosch
National Botanical Garden, che si estende per oltre 500 ettari ai piedi di Table
Mountain. Non bisogna essere amanti di piante e fiori per apprezzare questo
bellissimo parco, perfettamente curato nonostante sia immenso e con tanti
sentieri per esplorarlo (incontriamo anche molti runner), tra cui la famosa
passerella sospesa a 10 metri di altezza. La stagione invernale non è certo la
migliore a livello di colori, ma se ci è piaciuto anche così possiamo solo immaginare
che spettacolo sia durante la primavera! Ci sono sezioni dedicate alle piante
grasse, a quelle officinali e aromatiche, e ovviamente ai fiori simbolo del Sudafrica,
come Proteas e Fynbos e la strelitzia gialla dedicata a Nelson Mandela durante
una delle sue visite al giardino (l’albero che piantò invece è stato purtroppo
abbattuto durante un forte temporale). La particolarità di questo fiore giallo
con striature arancioni e viola è che ognuno ci vede ciò che vuole: un
uccellino tropicale, una corona, la testa di un animale!
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Strelitzia |
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Table Mountain |
Per chi soggiorna qualche giorno a Cape Town
c’è una presenza costante, un simbolo che si vede praticamente da ogni parte
non solo della città ma di tutta la penisola del Capo, imponente ed iconico,
nonché una delle meraviglie naturali: Table Mountain. Per noi però si è
rivelata anche un’assenza…ogni anno la funivia che porta in cima a T.M. chiude
15 giorni per manutenzione, tra fine luglio e inizio agosto e quindi siamo
rimasti fregati! A essere onesta vederla da Signal Hill ha comunque il suo
fascino, ma se salire sulla “montagna piatta” è una vostra priorità, programmate
di venire a Cape Town in un altro periodo, a meno che non siate disposti a salirci
a piedi (meglio se con una guida esperta) impiegando minimo 5 ore A/R (per me è
un NO!). Un’altra opzione è l’adrenalinico lancio in parapendio che parte
proprio da Signal Hill, con atterraggio sui verdi prati che costeggiano
l’oceano.
Ceniamo nel quartiere di Gardens, in una
specie di pub decisamente “giovine” frequentato da locals, finendo per giocare
a indovina il film e all’impiccato sulla tovaglia di carta.
Giorno 12
Una giornata quasi primaverile ci premia per una
delle escursioni che più aspettavamo, la penisola del capo e la colonia di
pinguini!
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Muizenberg Beach |
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Boulders Beach |
Proseguiamo costeggiando la penisola del capo
in direzione Cape Point e Capo di Buona speranza, i cui paesaggi ricordano le
alte scogliere del nord Europa, con sotto l’oceano decisamente impetuoso sulla
costa ovest e molto più pacifico ad est. Passeggiata in salita fino al vecchio
faro e foto di rito non possono mancare.
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Capo di Buona speranza |
Al rientro guidiamo per la tortuosa Chapman’s
Peak Drive, una delle strade più panoramiche del Suadafrica (a pagamento), dove
ogni curva sembra una cartolina, e ci fermiamo ad ammirare finalmente un bel
tramonto sull’oceano! Finiamo la serata in una steak house sulle colline di
Camps Bay, The Hussar Grill, consigliato per l’ambiente e la vista.
Giorno 13
Per l’ultima giornata a Cape Town torniamo in centro per
visitare il District Six Museum. Le vicende di questo quartiere raccontano la
brutalità dello stato di apartheid e di come fu distrutta una comunità una
volta orgogliosa, ma è anche una storia di resistenza e rinascita.
Il District Six era un luogo vibrante, colorato, affollato (e
sovraffollato), dove viveva prevalentemente gente di colore, ma non solo, in un
clima di grande armonia e festa nonostante fosse un quartiere povero e
degradato. Nel 1966 però il governo dell'apartheid lo dichiarò “area bianca” ai
sensi del Group Areas Act, che vietava la convivenza tra etnie diverse. Le
vecchie case furono così rase al
suolo, con la “motivazione” che non fossero sicure e salubri, ma in realtà per
impossessarsi di un’area strategica vicino al porto e al centro, umiliando le
persone di colore costrette a lasciare le proprie case e la propria comunità
per essere spostate in periferia. La pressione
esercitata dagli abitanti locali e dai governi internazionali impedirono però
al governo sudafricano la ricostruzione di nuovi edifici nell'area, che restò
deserta per oltre 30 anni. Solo a inizio anni 2000 iniziarono i lavori per la
ricostruzione e l'11 febbraio 2004 l'ex presidente Nelson Mandela consegnò le chiavi ai primi ex-residenti.
A proposito di
Mandela, è una figura ovviamente ricorrente ovunque in Sudafrica, a Cape Town anche
per la vicinanza con Robben Island, la prigione dove fu detenuto per troppi
anni, ma ci è mancato il tempo necessario per approfondire questo aspetto. A
distanza di decenni dalla fine dell’apartheid sono comunque ancora fortissime le
disuguaglianze tra le fasce di popolazione e a C.T. le contraddizioni sono
ancora più evidenti, con ville di lusso e Ferrari ad un angolo e baracche di
povera gente che vive sotto cavalcavia pochi metri più in là. Al contrario di
quanto fatto a Rio de Janeiro, non abbiamo visitato le town ship, anche se
credo che avendo tempo e con una guida preparata sarebbe un’esperienza da fare.
Alla fine del nostro viaggio abbiamo avuto la conferma di qualcosa che già pensavamo: il Sudafrica non è solo Africa, non la più “vera” e selvaggia che ci immaginiamo almeno; è un po’ anche Europa per cultura e radici, e un po’ Stati Uniti per i paesaggi e gli spazi immensi, e questo personalmente è stato un aspetto positivo, trattandosi anche del primo viaggio in questo continente.
Quindi...A presto "nostre" adorate giraffe!!!
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