giovedì 24 agosto 2023

IL NOSTRO SUDAFRICA

 


Quando un viaggio parte con aspettative molto alte, la delusione può essere dietro l’angolo...ma non è certo questo il caso della nostra esperienza in Sudafrica!

Il “paese arcobaleno” è stato per noi davvero ricco di sfumature, tra incontri emozionanti, paesaggi memorabili e scoperte inaspettate. Giallo come la savana, dove mimetizzarsi è questione di sopravvivenza, verde come i campi di frumento dell’Overberg, blu come i 2 oceani (Indiano e Atlantico) che si incontrano a Capo Agulhas, ma anche rosso come le ferite ancora aperte dopo secoli di invasioni e discriminazioni subite fino al recente passato.


Itinerario (programmato, un po’ diverso da quello effettivo)

Giorno 0 – volo notturno Italia - Johannesburg

Giorno 1 – Johannesburg – Marloth park

Giorno 2 – Safari all day nel Kruger park

Giorno 3 – Kruger park in self drive zona centro sud fino a Skukuza – safari al tramonto

Giorno 4 - self drive verso parte centrale del Kruger fino Olifants camp

Giorno 5 – Panorama Route (parte 1) fino a Graskop

Giorno 6 – Panorama Route (parte 2) e rientro a Johannesburg

Giorno 7 – volo Johannesburg-Port Elizabeth, poi in auto fino Tsitsikamma Park (inizio Garden route)

Giorno 8 – Tsitsikamma Park, Knysna, Oudtshoorn, Swellendam

Giorno 9 – De Hoop reserve, Capo Agulhas, Hermanus

Giorno 10 – escursione balene a Hermanus, route 44, degustazione vini Stellenbosh

Giorno 11 – Stellenbosh – Cape Town (acquario 2 oceani, quartiere Bo-Kaap)

Giorno 12 giardino botanico, centro di Cape Town

Giorno 13 penisola del capo, colonia pinguini Boulders beach, capo buona speranza

Giorno 14 volo Cape Town - Italia


Info pratiche

Spesa: 2350€ a testa TUTTO compreso

Periodo: 15 giorni a Luglio. E’ piena stagione invernale in Sudafrica, ma il clima è temperato, con notevole escursione termica: dai 5 gradi della mattina presto ai 20 gradi del giorno (anche 25 nel Kruger). A noi personalmente questa cosa è piaciuta, passare una serata davanti al camino mentre in Italia ci sono 40 gradi ha il suo perchè! E poi ci sono altri vantaggi rilevanti: niente zanzare (non abbiamo fatto profilassi malaria, nel Kruger è consigliata da ottobre a maggio), niente bestiacce striscianti (in letargo), niente ressa e prezzi da “bassa stagione”!

Chiaramente questo richiede di mettere in valigia (rigorosamente bagaglio a mano!) dal piumino alla maglietta a maniche corte e nel definire l’itinerario considerare che in questo periodo le ore di luce sono meno, entro le 18 è buio ed è bene essere arrivati a destinazione…noi per quell’ora eravamo spesso già a cena!

Voli: Lufthansa da Firenze, andata su Johannesburg, ritorno da Cape Town, via Francoforte (1040€ a testa) + volo intero Safair Johannesburg – Port Elizabeth (68 € a testa)

Auto: categoria media, fissata 2 mesi prima su Auto Europe con compagnia First car: 1) Johannesburg 6 gg 190€ - Nissan Almera; 2) Port Elizabeth – Cape Town 8 gg 280€ (compreso 1 one way) – Proton Saga  con cambio automatico, più comoda per la guida a sinistra. La patente internazionale (o una traduzione di quella italiana) non ci è stata richiesta per noleggiare l’auto, ma è necessario averla in caso di controlli polizia, che qui sono abbastanza frequenti.

Lodge/Hotel: fissati tutti su booking.com in anticipo, tranne la notte nell’Olifants Rest Camp dentro il Kruger, prenotabile solo sul sito ufficiale SANpark, che gestisce tutti i parchi e le strutture al loro interno.

Elettricità: in alcuni posti ci sono le prese normali (quelle del ns. cellulare per intendersi), in altri solo quelle a 3 tipiche del Sudafrica, consigliato quindi adattatore. Una cosa importante da sapere è che in tutto il paese ci sono distacchi programmati di elettricità, dalle 2 alle 4 ore al giorno, quando si arriva in un hotel si scopre se la luce c’è, fino a quando o quando tornerà…un altro mondo, ma poi ci si abitua! Alla fine non abbiamo mai avuto problemi a ricaricare telefoni e alcuni hotel/ristoranti hanno anche dei generatori che risolvono il problema.

Lingua: praticamente tutti parlano inglese, ma è lingua ufficiale anche l’afrikans, che deriva dalla fusione tra l’olandese e le lingue locali all’arrivo dei coloni boeri (con qualche prestito da inglese e portoghese).

Giorno 0

Il nostro viaggio non comincia nel migliore dei modi, con volo da Firenze in ritardo di oltre 2 ore e conseguente perdita della coincidenza Francoforte-Johannesburg. Sconforto a 1000, non compensato dal bell’hotel spesato da Lufthansa per la notte. La mattina seguente ci presentiamo presto in aeroporto, e dopo aver scongiurato un volo sostitutivo per il giorno ancora seguente e un tragitto della speranza con Nigeria Airline, riusciamo ad ottenere un volo in serata (suggerito da me all’assistenza Lufthansa previa ricerca su Skyskanner) con British via Londra Heathrow.

Il risultato è che arriviamo a destinazione con quasi 24 ore di ritardo e perdiamo 1 giorno nel Kruger, ma impariamo 2 cose: 1) non illudersi che scalo di 1 ora e mezzo a Francoforte sia sufficiente! 2) nel progettare l’itinerario mai mettere il primo giorno una delle cose migliori. Noi per fortuna avevano deciso di dedicare 4 notti al Kruger e avevamo quindi un po’ di comporto, che ci ha permesso di esplorare comunque il parco in modo completo, aggiustando piani in corsa e di non rinunciare al Safari guidato.

Giorno 1

L’assenza di fuso orario ci permette di arrivare a destinazione abbastanza riposati verso le 8 di mattina, e subito preleviamo al bancomat in aeroporto il corrispondente di 200€ (40.000 ZAR circa) che ci basteranno per tutto il viaggio.

Le carte Visa/MC sono accettate ovunque e in molti posti anzi non prendono contanti, come alle biglietterie SANpark; abbiamo avuto solo qualche problema al banco noleggio auto, dove hanno dovuto passare la carta in modo “manuale”.

Partiamo alla volta del Marloth ParK, confinante con la parte sud del Kruger Park, che dista 5 ore di auto dall’aeroporto, cercando di prendere le misure con la guida a sinistra, che per noi è una novità: credo di aver ripetuto “ora svoltiamo a destra (o sinistra)...ma tenendo la sinistra eh!!!!” circa 1 milione di volte!! Le strade sono buone, alcune tipo autostrade, altre più tipo statali. Le auto a noleggio hanno una specie di Telepass che permette di passare senza fermarsi ai caselli, con addebito del totale a fine noleggio, con tariffe economiche, così come la benzina, che costa poco più di 1 euro/litro.

Per non farci mancare niente ad un certo punto si aggiunge pure una fitta nebbia, ma arrivati a destinazione (verso le 15) riceviamo il miglior benvenuto possibile: una famiglia di giraffe ci attraversa la strada appena entrati nel Marloth Park e l’emozione di questo primo incontro è veramente forte, una di quelle che ricordi per molto tempo!

Il Lodge dove avremmo dovuto passare 2 notti (sigh!?) è il Kruger Riverside, bella struttura vicino al fiume Crocodile river, gestita da un signore inglese ormai residente qui da decenni, ben tenuta e con camere sia al piano terra affacciate sul giardino, che al primo piano dove c’è una terrazza panoramica molto accogliente. Il bello è che qui gli animali vengono spesso nel giardino senza alcun timore, aiutati anche da qualche snack (ci hanno assicurato compatibile con la loro alimentazione), comprese giraffe e zebre!

Kudu 
Continuiamo l’esplorazione del parco in auto, tra strade sterrate dove pascolano tranquilli impala, kudu e fagoceri (delle specie di cinghiali) e avvistiamo in lontananza anche alcuni elefanti al di là del fiume: solo un assaggio di quello che vedremo nei prossimi giorni!

Alle 6 puntuali ceniamo a lume di candela in terrazza (con piumino) in compagnia di una famiglia di olandesi, scambiandoci informazioni sui rispettivi itinerari, che nella maggior parte dei casi sono i seguenti: 1) Johannesburg-Kruger-volo per Port Elizabet-Garden route-Cape Town (il nostro); 2) Johannesburg-Kruger-in auto fino a Durban passando per lo stato indipendente di eSwatini-volo Durban/Cape Town (il loro).

Giorno 2

A questo punto il nostro itinerario originario avrebbe previsto un safari dell’intera giornata, ma ci dedichiamo invece all’esplorazione del Kruger park con la nostra auto, entrando dal vicino Crocodile gate. L’ingresso giornaliero al parco per 2 persone e un’auto costa circa 46 euro. A conti fatti se si ha intenzione di entrare per più giorni e visitare anche altri parchi gestiti da SANPark (oltre 80 in tutto il paese) può convenire la Wild card annuale, anche perchè la gestione delle biglietterie ai gate diciamo che è abbastanza “slow”!

Entriamo trionfanti nel Kruger e presto capiamo che più che cercare di avvistare gli animali, sono loro che trovano noi! Elefanti, giraffe, zebre, scimmie spesso attraversano letteralmente la strada principale asfaltata del parco, e per intuire la loro presenza a bordo strada è sufficiente vedere le tante macchine che si fermano in un punto (magari qualcuno per fare tutt’altro… o solo per osservare un termitaio, che qui può raggiungere anche diversi metri di altezza). Per non parlare di impala di vari tipi, compresi quelli con dei segni bianchi sulla parte posteriore (a forma di tavoletta del wc!), che si vedono ovunque.

Le strade nel parco sono tenute molto bene, anche quelle secondarie sterrate, e non è necessario un 4x4, anche se più alta è l’auto e migliore è la visuale. Il fatto di poter girare in autonomia credo sia uno degli aspetti più positivi di questo immenso parco (20.000 kmq, quasi come l’intera Toscana), oltre alla grande quantità di fauna osservabile nel suo ambiente naturale, ma è bene ricordare che non è uno zoo e non c’è nessuna garanzia di vedere tutti i big 5 (rinoceronte, leone, leopardo, bufalo, elefante). Noi per esempio ne abbiamo avvistati 3 su 5: ci sono mancati rinoceronte e leopardo, ma siamo comunque stati felici della nostra esperienza nel Kruger e ritengo che 3 giorni siano il tempo giusto da trascorrere alla scoperta di questo luogo meraviglioso, senza perdere l'effetto WOW dei vari avvistamenti. Sembra incredibile, ma alla fine quasi ci si abitua agli elefanti che mangiano a bordo strada!

Proprio l’incontro ravvicinato con una mandria di questi giganti, avvenuto in una strada secondaria vicino ad un laghetto, è stato il più adrenalinico…forse un po‘ troppo ravvicinato! Un grande elefante, che abbiamo immaginato essere il maschio alfa, ci ha proprio puntati in più riprese, facendoci capire in modo evidente che non eravamo i benvenuti (forse per difendere i cuccioli del branco), costringendoci ad una veloce retromarcia fino a convincerlo che non rappresentavamo un pericolo.



Nel pomeriggio inizia a pioviscolare ed usciamo dal Paul gate in direzione del Sabie River Bush Lodge, avvistando di sfuggita un leone tra la vegetazione a bordo strada, ma con troppe auto ferme per poterlo ammirare come merita. Il lodge di oggi è a 15 minuti di auto dal Kuger, affacciato sul fiume Sabie e a farci compagnia ci sono molti ippopotami adagiati sulla riva o intenti a farsi un bagnetto.

Noi abbiamo scelto di alloggiare in lodge subito fuori dal Kruger, che hanno un buon rapporto qualità prezzo (circa 100€ a notte in 2 con mezza pensione) e sono comunque caratteristici perché immersi nella natura.

Un’alternativa da valutare (avendo almeno 300/400 € da investire a notte) è rappresentata dalle riserve private, ce ne sono tante vicino al Kruger, alcune extra lusso (altre solo care!), dove è molto più probabile vedere tutti i big five grazie ai safari guidati e al territorio molto meno esteso.

Al lodge riusciamo a cambiare il safari fissato al tramonto (visto anche il meteo inclemente) con un safari mattutino per il giorno seguente (50 € a testa circa). Consapevoli che la sveglia sarà alle 5, mangiamo presto e poi a nanna nella nostra rondavel, una tipica capanna rotonda con tetto in paglia, ma dotata di tutti i confort (foon compreso!), da dove sentiamo gli ippopotami.

Giorno 3

Ci alziamo col buio e seguiamo in auto (nonostante gli inspiegabili tentativi di seminarci della nostra guida!) la jeep per il safari fino al Paul gate (così poi continueremo da qui verso nord al temine del safari), e scopriamo che abbiamo fino alle 12 una jeep tutta per noi! Ringraziamo di esserci attrezzati con piumino, paracollo, guanti e cappello perchè la mattina nella jeep aperta è davvero freddo, e non diciamo certo no alla coperta che ci viene offerta! È bello osservare la savana che si sveglia, la rugiada che fa risplendere le enormi ragnatele sugli arbusti (non oso immaginare le dimensioni dei padroni di casa!) con la prima luce del sole, ma di animali per un po’ neanche l’ombra!

Le guide si scambiano aggiornamenti sugli avvistamenti su gruppi whatsapp, da quando è vietato usare la radio per non dare informazioni ai bracconieri (fenomeno ancora tristemente diffuso, soprattutto per i rinoceronti a causa del contrabbando dei loro corni).

L’incontro più emozionante della giornata avviene a sorpresa su un ponte sulla strada principale, dove passeggiano indifferenti tra la fila di auto 3 leonesse, che ci passano a poco più di 2 metri. Per un motivo incomprensibile hanno puntato un kudu fermo su un isolotto nel fiume sottostante, con possibilità di successo vicine allo zero, a discapito di mandrie di mammiferi sparsi ovunque e molto più facili da cacciare!?

Le osserviamo nella loro maestosità, calme e affettuose tra loro ma sempre in guardia, e non possiamo non pensare che questi felini sono in fondo dei meravigliosi gattoni formato XXL.

La mattinata trascorre in relax, con l’aria che si fa via via più mite, una colazione a bordo fiume in apposita area pic-nic (nel parco salvo queste aree è severamente vietato scendere dalla macchina) circondati da simpatici uccellini color smeraldo e altri avvistamenti un po’ meno emozionanti.

Ripresa la nostra auto ci dirigiamo verso la parte centrale del Kruger, dove dormiremo all’Olifants Rest Camp, in posizione panoramica sull’omonimo fiume (circa 3 ore di auto). Il paesaggio si fa più brullo, in molti tratti la vegetazione è bruciata, e qui la fanno da padroni gruppi di zebre, gnu e bufali. Sul fiume incrociamo alcuni elefanti e ciò che ci colpisce è il forte barrito che sentiamo da vicino.

Il camp è decisamente spartano, ma il punto di forza è la terrazza panoramica, che a cena apprezziamo il giusto (arriviamo che è praticamente già buio), ma ci regala un’impareggiabile colazione vista fiume (tra l’altro buonissima).


Giorno 4

Oggi lasciamo un po’ a malincuore il Kruger, ma in fondo il bello di questi viaggi è che ne racchiudono in sè tanti, come capitoli diversi di un unico libro, che per i prossimi 2 giorni si intitola Panorama Route.

Nelle 2 ore che impieghiamo per uscire dal Phalaborwa gate, ci salutano altri elefanti, ippopotami che nuotano in un laghetto e un coccodrillo pigro che dorme pacifico accanto ad ignari (e non molto intelligenti) impala. In generale però la parte sud è di solito più densa di fauna.

Le strade fuori sono meno belle che nel Kruger, con diverse buche e soprattutto bisogna stare attenti alla tendenza per chi guida di stare troppo sulla sinistra della corsia, perchè i dislivelli ai lati sono enormi e rimetterci una ruota è un attimo (noi abbiamo rischiato un paio di volte).

Un’altra cosa da segnalare è il “galateo del sorpasso”, che in Sudafrica è una cosa seria! Nelle strade a corsia unica, quando si agevola il soprasso accostandosi sulla sinistra, chi lo esegue ringrazia mettendo le 4 frecce a sorpasso finito, e il sorpassato contraccambia sfanalando con gli abbaglianti!


Blyde River

Per l’ora di pranzo arriviamo al Blyde River Canyon, che con i suoi 26 km di lunghezza e 800 di profondità è il terzo canyon più grande del mondo.  Il confronto con il Grand Canyon sarebbe un po’ impietoso, ma questo verde canyon (non è desertico) offre dei punti panoramici di tutto rispetto. Tra tutti il Three Rondavels view point, da dove oltre alle “3 capanne” si possono ammirare le suggestive anse formate del fiume sottostante, che ricordano un po’ l’Horseshoe Bend in Arizona: insomma, c’è molto degli Stati Uniti in questa parte di Sudafrica!

Three Rondavels

Proseguiamo lungo la Panorama route per arrivare all’ultima tappa di oggi, dove un percorso piuttosto semplice e alcuni ponti in legno ci guidano alla scoperta del caratteristico Bourke’s Luck Potholes. Qui falesie di colore rosso, levigate dal vento e dalle vorticose acque del Blyde River nel corso dei millenni, si tuffano nel fiume, formando cascate e piscine naturali.


Bourke’s Luck Potholes

Ormai è l’ora di dirigerci al Pilgram’s Rest di Graskop, dove abbiamo fissato per la notte, una residenza d’altri tempi dentro una specie di antico granaio ristrutturato, un po’ kitch ma particolare. La cittadina si svolge lungo la statale, la sera non molto illuminata, ma non abbiamo nessun problema ad andare a piedi al ristorante che ci consiglia la nostra host. Al Garden Shed, molto carino ed intimo, assaggiamo un inaspettato e tenerissimo struzzo, che al contrario di ciò che pensavamo sa di bistecca e non di pollo gigante!


Giorno 5

Ci alziamo con calma e già mi pregusto la colazione all’Henry’s pancakes, viste le ottime recensioni e la mia passione per questi dolci, ma questo pezzo di America in Sudafrica ci piace molto meno del canyon!

Pinnacle Rock

Continuiamo ad esplorare la Panorama Route, tornando leggermente verso nord per il circuito Pinnacle Rock-God’s Window-Rain Forest. Tra queste la passeggiata nella foresta pluviale è forse la più significativa, mentre il panorama dal punto panoramico God’s Window non è esattamente all’altezza del suo nome. Pinnacle Rock è un’enorme roccia di quarzite alta oltre 30 metri che si staglia tra 2 montagne.


Mac-Mac Falls

Proseguiamo poi verso sud direzione Sabie, con sosta alle Mac-Mac Falls, che si gettano nell’omonimo fiume da un’altezza di 65 metri e formano qualche km più a valle le Mac-Mac pools, dove se fosse stato un po’ più caldo avremmo fatto volentieri un tuffo (nella nostra ingenuità avevamo portato anche il costume da bagno!).

La giornata di trasferimento verso Johannesburg per il volo del giorno seguente ci regala un “bonus big 5”: ci fermiamo a fare benzina e dalla finestra del bagno vediamo un gruppo di animali al pascolo, tra cui 4 rinoceronti! Evidentemente è una riserva privata, ma non ci aspettavamo certo di trovarla al confine con un’area di sosta dell’autostrada! Un cartello segnala che ai rinoceronti sono stati tolti i corti per evitare che vengano rapiti e uccisi.

Mac-Mac pools
La sera ci facciamo coraggio e usciamo a piedi dal nostro BB The Willow Inn, un po’ fuori Johannesburg, anche se la zona non sembra delle più sicure. Finiamo nel posto più vicino, il Marinado, una specie di fast food che segue le regole dell’helal islamica; lo scopriamo quando tentiamo di ordinare una birra e ci guardano malissimo (una delle regole è niente alcolici). Forse per questo ci servono dopo mezz’ora un hamburger senza nemmeno le patatine (di gran lunga la peggiore cena de nostro viaggio!). Facciamo quasi di corsa i 500 metri poco illuminati che ci separano dal BB e quando vediamo che altri ospiti stanno consumando una bella e tranquilla cena nella sala interna non capiamo perchè a noi non è stato nemmeno chiesto se eravamo interessati e siamo stati mandati allo sbaraglio fuori di sera..bho?!

Giorno 6

Il volo della mattina per Port Elizabeth con Safair è puntuale e la compagnia più efficiente di Lufthansa (ci vuole poco); rimaniamo anche sorpresi di come all’arrivo tutti stiano seduti ai propri posti fino a che le hostess non fanno scendere in ordine di fila...grande lezione di civiltà!

Tsitsikamma Park

Ritiriamo la nuova auto, stavolta con cambio automatico ma di una marca mai vista: Proton Saga, bianca e decisamente tamarra (alla riconsegna scopriremo essere l’unica in tutta la flotta della compagnia First car!). La strada è molto bella, in parte costeggia spiagge oceaniche deserte, e in 2 ore circa arriviamo al paesino di Storm River alle porte dello Tsitsikamma Park. Il nostro cottage allo Swallows Nest è davvero accogliente e romantico, grazie anche alla stufa a legna che accendiamo subito, non solo per creare atmosfera ma perchè fa piuttosto freddo e alle 19 è previsto il distacco di corrente! Ceniamo al vicino Taste restaurant (un po’ locanda, un po’ azienda agricola, un po’ negozio di arte/souvenir) con una buona zuppa calda, formaggi, sformati vari e birra Castle, serviti davanti al fire-place da un simpatico ragazzo. La lezione di civiltà continua quando al momento di pagare, nonostante la corrente sia andata già via, il pos funziona alla perfezione (come in Italia!?).

Giorno 7

La principale attrazione dello Tistsikamma park è il ponte sospeso alla foce dello Storm River (sono 2 in realtà), che si raggiunge con 20 minuti di passeggiata nella foresta e un numero imprecisato di scalini. Ci sono anche vari sentieri ben più impegnativi con possibilità di dormire nel parco in cottage vista oceano e di praticare kayak (non certo con le onde alte di oggi), ma per noi a posto così, visti sia il meteo nuvoloso che i tanti km da fare in giornata (troppi!).

Proseguiamo per Knysna, la capitale delle ostriche (oyester), a cui dovrebbe seguire la visita a Oudtshoorn, la capitale degli struzzi (ostrich) - attenzione a non confondersi!

La laguna di Knysna è protetta da 2 alte scogliere a picco sul mare (the heads), che gli hanno fatto guadagnare il titolo di porto più pericoloso del mondo da parte della marina inglese dopo che tante navi sono naufragate nel tentativo di entrarci. La vista da qui è veramente suggestiva, tra acque smeraldo e le onde dell’oceano Indiano che si infrangono sulle rocce sottostanti.

Laguna di Knysna

Pranziamo a Thesen Island al Sirocco, un locale carino affacciato sui canali, dove però la vista è migliore delle ostriche. In generale questa parte è piuttosto “finta”, con casette bianche con portico, strade pulitissime, bistrot che ben poco hanno di africano ma ricordano più Venice beach.


Ripartiamo alle 3 e realizziamo che la deviazione verso l’interno per Oudtshoorn ci porterebbe via troppo tempo, e non riusciremmo né a vedere una fattoria di struzzi (si possono addirittura “cavalcare”), né ad arrivare alla nostra destinazione Swellendam prima del tramonto. Quindi facciamo la strada più breve, la N2 lungo la costa passando per George e Mosselbaai. Il paesaggio cambia quando entriamo nell’Overberg, dove distese sconfinate di frumento verde si alternano a campi gialli di colza. Swellendam è una cittadina con case e chiese bianche in tipico stile olandese del capo e, come tutte le realtà di questo paese vive di forti contrasti tra quartieri benestanti fatti di villette (di bianchi), campi da calcio/tennis, giardini perfettamente tenuti, e la zona lungo la statale, dove i bambini (per lo più di colore) chiedono l’elemosina fuori dai supermercati.

Appena arrivati all’Aquaelberg Place dove alloggiamo stasera, ci uniamo (o meglio autoinvitiamo!) per cena con 2 ragazze (1 tedesca e 1 inglese) per le quali la nostra host sta fissando un tavolo nel ristorante più inn di Swellendam, il Drostdy. Il locale è situato in un cottage in pietra, con atmosfera intima a lume di candela e un menù ottimo (tra cui tris di carni struzzo, kudu, impala) all’altezza della sua fama, pur avendo prezzi onesti. Scopriamo che le nostre nuove “amiche” sono in giro in moto da diversi mesi e dopo aver percorso l’Argentina e altri stati del Sud America, sono arrivate fin qui direttamente dalla Germania e ormai hanno anche diversi sponsor che seguono il loro viaggio e in parte lo finanziano. All’improvviso i nostri 15 giorni on the road in Sudafrica non sono così entusiasmanti, sigh!

Giorno 8

Dopo una colazione a base di pancakes, yogurt e una “deliziosa” trota salmonata tipica del luogo (non per me, grazie!), ci dirigiamo verso la De Hoop Reserve, consapevoli che ci sono circa 100km di strada sterrata tra A/R da percorrere per arrivare alla costa (fattibile, basta andare alla giusta velocità, max 50km/h). 

Il premio, dopo oltre 1 ora nel nulla, è un paesaggio selvaggio, fatto di dune bianche che si tuffano nell’oceano, struzzi che passeggiano ovunque, spiagge ricche di conchiglie…e tantissime balene vicino alla costa!  Pensavamo che le avremmo viste domani ad Hermanus, durante la gita in catamarano, ma qui sono veramente tante e vicinissime, così ci mettiamo ad ammirare questo spettacolo dagli scogli. Nella riserva ci sono poche strutture, una è la stupenda villa Morukuru Family, extra lusso con grandi vetrate affacciate sul mare (dai 600€ a notte, ovviamente noi non abbiamo soggiornato qui!).

De Hoop Reserve
Dobbiamo trascinarci via dalle balene per continuare verso l’ulteriore tappa di oggi, il punto più a sud del continente africano, Capo Agulhas. Dopo le foto di rito con il cartello che indica che qui si incontrano i 2 oceani Indiano e Atlantico, ci fermiamo ad osservare le loro acque che si mescolano pur rimanendo divise: le prime più calde e tranquille, le seconde più tumultuose e fresche. Lungo la strada risulta evidente che Capo Agulhas deve essere una località chic per sudafricani benestanti, con ville molto belle, e anche tranquilla, poichè qui nella maggior parte dei casi non ci sono gli alti muri di cinta e cancelli che invece circondano di solito le case in tutto il paese (e che dicono molto sulla situazione ”sicurezza”).
Capo Agulhas

La sera dormiamo ad Hermanus al The Whale’s Tale guesthous, appena fuori dal centro e molto vicino al new harbour dove la mattina seguente abbiamo prenotato un’escursione per vedere da vicino le balene. Ceniamo in centro al Fisherman's Cottage, consigliato dalla Lonely planet, con piatti a base di pesce e crostacei, e musica dal vivo.

Tutto questo tratto di costa è denominato Whale Route, ma Hermanus in particolare è famosa poichè in questa baia le balene australi ogni anno da giugno a novembre arrivano in cerca di acque più calde per accoppiarsi e crescere i cuccioli, per poi ripartire verso sud. Questi enormi cetacei possono arrivare a 18 metri di lunghezza e sono caratterizzati da estese callosità sulla testa, che le rendono riconoscibili dalle altre balene.

Giorno 9

Alle 9 puntuali ci imbarchiamo sul catamarano del Southern Right Charters, la giornata è soleggiata e il mare sembra calmo…ma mai sottovalutare l’oceano! Io infatti finisco col soffrire le onde (nonostante mi fossi impasticcata a dovere) e capiamo che le balene a luglio non sono ancora arrivate in massa; godiamo comunque di alcuni avvistamenti, tra le urla della guida esaltata in misura eccessiva rispetto a ciò che riusciamo a vedere (le imbarcazioni devono stare a minimo 50 metri dalle balene, giustamente). Diciamo che è un’esperienza da fare, meglio se nel pieno della stagione “balenabile” (agosto/settembre), ma a noi ha emozionato di più vederle da terra a De Hoop in uno scenario incontaminato.

Per le 12 lasciamo Hermanus percorrendo la super panoramica R44 in direzione Stellenbosh, nel cuore delle Winselands nel Western Cape, famosa in egual misura per la sua prestigiosa università e per la produzione di ottimo vino. In questa regione le aziende agricole e le cantine che offrono degustazioni sono infinite, e noi ci facciamo guidare nella scelta dal consiglio dello chef della sera precedente ed andiamo diretti alla tenuta Hidden Valley (15 km a sud di Stellenbosh), di proprietà di un miliardario sudafricano.

Hidden Valley
Ci ritroviamo in una tenuta moderna, con giardino pieno di fiori e sculture, sale a vetri e un piacevolissimo camino, accanto al quale facciamo un’ottima degustazione di 5 vini, tra bianchi e rossi, per 100zar a testa. Essendo il nostro pranzo (sono ormai le 3) aggiungiamo un tagliere di formaggi, delizioso! L’esperienza ci è piaciuta molto, soprattutto i bianchi (freschi e fruttati) e la possibilità di assaggiare l’olio nuovo a fine luglio, tenendo presente che si tratta di vini e strutture molto diversi da quelle che abbiamo in Italia, sicuramente meno “storiche”, ma super organizzate per l’accoglienza.

La tenuta scelta per stasera a Stellenbosh (Van Der Stel Manor) si rivela perfetta per passare anche la serata in totale relax davanti al grande caminetto nel salotto comune, mentre fuori ormai piove da qualche ora.

Giorno 10

La pioggia continua il giorno seguente, tanto che valutiamo anche di dedicare la mattina ad una spa, ma poi desistiamo e puntiamo diretti su Cape Town, precisamente l’acquario dei 2 oceani (carino, ma troppi bambini urlanti di sabato!). Facciamo un giro per il Victoria & Albert Waterfront, la parte moderna e turistica (troppo) del porto, per poi andare a prendere possesso della nostra camera al Villa Rosa hotel, situato a Sea Point (buona posizione per spostarsi tra il centro, le spiagge e la penisola).

V&A Waterfront
Il pomeriggio percorriamo un bellissimo tratto di strada panoramica contornata da ville extra lusso vista oceano per arrivare a Haut Bay dove il sabato si svolge fino alle 16 un colorato mercatino vintage (Bay Harbour Market). Tra sole e pioggia (abbiamo già capito che a Cape Town il meteo cambia ogni 2 km!) finiamo la giornata tra le case colorate del quartiere malese di Bo-Kaap.

Bo-Kaap
La ragazza dell’hotel ci dice che il quartiere è abbastanza sicuro fino alle 21, poi è bene non uscire a piedi ma in auto o con Uber (a C.T. sembra che nessuno cammini la sera). Andiamo quindi a cena alle 6, tanto per cambiare, al vicino bistrot la Boheme, un incrocio tra tapas spagnole e piatti francesi, dove diamo letteralmente fuoco ad una pagina del menu con la candela appoggiata sul tavolo…cosa che ci dicono succeda spesso (e allora perchè continuano a metterci la candela?!).

Giorno 11

Dedichiamo la mattina al meraviglioso Kirstenbosch National Botanical Garden, che si estende per oltre 500 ettari ai piedi di Table Mountain. Non bisogna essere amanti di piante e fiori per apprezzare questo bellissimo parco, perfettamente curato nonostante sia immenso e con tanti sentieri per esplorarlo (incontriamo anche molti runner), tra cui la famosa passerella sospesa a 10 metri di altezza. La stagione invernale non è certo la migliore a livello di colori, ma se ci è piaciuto anche così possiamo solo immaginare che spettacolo sia durante la primavera! Ci sono sezioni dedicate alle piante grasse, a quelle officinali e aromatiche, e ovviamente ai fiori simbolo del Sudafrica, come Proteas e Fynbos e la strelitzia gialla dedicata a Nelson Mandela durante una delle sue visite al giardino (l’albero che piantò invece è stato purtroppo abbattuto durante un forte temporale). La particolarità di questo fiore giallo con striature arancioni e viola è che ognuno ci vede ciò che vuole: un uccellino tropicale, una corona, la testa di un animale!

Strelitzia 
Il pomeriggio ci spostiamo in centro, che si rivela molto desolato di domenica, con negozi chiusi, poca gente e tanti senza tetto, anche ragazzi molto giovani. L’idea è di partecipare ad un free walking tour dall’Apartheid alla Libertà, ma siamo solo in 4 (noi e 2 ragazzi inglesi) e la guida ci caldeggia di fare un tour sulla storia del Sudafrica da 1500 a inizio 1900, che si rivela interessante ma anche un po’ ripetitivo. Esploriamo così diversi edifici storici, come il primo parlamento (diverso da quello attuale), le prime chiese inglesi e olandesi, il primo negozio di occhiali (come perderselo!?) e il Castle of Good Hoop (primo insediamento stabile dei coloni, decisamente fortificato). Nella piazza di Green market, dove ora c’è un non economicissimo mercatino per turisti, la guida ci spiega che un tempo le imbarcazioni di passaggio verso est si rifornivano di ogni genere di cose utili (alimentari, oggetti, schiavi..), poichè l’oceano arrivava a pochi metri da qui prima che i coloni costruissero il porto attuale rubando metri alle acque. Il giardino inglese (company’s garden) è una bella oasi di verde nel cuore del centro, su cui di affaccia anche il nuovo parlamento, non più visitabile dopo che pochi mesi fa fu sede di un incendio appiccato da un intruso.

Table Mountain

Per chi soggiorna qualche giorno a Cape Town c’è una presenza costante, un simbolo che si vede praticamente da ogni parte non solo della città ma di tutta la penisola del Capo, imponente ed iconico, nonché una delle meraviglie naturali: Table Mountain. Per noi però si è rivelata anche un’assenza…ogni anno la funivia che porta in cima a T.M. chiude 15 giorni per manutenzione, tra fine luglio e inizio agosto e quindi siamo rimasti fregati! A essere onesta vederla da Signal Hill ha comunque il suo fascino, ma se salire sulla “montagna piatta” è una vostra priorità, programmate di venire a Cape Town in un altro periodo, a meno che non siate disposti a salirci a piedi (meglio se con una guida esperta) impiegando minimo 5 ore A/R (per me è un NO!). Un’altra opzione è l’adrenalinico lancio in parapendio che parte proprio da Signal Hill, con atterraggio sui verdi prati che costeggiano l’oceano.

Ceniamo nel quartiere di Gardens, in una specie di pub decisamente “giovine” frequentato da locals, finendo per giocare a indovina il film e all’impiccato sulla tovaglia di carta.

Giorno 12

Una giornata quasi primaverile ci premia per una delle escursioni che più aspettavamo, la penisola del capo e la colonia di pinguini!

Muizenberg Beach
La prima sosta è alle super instagrammabili cabine colorate di Muizenberg, anche se la realtà è che purtroppo molti barboni vi dormono - e non solo - dentro. Sull’immensa spiaggia vediamo tanti gruppi di ragazzi/e che fanno riscaldamento per poi tuffarsi nell’oceano col surf; ci siamo immaginati che questa sia l’ora di educazione fisica in Sudafrica, al posto dei nostri pallavolo/calcio! Impressionanti le alghe tubolari giganti, che ricordano come forma una coda di drago, che secondo me non rendono esattamente piacevole e sicuro fare il bagno in queste acque!?

Boulders Beach
Arrivati alla colonia di pinguini di Boulders Beach ci fermiamo a guardare divertiti questi teneri (e puzzoni!) animaletti che camminano ondulando e a volte inciampando per la spiaggia, incuranti dei tanti turisti curiosi che li osservano (molti italiani, presenti in massa a Cape Town).


Pochi pinguini coraggiosi si tuffano nell’oceano e ci sono tanti esemplari che hanno ancora il pelo fuffoloso da cuccioli, adorabili! I pinguini africani sono piuttosto piccoli, raggiungono a malapena 40 cm di altezza, a differenza dei loro cugini dell’Antartico, i pinguini imperatore, che superano anche il metro e 20 (per ora ci mancano!).





Proseguiamo costeggiando la penisola del capo in direzione Cape Point e Capo di Buona speranza, i cui paesaggi ricordano le alte scogliere del nord Europa, con sotto l’oceano decisamente impetuoso sulla costa ovest e molto più pacifico ad est. Passeggiata in salita fino al vecchio faro e foto di rito non possono mancare.

Capo di Buona speranza

Al rientro guidiamo per la tortuosa Chapman’s Peak Drive, una delle strade più panoramiche del Suadafrica (a pagamento), dove ogni curva sembra una cartolina, e ci fermiamo ad ammirare finalmente un bel tramonto sull’oceano! Finiamo la serata in una steak house sulle colline di Camps Bay, The Hussar Grill, consigliato per l’ambiente e la vista.

Giorno 13

Per l’ultima giornata a Cape Town torniamo in centro per visitare il District Six Museum. Le vicende di questo quartiere raccontano la brutalità dello stato di apartheid e di come fu distrutta una comunità una volta orgogliosa, ma è anche una storia di resistenza e rinascita.

Il District Six era un luogo vibrante, colorato, affollato (e sovraffollato), dove viveva prevalentemente gente di colore, ma non solo, in un clima di grande armonia e festa nonostante fosse un quartiere povero e degradato. Nel 1966 però il governo dell'apartheid lo dichiarò “area bianca” ai sensi del Group Areas Act, che vietava la convivenza tra etnie diverse. Le vecchie case furono così rase al suolo, con la “motivazione” che non fossero sicure e salubri, ma in realtà per impossessarsi di un’area strategica vicino al porto e al centro, umiliando le persone di colore costrette a lasciare le proprie case e la propria comunità per essere spostate in periferia. La pressione esercitata dagli abitanti locali e dai governi internazionali impedirono però al governo sudafricano la ricostruzione di nuovi edifici nell'area, che restò deserta per oltre 30 anni. Solo a inizio anni 2000 iniziarono i lavori per la ricostruzione e l'11 febbraio 2004 l'ex presidente Nelson Mandela consegnò le chiavi ai primi ex-residenti. 

A proposito di Mandela, è una figura ovviamente ricorrente ovunque in Sudafrica, a Cape Town anche per la vicinanza con Robben Island, la prigione dove fu detenuto per troppi anni, ma ci è mancato il tempo necessario per approfondire questo aspetto. A distanza di decenni dalla fine dell’apartheid sono comunque ancora fortissime le disuguaglianze tra le fasce di popolazione e a C.T. le contraddizioni sono ancora più evidenti, con ville di lusso e Ferrari ad un angolo e baracche di povera gente che vive sotto cavalcavia pochi metri più in là. Al contrario di quanto fatto a Rio de Janeiro, non abbiamo visitato le town ship, anche se credo che avendo tempo e con una guida preparata sarebbe un’esperienza da fare.


Alla fine del nostro viaggio abbiamo avuto la conferma di qualcosa che già pensavamo: il Sudafrica non è solo Africa, non la più “vera” e selvaggia che ci immaginiamo almeno; è un po’ anche Europa per cultura e radici, e un po’ Stati Uniti per i paesaggi e gli spazi immensi, e questo personalmente è stato un aspetto positivo, trattandosi anche del primo viaggio in questo continente.


Il ricordo che ci portiamo è comunque legato alla forza e bellezza della natura: animali meravigliosi, alcuni feroci altri teneri, alcuni possenti altri indifesi, canyon ricoperti da distese di boschi, oceani impetuosi che lambiscono spiagge deserte. E magari torneremo per esplorare altri luoghi e aspetti di questo paese, che certamente ha ancora tante emozioni da regalarci!

Quindi...A presto "nostre" adorate giraffe!!!






sabato 15 aprile 2023

Giordania delle Meraviglie


Ci sono quei viaggi che sogni da sempre, ma per i quali, per un motivo o per un altro, sembra non arrivare mail il momento giusto…ecco, per me la Giordania era uno di questi! L’avevamo “sfiorata” a fine 2019, per poi preferire all’ultimo una rilassante vacanza sul mar Rosso, tanto nel 2020 ci sarebbe stato modo di andarci...poi il covid e lo stop forzato per tutti.

Così a gennaio scorso, in piena crisi da ferie estive lontane anni luce, abbiamo deciso di farci un regalone e abbiamo fissato il volo per Amman per fine marzo! Inutile dire a chi ama i viaggi come me quanto questo mi abbia dato nuova energia e uno scopo per i 2 mesi seguenti!

Questa volta si è aggiunta anche una coppia di amici, che hanno condiviso con noi questo viaggio super emozionante, di quelli che porti nel cuore, perché nessuna foto o documentario che hai visto può prepararti al momento in cui, alla fine del Siq, all’improvviso, intravedi il Tesoro di Petra davanti ai tuoi occhi! E solo dal vivo puoi apprezzare i colori del deserto che cambiano in continuazione in base alla luce…rosa, arancione, beige, oro, rosso…magia pura! 

Questo il nostro itinerario programmato, anche se mezza giornata di pioggia a Petra ci ha fatto rivedere i piani per goderci a pieno questa meraviglia, dovendo così rinunciare a visitare il sito romano di Jerash:

Giorno 1 – 100km 1,5 ore

Volo ore 6.30 da Bologna, arrivo ad Amman ore 12 circa (volo 3h40, orario +2 ore su Italia). Ritiro auto e partenza verso il Mar Morto per pomeriggio relax e bagno.

 

Giorno 2 – 250 km 4,5 ore

Costeggiamo il mar morto, Strada dei Re verso sud, passando per il castello di Kerak, eventuale sosta riserva di Dana, pomeriggio Piccola Petra e arrivo a Petra in serata.

 

Giorno 3 – PETRA

Vista a Petra da alba a tramonto!

  

Giorno 4 – Petra - Wadi Rum 120 km 2 ore

La mattina presto eventuale ulteriore escursione a Petra.

Partenza per Wadi Rum, pomeriggio escursione in jeep di 4 ore per vedere tramonto nel deserto (h 15-19).


Giorno 5 - Wadi Rum – Amman 350km 5 ore

Mattina escursione all’alba 1h in cammello.

Partenza per Amman, sosta a Madaba (4 ore dal Wadi Rum), nota come "la città mosaico", e Monte Nebo 

Giorno 6 Amman – Jerash – Amman 50km 1 ora (x2)

Mattina visita Jerash, poi rientro pomeriggio per visita Amman e perderci tra le stradine del suq. 


Giorno 7 Amman – Bologna

Mattina per visitare Amman e ultimo shopping. Volo ore 15.30

 

Facendo 2 conti alla fine il costo per 7 giorni/6 notti è stato di circa 800  euro a testa (tutto-tutto compreso), di cui:

150€ volo A/R Ryanair Bologna-Amman (con 1 bagaglio da cabina in 2 + 1 zainetto a testa)

280€ auto per tutto il periodo Avis (fissata con booking), Toyota corolla hybrid, con 2 guidatori (per noleggiarla per i turisti non serve la patente internazionale)

Hotel in media 3 stelle sui 50€ a camera doppia  a notte

Cene dai 10 ai 20 jod (cambio attuale 1 jod = 1,33€)

Jordan Pass explorer 75 jod (con 2 ingressi a Petra, scelta azzeccata, la differenza sono solo 5 jod), che comprende anche il visto di ingresso (che da solo costa 40 jod). Da fare prima di arrivare on line.

 

Arriviamo all’aeroporto di Amman, ca. 40 minuti a sud della capitale, intorno alle 12.30 e la coda per il controllo passaporti, nonostante il JP, non scorre molto veloce. Ritiriamo l’auto e finalmente partiamo in direzione Mar Morto, con sosta obbligata benzina perché qui tutte le compagnie prevedono politica carburante stesso livello e ti danno l’auto quasi a secco (costo uguale ovunque 0,945 jod per benzina 90).

Dopo un abbondante pranzo a buffet all’Holiday Inn Dead Sea (15 jod), dove alloggiano in nostri amici, percorriamo altri 25 km per raggiungere il nostro eco-chalet all’ingresso della riserva della biosfera del Wadi Mujib. Il Mujib chalet ha 6  o 7 chalet in tutto, affacciati su una spettacolare insenatura del mar morto, a sud appunto dei resort che sono tutti allineati nella parte inziale della costa. Lo abbiamo scelto proprio per questo e l’esperienza, semplice ma molto naturale e caratteristica, non ci ha certo deluso. Ancora più bello se il vicino parco, con il suo famoso canyon, fosse stato aperto, ma sapevamo che per ragioni metereologiche il periodo apertura è aprile/ottobre. Da dire che anche questa soluzione non è esattamente low cost rispetto alla media hotel giordani, notte + cena abbiamo speso 150€ in 2 (ma in resort sarebbe stato quasi il doppio).

Mar Morto
Il clima è perfetto, sui 22 gradi e la sensazione di galleggiare nell’acqua iper salata è veramente strana e divertente. Non ci facciamo scappare l’occasione di fare foto assurde mentre sfogliamo la settimana enigmistica dolcemente cullati dal sale che ci tiene a galla senza il minimo sforzo! Consigli utili: non immergetevi con la testa e non fatevi tentare dall’assaggiare l’acqua!

il Mar Morto è la depressione più profonda della terra con i suoi 430 metri sotto il livello del mare e le formazioni di cristalli di sale che si formano lungo la riva sono davvero spettacolari, come i colori del tramonto che si riflette in questo specchio d’acqua a metà tra mare e lago. Purtroppo il cambiamento climatico e l’eccessivo sfruttamento di questo bacino stanno accelerando il suo inesorabile abbassamento e a questo ritmo tra massimo 50 anni non ci sarà più acqua e il mare sarà morto per davvero.

Dopo cena crolliamo presto, sia per la pace assoluta che si respira in questo luogo che perché è dalle 2 del mattino che siamo in piedi e il giorno dopo ci aspettano diversi km da percorrere.

Mar morto -  costa sud
La mattina iniziamo il vero on the road: costeggiamo la parte sud del mar morto, con altri punti panoramici suggestivi, per poi raggiungere la famosa Strada dei Re, che collega Amman ad Aqaba, tra curve che si arrampicano per sentieri desertici. Il meteo non ci assiste, inizia a piovere, ma per fortuna smette al nostro arrivo al castello di Kerak, anche se dell’inespugnabile castello del XII secolo restano poco più delle mura, che fanno comunque intuire la maestosità di un tempo.

Dopo la visita, che non possiamo definire esattamente entusiasmante, cerchiamo senza successo qualche negozietto carino, per poi ripiegare su un più soddisfacente succo di melograno spremuto sul momento, molto gettonato da queste parti. 

Riserva di Dana
È ancora presto per il pranzo e decidiamo di proseguire, per poi fermarci in un paesino lungo la strada dove scorgiamo per caso un posto che sforna deliziose pite calde, consegnate attraverso una caratteristica finestrella a grate. Il posto è davvero gettonatissimo, con tanti locali in coda, ma la cosa strana è che ci sono solo uomini. In effetti durante il nostro viaggio abbiamo notato che in giro ci sono pochissime donne, e ancora meno quelle che lavorano in negozi, ristoranti e altre attività. In questa occasione siamo anche stati “criticati” perchè stavamo mangiando per strada, in quanto era in corso il mese di Ramadam. Durante questo periodo la religione musulmana impone di non mangiare né bere dall’alba al tramonto; il divieto non vale per turisti o praticanti di altre religioni, ma non si dovrebbe comunque mangiare in pubblico davanti a chi partica il digiuno.

Nel pomeriggio arriviamo nella riserva di Dana, un luogo a metà tra i paesaggi delle nostre Alpi e i parchi naturali dello Utah. La riserva è il paradiso degli escursionisti, con tanti percorsi per il trekking, ma per goderne a pieno sarebbe opportuno passare un paio di giorni nelle vicinanze e noi siamo solo di passaggio. Ci limitiamo quindi ad ammirare il panorama e il paesino storico di Dana, che sembra essere rimasto sospeso fuori dal tempo. Molte abitazioni sono semi diroccate, ma alcune ospitano strutture ricettive dove sarebbe bello passare almeno una notte.  

Piccola Petra
Ultima tappa della giornata: Piccola Petra. Arriviamo sul tardi, con un cielo che minaccia pioggia, e un gran via vai di addetti ai lavori che smontano e trasportano quello che poi scopriremo essere l’allestimento per un super party extra lusso che ha avuto luogo proprio qui il giorno precedente. Per la serie “cosa fai per il tuo compleanno?…pensavo di affittare Piccola Petra in Giordania per una festa!?!”.

Questo luogo merita di essere visto, ma decisamente prima di Petra, perché dopo non reggerebbe il confronto con la più spettacolare e famosa “sorella maggiore”. Vista a sé è comunque affascinante, con edifici ricavati nella pietra e un mini-siq per arrivarci. Volendo da qui parte anche uno dei percorsi che porta al Monastero di Petra, fattibile anche in jeep 4x4 con circa 1 ora di cammino a seguire, o con un’escursione a cavallo.

Piccola Petra

Facciamo appena in tempo a raggiungere il nostro Nomads Hotel, posto su una collina a Wadi Musa (la cittadina, non esattamente bella ma funzionale, che è sorta per accogliere i turisti che arrivano per visitare Petra), che inizia a piovere. Abbiamo scelto questo hotel per il buon rapporto qualità prezzo e la bella terrazza, dove già ci vedevamo rilassarci dopo una lunga giornata a scarpinare su e giù per Petra, ma purtroppo capiamo subito che non la sfrutteremo come avremmo voluto, dato che le previsioni danno brutto anche il giorno successivo.


Il Siq

E infatti la mattina seguente ci troviamo a dover riprogrammare il nostro itinerario, per avere la possibilità di visitare la meravigliosa città rosa con il tempo e il meteo che merita. In fondo i programmi sono fatti per non essere rispettati e la flessibilità in viaggio non deve mai mancare! Con un ottimo lavoro di squadra riusciamo a scambiare una delle 2 notti finali già fissate ad Amman con una notte in più nel deserto del Wadi Rum, cosa che ci permetterà di dedicare anche la giornata di domani (quando le previsioni mettono sole pieno) alla scoperta di Petra. La mattina passa sotto una pioggerellina uggiosa per le strade di Wadi Musa alla ricerca di qualche souvenir, la visita al museo di Petra (gratuito) e un pranzo nel lounge bar dell’hotel a base di pita.

Il Tesoro

Verso le 14 il cielo sembra aprirsi e decidiamo di non rimandare oltre il nostro incontro con il Tesoro, dato che il Jordan Pass explorer prevede 2 ingressi al sito di Petra. Il meteo ha scoraggiato diversi turisti e il percorso dal centro visitatori al Siq (percorribile anche a cavallo), non certo affollato, scorre con una crescente emozione. il canyon che conduce al Tesoro è esso stesso un luogo entusiasmante, tra giochi di luce e sprazzi di cielo azzurro a sovrastare le alte rocce rosse che lo costeggiano, anche perchè non è facile capire a che punto si è e se dietro la prossima curva del Siq apparirà finalmente una delle 7 meraviglie del mondo. All’improvviso eccolo, il Tesoro appare in tutta la sua magia, e lo stupore è intatto nonostante tu lo abbia visto in decine di documentari e foto, perchè niente può prepararti davvero a quel momento e le emozioni vanno vissute per capirle veramente!


Nemmeno la presenza di tanti turisti e beduini che ti offrono di tutto (foto con cammello, arrampicate improbabili a punti panoramici, passaggi in golf car o su poveri asinelli, palle di natale ammaccate...) può diminuire la magia di questo luogo. I colori cambiano ogni volta che lo guardi, in base alla luce e al momento della giornata, spaziando dal rosa all’arancione, dal rosso  all’oro.

Ma fermarsi al solo Tesoro, per quanto iconico e meraviglioso, sarebbe un errore, perchè Petra è anche molto altro: una scoperta continua tra colori, natura e storia, da conquistarsi (non senza fatica) metro dopo metro, scalino dopo scalino…in senso letterale, perchè il giorno seguente per arrivare al Monastero saranno ben 900!

Tomba della seta
Noi per oggi continuiamo la nostra visita salendo nella zona delle tombe reali, lungo la strada delle Facciate, dove è visibile anche il maestoso anfiteatro. Impossibile non restare senza fiato ammirando i vortici di colori che la pietra è in grado di creare dentro queste caverne scavate nella roccia, dove i Nabatei nei secoli hanno stabilito la propria  casa e costruito templi e tombe dalla bellezza eterna. Oggi alcune di queste sono ancora abitate, e altre adibite a stalle per caprette, cammelli, asini, che sono un pò ovunque in giro.
il capitolo animali purtroppo è l'unica nota dolente di Petra (e non solo): oltra a cavalli, cammelli, asinelli sfruttati per trasportare i turisti anche lungo la ripida salita al monastero e non tenuti esattamente bene, ci sono anche tantissimi cani randagi, cosa che strappa il cuore.

Tombe Reali

Tornando indietro la stanchezza si fa sentire e concludiamo la giornata concedendoci un ammam rilassante con scrub e massaggio defaticante (decisamente energico, forse anche troppo!) presso il Petra Turkish Bath per 25 jod. Per la cena invece un posto caratteristico è il Cave bar, proprio accanto al centro visitatori, la cui peculiarità è di essere ricavato all’interno di una vera e propria tomba nabatea.


La mattina seguente la sveglia è alle 6.15, per arrivare al sito prima dei gruppi organizzati e crociere, cosa che ci permette nuovamente di apprezzare il Siq e il Tesoro senza folla. Ma il nostro obiettivo oggi è il Monastero, raggiungibile in circa 2 ore dal cento visitatori. Dopo aver ammirato nuovamente il Tesoro (impossibile non fermarsi!) e costeggiato la strada delle facciate e quella delle colonne, proseguiamo quindi  per la strada che si arrampica sulla montagna, che da sola vale la fatica grazie ai panorami spettacolari che si ammirano ad ogni angolo.


Il Monastero
Il Monastero, di poco più alto del Tesoro (47 metri, contro 40), ci accoglie in tutta la sua grandiosità, e gli innumerevoli scaloni scavati nella roccia fatti (non senza difficoltà) per arrivare fino a qui ci danno un senso di “conquista” decisamente appagante. Ci premiamo con un rigenerante succo di melograno vista meraviglia, per poi fare foto da ogni angolazione. La discesa, almeno per me, è stata peggio della salita, tra ginocchi messi a dura prova e qualche punto sdrucciolevole, ma verso le 12,30 siamo nuovamente alla strada delle facciate per un fugace pranzo.


Scorcio del Monastero
Lasciamo Petra verso le 15, con un ricordo meraviglioso nel cuore e i suoi colori per sempre impressi negli occhi.

Ma ci attende una nuova meta: destinazione Wadi Rum, a circa 2 ore di auto, dove grazie ad una serie di fortunate coincidenze abbiamo in programma un’esperienza davvero speciale, dormire un una bubble nel deserto!


Il nostro nuovo amico Mohamed ci aspetta al cento visitatori, per scortarci con la jeep in un punto davvero suggestivo ai confini del Wadi Rum dove passeremo la notte. La struttura (Moon Night camp)  gestisce sia un accampamento di tende più “basico” ma molto carino, che un nuovissimo accampamento luxury di sole 5 bubble a 10 minuti di macchina (rigorosamente su strade di sabbia), e noi faremo entrambe le esperienze nelle 2 notti di permanenza.

Bubbles nel deserto
Ci godiamo un tramonto spettacolare, la cena a base di pollo e riso cucinati sotto la sabbia con a seguire un po’ di relax davanti al caminetto con dell’ottimo tè e danze, prima di ammirare le stelle dalla vetrata della nostra bolla…che spettacolo!

La mattina l’idea sarebbe di alzarci con calma, visto che ci aspetta una cammellata nel deserto verso le 9, ma il desiderio di vedere anche la prima alba nel deserto ci fa svegliare prima delle 6..per poi tornare un po’ a dormire eh!


Wadi Rum

L’esperienza del cammello, per quanto il paesaggio desertico sia suggestivo, non si rivela niente di speciale, con i poveri animali legati tra loro per stare vicini e la comunicazione con il cammelliere alquanto difficile (dato che non parla mezza parola di nessuna lingua delle 4  da noi conosciute). 

Mohamed ci accompagna poi al nostro nuovo campo, dove ci godiamo un po’ di relax fino all’escursione in jeep di 4 ore con partenza alle 15.
Noi abbiamo fatto le escursioni direttamente con il campo dove alloggiavamo, scelta comoda considerando che abbiamo visto i giri sono sempre gli stessi, con numerose jeep  che si fermano nei soliti posti.
Alcune soste sono davvero interessanti, come la sorgente di Lawrence e l'arco naturale, su cui i più avventurosi che non soffrono di vertigini possono arrampicarsi (per me grazie, ma no grazie!); altri abbastanza tralasciabili (roccia a fungo, casa di Lawrence). 


Arco Naturale
L’esperienza in jeep, nonostante il vento che si prende (per non parlare del rischio insolazione che immagino d'estate) è assolutamente da fare per i panorami che si ammirano lungo il percorso, dove il deserto rosso incontra la sabbia dorata.
Ci godiamo un altro tramonto mozzafiato da rocce panoramiche, per poi correre al campo a cenare perchè dopo il calare del sole si può mangiare e Mohamed ha decisamente fame! 
La serata trascorre tranquilla, tra un the caldo intorno al fuoco e la contrattazione con Mohamed per fare i conti del nostro soggiorno, che alla fine saldiamo un po’ in euro e un po’ in jod con soddisfazione di tutti.
La notte in tenda si rivela abbastanza fredda (ma ci avevano avvertito!) e la coperta in più in dotazione (anche se non esattamente pulita..) non fa certo scomodo.



Wadi Rum
Il giorno seguente ci mettiamo in marcia verso Amman, con circa 5 ore di auto da percorrere, provando anche l'emozione di fare qualche km sulla sabbia con la nostra Toyota (con tanto di brivido di rimanere impantanati). 
In generale le strade in Giordania sono ben tenute e tutte gratuite, anche la Desert highway che stavolta preferiamo alla più panoramica Kings highway,  in quanto più veloce e diretta.  Bisogna però fare molta attenzione ai dossi,  disseminati a caso e non segnalati in alcun modo lungo le strade, con il rischio di rimetterci la macchina.
Per pranzo arriviamo a Madaba, cittadina a sud di Amman famosa per i meravigliosi mosaici romani qui conservati.

Scopriamo per caso un ristorante davvero caratteristico in una corte interna con fiori e azulejos,  che si rivela poi essere consigliato anche dalla lonely planet (Haret Jdoudna): felafel e altre specialità buone e abbondanti per un prezzo più che equo (28 jod in 4).

A pancia piena possiamo dedicarci ai famosi mosaici, da quello che rappresenta la prima carta geografica della terra promessa conservato nella chiesa di S. Gregorio, ai bellissimi mosaici nel parco archeologico I e II. Qui il custode ci fa gentilmente strada fino all’albero della vita, spruzzando i mosaici con dell’acqua per renderli ancora più brillanti.

Madaba -  Albero della Vita
Arriviamo ad Amman verso le 18, dove abbiamo prenotato un altro Nomads hotel, meno carino di quello di Petra ma in posizione centrale proprio dietro Rainbow street e con parcheggio facile e gratuito nelle vicinanze. Complice anche un clima piuttosto freddo e ventoso, la sera cerchiamo proprio in questa strada un posto per la cena, imbattendoci in un locale piuttosto famoso e tipico (Sufra) che però per il ramadam prevede solo un menù fisso a 35 jod, interessante ma un po’ troppo per il nostro budget. Risultato: con quella cifra finiamo per cenare in 4 in un posto vicino e poi a nanna.



La Cittadella


L’ultima mattina in Giordania raggiungiamo la Cittadella con un uber per soli 3 jod (Amman è costruita su diversi colli, e anche se le distanze sembrano brevi bisogna pensare che ci sarà sempre una salita da fare), per poi scendere attraverso le scalinate fino al teatro romano e a downtown per la caccia ai regali. Ci facciamo prendere un po’ la mano e stipiamo nel già pieno bagaglio a mano pashmine, fanghi del mar morto, calamite, frutta secca, palle di natale (dato che a Petra ci hanno fregato con una palla ammaccata!).


Il Teatro romano
Il volo di ritorno per fortuna è puntuale e alle 19 siamo a Bologna (Giordania fuso +2h rispetto a noi nel periodo ora solare, +1h quando da noi c’è l’ora legale, che loro non hanno), stanchi ma estremamente soddisfatti di questo meraviglioso viaggio, pieno di esperienze ed emozioni che difficilmente scorderemo, e con una rinnovata certezza…viaggiare in questi anni ci è mancato decisamente troppo!!!