sabato 2 marzo 2024

Viaggio alla fine del Mondo tra Argentina e Cile

 


Esistono viaggi che fanno parte da sempre dell’immaginario collettivo…e la Patagonia rientra senz’altro di diritto tra questi!

Sarà per i paesaggi sconfinati disegnati da una natura possente, tra ghiacciai millenari (Perito Moreno tra tutti), vette iconiche (Fitz Roy e Torres del Piane in primis) e vento così forte che ti sposta (sotto gli 80km/h è una leggera brezza laggiù!).

O forse perché rappresenta l’ultima frontiera (Ushuaia si definisce con orgoglio la città più a sud del mondo, anche se i cileni hanno qualcosa da ridire in proposito!) e punto di partenza per esplorare l’Antartide (crociere last minuto a prezzi economici, “solo” 5.000$ a testa per 10 giorni).

Sicuramente anche per la sua conformazione geografica, che la rende difficile da raggiungere e divisa tra migliaia di isole contese tra Argentina e Cile (e pure UK!); e come dimenticare i suoi simpatici “abitanti”, pinguini e guanachi in testa!

Per noi questo viaggio è stato un ”regalo” che ci siamo fatti, incastrando i vari impegni per partire nel periodo dell’anno che per la destinazione rappresenta il migliore (metà gennaio), piena alta stagione perché è la loro estate, anche se un’estate un po’ diversa da quelle a cui siamo abituati, che va dai 30 gradi di Buenos Aires ai 10 di Ushuaia….perché l’Argentina da nord a sud è lunga quasi 3700km! Ed è anche parecchio lontana, circa 14 ore di volo diretto da Roma a Buenos Aires, uno dei più lunghi senza scalo.

 

Un po’ di dati pratici:

Costo totale per 2 settimane: ca. 2500 € testa, volo compreso. La voce principale di costo, oltre al volo, sono le escursioni, che avendo prezzi “turistici” non risentono molto della svalutazione che è in corso da mesi sul pesos argentino. Per il resto la vita costa molto meno che in Italia, dai ristoranti, agli hotel, ai trasporti. Discorso diverso in Cile, che è abbastanza caro, anche se non per gli standard europei.

Voli: 1055 € a testa intercontinentale A/R diretto Roma-Buenos Aires + 2 voli interni (B.A.-Ushuaia + El Calafate-B.A), comprati circa 2 mesi prima su sito Aerolineas Argentinas, come multi tratta (si risparmia non poco).

Sistemazioni: hotel/ostelli con bagno privato a B.A fissati su Booking, Airbnb negli altri posti (appartamenti o camere in BB). Costo medio 50€ a notte camera doppia, a volte con colazione.

Spostamenti interni: il centro di Buenos Aires si gira bene a piedi, ma anche la metro ed Uber sono diffusi e molto economici. Biglietto metro 100 ARS (ad oggi meno di 0,10€) da caricare su una tessera magnetica (utilizzabile anche in più perone) che costa 800 ARS; Uber presente ovunque, solo ad El Calafate non l’abbiamo trovato. 

Per risalire da Ushuaia fino a El Calafate abbiamo preso 3 bus, fissati in anticipo sul sito Recorrido.com, intermediario cileno che copre praticamente tutte le tratte in Patagonia con bus comodi di diverse compagnie (esistono sia cama che seme-cama, in base a quanto è reclinabile e ampio il sedile), la più diffusa è Bus Sur. Il viaggio più lungo, 10 ore, è stato quello da Ushuaia a Ponta Arenas (Cile), 60€ a testa, con frontiera tra Argentina e Cile e passaggio dello stretto di Magellano su una chiatta. Ci hanno dato anche il pranzo (tramezzino-barretta-acqua), rigorosamente dopo la frontiera perchè è vietato portare alimenti “freschi” o frutta/verdura da altri paesi, e fanno controlli abbastanza attenti in merito (con tanto di autodichiarazione).

 

Itinerario

Giorno 1: treno Firenze/Roma Fiumicino + Volo Aerolineas Argentinas ore 18

Giorno 2: arrivo ore 4.40 Buenos Aires aeroporto internazionale EZE (fuso -4 h su Italia)

Buenos Aires - Visita del microcentro con Free Walking tour, Boca

Giorno 3: Buenos Aires - Mercato San Telmo, Recoleta, Retiro

Giorno 4: Mattina zona nuova Porto Madero; Volo Buenos Aires (aeroporto nazionale AEP)/Ushuaia

Giorno 5: Ushuaia - Mattina trekking Ghiacciaio san Martin; Pomeriggio escursione in barca su canale Beagle (Patagonia Adventure Explorer)

Giorno 6: Ushuaia - Escursione full day Parco Terra del fuoco (bus+trekking con Tempo Libre). 

 Giorno 7: Trasferimento in bus Ushuaia/Punta Arenas (partenza ore 8, durata 11 ore)

 Giorno 8: Punta Arenas/Puerto Natales

Mattina: escursione Isla Magdalena e Marta Monumento Nationale Pinguini (ore 6.30 con Solo Expediciones); ore 15 bus per Puerto Natales (durata 3 ore)

Giorno 9: escursione Full Day Torres del Paine ore 07:00 (operatore Patagonia Planet) + grotta Milodon

Giorno 10: Trasferimento Puerto Natales/El Calafate in bus (partenza ore 8, durata 7 ore ca.) 

Giorno 11: Escursione Lago Argentino ghiacciai full day (partenza ore 7.30 con Ryan’s Travel)

Giorno 12: Escursione full day Perito Moreno con Mini-trekking su ghiacciaio e visita passerelle (Hielo & Adventura)

Giorno 13: Escursione El Chalten in giornata (bus Marga Taqsa) – trekking fino Laguna Capri

Giorno 14: Mattina libera, ore 14 volo El Calafate/Buenos Aires (3 ore)

Giorno 15: Buenos Aires – Palermo, giardino botanico, barrio norte libreria El Ateneo

Volo ore 22 Buenos Aires (EZE)/Roma Fiumicino, arrivo il giorno seguente alle ore 16

  


Plaza de Mayo
Arriviamo a Buenos Aires puntuali per vedere la nostra prima alba dall’altra parte del mondo; ad aspettarci c’è l’autista fissato con booking (18€), che in circa mezz’ora ci porta al Puerto Limon Hostel,  nel cuore del quartiere di San Telmo, dove per strada è ancora pieno di ragazzi che hanno fatto serata (beata gioventù!). Prendiamo possesso della camera, per fortuna già disponibile, giusto il tempo di organizzarci ed usciamo alla scoperta della città.

Casa Rosada
Il meteo è perfetto, sole ma ventilato, e decidiamo di incamminarci per le viuzze acciottolate del quartiere fino a Plaza de Mayo (che si legge “macio”), il vero cuore politico della città, con il suo simbolo per eccellenza: la Casa Rosada, residenza del presidente argentino e sede del potere esecutivo del paese, con la facciata dal caratteristico colore rosa. Alle 7.30 di mattina la piazza è praticamente deserta, ma è qui che si radunano (spesso) i manifestanti e ogni giovedì le madri dei tristemente famosi “desaparecidos” per continuare a ricordare e chiedere giustizia.

Si stima infatti che, tra il 1976 e il 1983, in Argentina sotto il regime della Giunta militare, siano scomparsi 30.000 dissidenti politici o anche solo sospettati tali, dei quali si persero le tracce (desaparecidos appunto, letteralmente "scomparsi"), probabilmente gettati a morire nel mare de Plata.

La Cattedrale
Sull’immensa piazza si affacciano altri edifici storici, tra cui: il palazzo in stile coloniale che ospita il museo del Cabildo e della rivoluzione di maggio (il Cabildo fu la prima sede del governo e il luogo da cui ebbe inizio la battaglia per l’indipendenza dalla Spagna), la cattedrale (in stile neoclassico con 12 colonne che reggono il frontone, dove è collocato un bassorilievo, in contrasto con l'interno, che è di una tipica chiesa coloniale spagnola) e la Piramide de Mayo (alta 18 metri, in ricordo dei rivoluzionari grazie ai quali l'Argentina ottenne l'indipendenza).

Nel corso della giornata è possibile assistere ad esibizioni di tango in mezzo alla piazza.

Cabildo
Continuiamo verso nord fino a Calle Florida, dove tutti ci hanno consigliato di cambiare euro in pesos in un modo non propriamente “tradizionale”. In effetti non facciamo in tempo ad arrivare che ad ogni angolo ci sono persone che dicono “cambio, cambio!”...siamo un po’ dubbiosi, ma proviamo a chiedere e, a fronte del cambio ufficiale di 893 e un cambio all’ufficio exchange di 960, ci viene proposto 1250, che contrattiamo a 1300. Il gentile signore ci dice di seguirlo nel suo “ufficio”, ovvero una porticina che affaccia su un centro commerciale piuttosto buio e deserto…per un attimo temiamo il peggio, ma in realtà ci consegna per i nostri 100€ esattamente 130.000 ARS, che in pezzi da 500 sono un malloppo non indifferente. Questo ci fa capire quanto sia forte in questa situazione di inflazione e svalutazione galoppante la valuta estera, euro e usd su tutti. Testiamo subito la bontà dei pesos, facendo un’abbondante colazione in zona…li accettano, siamo a posto! In realtà poi pagheremo quasi tutto con la carta credito/prepagata, che applica comunque un buon cambio (circa 1200).

Plaza del Congreso
Alle 10 inizia il free walking tour del centro della durata di 3 ore, che abbiamo prenotato on line su guruwalk. Incontriamo la nostra guida Rodrigo, un ragazzo argentino che parla molto bene inglese ed ha vissuto diversi anni in Europa, davanti al palazzo dei congressi, dove ha sede il Parlamento argentino. Al tour partecipano circa 20 persone di tutte le età, ed è un modo per avere un punto di vista da insider sulla città, ma anche sulla cultura e storia del paese in generale, e funziona con le mance dei partecipanti. Rodrigo si rivela una guida preparata e professionale, che ama la sua terra e le sue radici, ma senza nasconderne le problematiche che la attraversano. Tra le cose interessanti che ci ha raccontato ci sono delle curiosità che difficilmente avremmo trovato in una guida.

Ad esempio, che a Buenos Aires ci sono molti più cani che bambini sotto i dieci anni, e non fatichiamo a crederlo data la grande quantità di quattro zampe che abbiamo visto a passeggio nei vari parchi e piazze della città.

Un altro record è il numero di psicologi per abitanti che pare essere molto elevato, con oltre il 60% delle persone che vi si rivolge. Una delle principali ragioni pare essere la grande instabilità economica, e quindi sociale, che da diversi decenni ha investito il paese. Riguardo a questo Rodrigo ci "tranquillizza" che l'attuale inflazione del 200% non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella massima raggiunta negli anni ‘90, quando era arrivata al 5000%. La storia dell'argentina ci viene raccontata come un continuo alternarsi di grande prosperità e profonde crisi, che spesso si sono succedute a ritmi molto rapidi, anche e soprattutto per colpa di politici non lungimiranti e della diffusa corruzione.

Un'altra caratteristica è rappresentata dalle variegate influenze che questo paese ha subito nel corso dei secoli. Troviamo, chiaramente, una forte impronta spagnola fin dai tempi dei primi conquistadores dal 1500 in poi, ma sono presenti anche contaminazioni francesi per quanto riguarda l'architettura (tanto che Buenos Aires viene definita “la Parigi del Sud America”) e inglesi, con cui del 1800 l'Argentina ha barattato infrastrutture in cambio di beni alimentari (di cui rimane uno dei principali esportatori mondiali). Per dirne una, la metro va ancora a sinistra e fino a pochi decenni fa anche la guida delle auto era all’inglese!

L'Argentina è da sempre un paese di immigrati, e gli italiani ne rappresentano la maggioranza, tanto che oltre il 60% della popolazione ha almeno un parente italiano, nemmeno troppo alla lontana! Nei secoli anche immigrati nel nord Europa si sono trasferiti da questa parte dell'oceano, portando le proprie tradizioni e scegliendo i luoghi che più si adattavano alle loro origini (ad esempio esiste una ricca colonia di gallesi proprio in Patagonia).

Questi continui arrivi hanno portato ad una crescita esponenziale della capitale, in modo non proprio ordinato ed omogeneo; infatti, basta affacciarsi per le strade del centro (di cui molte ricordano i viali parigini) per vedere edifici di diverse altezze e stili...ma soprattutto un numero impressionante di cupole! Le più potenti famiglie argentine, infatti, ostentavano la propria ricchezza costruendo almeno una cupola e la città ne è ancora piena. Rodrigo ci dice che Buenos Aires è stata definita come "la capitale di un grande impero, che però non è mai esistito".

Da piazza del congresso ci spostiamo in Avenida de Mayo, dove ammiriamo Palacio Barolo, progettato dall'architetto italiano Mario Palanti negli anni '20 ispirandosi alla Divina Commedia di Dante. Già dalla facciata si vede che l'edificio è suddiviso in 3 parti, che rappresentano, partendo dal basso, inferno purgatorio e paradiso, e all'interno ogni simbolo riporta ai cantici del famoso poema. Fino al 1935 è stato l'edificio più alto della città e del Sudamerica e nella parte più alta è presente un ristorante con terrazza, che dicono abbia una bellissima vista (purtroppo non siamo andati a verificare), mentre il resto è oggi adibito ad uffici di prestigio.

Riguardo agli effetti della svalutazione sul mercato immobiliare Rodrigo ci lascia senza parole dicendo che ad oggi con 250.000 USD ormai si compra un superattico in pieno centro, mentre se ci si “accontenta“ di un bilocale nel quartiere di Palermo, potrebbe essere nostro con 25.000 dollari. Praticamente meno di un garage a Firenze!?

Questo, di contro, porta gli argentini a vivere "al di sopra" delle proprie possibilità, poiché risparmiare non ha molto senso se quella cifra tra un mese varrà la metà di oggi. Forse è anche per questo che locali e ristoranti, disseminati in gran quantità in ogni dove, sono in effetti pieni nonostante la crisi generalizzata.
Ci dirigiamo verso la trafficata Avenida 9 luglio, dove svetta l'obelisco di oltre 60 metri, costruito per festeggiare il quarto centenario della fondazione della città (1936).  Qui si riuniscono gli abitanti per festeggiare i principali eventi, come in occasione degli ultimi mondiali vinti nel 2022, per i quali una folla oceanica si è riversata sul viale per giorni. Il 9 luglio è la data della dichiarazione d'indipendenza dell'Argentina, che nel 1816 pose fine alla dominazione spagnola. Su questo viale troviamo uno dei tanti omaggi ad Evita Peron, il cui profilo stilizzato domina la facciata di un palazzo, che di notte viene illuminato.

La presenza di Evita è davvero ovunque a Buenos Aires, nonostante siano passati oltre 70 anni dalla sua scomparsa. La sua tomba a Recoleta è meta di pellegrinaggio, un museo espone la sua storia e i suoi vestiti più iconici, opere e murales a lei dedicate tappezzano la città. La sua vita, troppo breve (morì a soli 33 anni), resta un simbolo di empowerment femminile, forza e fragilità, riscatto personale e giustizia sociale. Una delle sue principali battaglie fu quella che portò al riconoscimento dell'uguaglianza dei diritti politici e civili tra uomini e donne nel 1947.

A pochi passi da qui, in Plaza Lavalle, c’è il maestoso Teatro Colon, riconosciuto tra i primi 10 teatri lirici al mondo (addirittura tra i primi 5 per acustica), che può accogliere fino a 4000 spettatori. La sua costruzione, iniziata nel 1889, ha richiesto 20 anni e 3 architetti (tra cui l’italiano Tamburini), e dopo il recente restauro è possibile visitarlo partecipando ad una visita guidata.

Teatro Colon
Il tour si conclude in plaza de Mayo e per pranzo torniamo in zona S.Telmo a gustarci le nostre prime buonissime empanadas a El Gauchito, locale minuscolo con tavoli messi "a richiesta" sul marciapiede. Rientrando in hotel ci fermiamo a Casa Ezeiza, un’antica casa familiare in stile italiano, con una grande corte interna con pavimento a scacchi bianchi e neri, che ospita locali e negozietti colorati a 2 passi da plaza Dorrego a S.Telmo. Anche questa piazza è sempre molto viva, con artisti di strada, ballerini di tango e chioschi che servono birra in gran quantità.

La Bonbonera
Dopo un po’ di riposo ci spostiamo in Uber alla Boca, il quartiere popolare a sud del centro, famoso per lo stadio del Boca Jr (la Bombonera, completamnete dipinto di blu e giallo, i colori della squadra) e per le case di lamiera colorare. In origine furono i marinai genovesi a colorare le loro case di varie tonalità in base ai colori avanzati dai cantieri navali, oggi è un luogo super turistico che ha perso la sua autenticità ma resta sicuramente da visitare, pieno di gente, locali e musica.


El Caminito

Immancabile la foto a El Caminito, da cui si affacciano personaggi di carta pesta di Messi, Maradona, Papa Francesco, Evita e Diego Peron. La Lonely Planet sconsiglia di frequentare questa zona di notte e di avventurarsi nella parte est verso il fiume.


Atis Bar
Ceniamo a S.Telmo all'Atis Bar, un locale ricavato nel chiostro/giardino di un ex convento; la fila per entrare è ripagata da un luogo davvero speciale! Ordiniamo la nostra prima milanesa-napoletana, una “specialità” argentina che altro non è che una fettina di vitello impanata e fritta (tipo la cotoletta milanese appunto) ma con sopra abbondante formaggio fuso, salsa di pomodoro e pomodori a fette…delicatissima! Prezzi medi, ma si paga la location (diverse persone entravano solo per fare foto per IG, ora hanno messo la regola di mostrare lo scontrino della consumazione per uscire!). 

La Boca

Iniziamo la giornata percorrendo la Defensa, via dove la domenica mattina si tiene la famosa Feira di S.Telmo, mercato cittadino ricco di bancarelle di artigianato, cibo vario e vecchie cianfrusaglie (un po’ una Portobello road di Londra), che finisce a Plaza de Mayo (di nuovo!). Il consiglio è di andarci verso le 10, prima devono ancora finire di montare gli stand, dopo diventa troppo affollato e bisogna stare ancora più attenti ai borseggiatori.

In generale ci siamo sentiti sicuri a B.A., ovviamente avendo le accortezze richieste in ogni grande città del mondo…sarà anche che noi viaggiamo sempre decisamente “leggeri”, senza orologi o gioielli, chiaramente riconoscibili come turisti, ma di quelli abbastanza poveri!

Qui incontriamo la panchina dedicata a Mafalda, la protagonista dell’omonimo fumetto che credo pochi (noi almeno no!) sanno sia “nata” da queste parti; in realtà è proprio un simbolo dell’Argentina, raffigurata ovunque su merchandising vario.

Proseguiamo verso nord, aggirandoci per le strade ordinate e i bei palazzi con portiere del quartiere residenziale di Retiro, uno dei più eleganti e lussuosi di Buenos Aires, fino a Plaza San Martin, posta su una collinetta naturale. Per pranzo arriviamo a Recoleta e nella piazza davanti al famoso cimitero assistiamo ad un‘improbabile partita di ping pong, che i partecipanti prendono molto sul serio, con esultanze alquanto ingiustificate degne del fantasanremo!

L’ingresso del cimitero monumentale, definito uno dei 10 più belli al mondo, è proprio sulla sinistra della piazza, cosa che ci avrebbe fatto comodo sapere per evitare di circumnavigare l’intero isolato alla ricerca dell’accesso! Il biglietto costa 5000 ARS e può essere acquistato solo con carta credit/debit.

Cimitero della Recoleta
Il cimitero è molto grande e ben conservato, sembra quasi un museo; tra i suoi viali si possono ammirare tombe in stili molto doversi, dal classico al gotico, in marmo bianco o nero lucido, cappelle sovra decorate (con angeli, Madonne, sculture di ogni tipo) o minimaliste, ma non è difficile immaginare quale sia la tomba più visitata…ovviamente quella di Evita! La più amata e al tempo stesso contestata first lady argentina morì nel 1952 e al suo funerale parteciparono più di 2 milioni di persone; la sua salma imbalsamata fu esposta in una teca fino al golpe militare che nel 1955 spodestò il Presidente Perón. Per il timore che il suo corpo si trasformasse in una reliquia del peronismo, capace di infiammare i seguaci e provocare disordini, i militari lo fecero sparire e non se ne seppe più nulla per 15 anni.

La salma, sotto il falso nome di Maria Maggi de Magistris, fu sepolta a Milano nel Cimitero Maggiore e quando fu scoperta la verità fu trasportata nella residenza di Juan Perón a Madrid. Nel 1973 Perón rientrò in Argentina, seguito dalle spoglie della moglie, che nel 1976 (dopo la morte di Peron e l’ennesimo golpe) furono consegnati alle sorelle Duarte, che la fecero seppellire nella tomba di famiglia alla Recoleta.

Nel pomeriggio visitiamo il Museo delle Belle Arti, dove è possibile ammirate opere di artisti sia argentini che internazionali, tra i quali CézanneFontanaGauguinKandinsky, MonetPicasso e Van Gogh (ingresso gratuito).



Floralis Generica
Arriviamo anche al vicino parco delle nazioni unite, per constatare i danni che la recente tempesta di inizio gennaio ha lasciato al famoso Floralis Generica, un tulipano gigante in alluminio e acciaio; in teoria si dovrebbe aprire con il sorgere del sole e chiudersi al tramonto, purtroppo però un petalo è totalmente collassato e il meccanismo deve essere riparato.

Anche noi siamo abbastanza ”cotti” e decidiamo di prendere la metro, molto comoda e nuova (nonchè economica) per tornare all’ostello, dove quello che doveva essere un riposino di un paio d’ore si trasforma in una maratona di sonno di 14 ore, dalla quale ci svegliamo la mattina seguente, riposati e molto affamati!

Dedichiamo la mattina seguente alla zona più moderna di Buenos Aires, Puerto Madero, quartiere elegante affacciato sul canale della Darsena, disseminato di grattacieli, hotel e ristoranti, ma anche molti parchi. Le attrazioni principali sono il futuristico Puente de la Mujer e la fregata ARA Presidente Sarmiento.

Puente de la Mujer
Il primo è un sinuoso ponte progettato dal famoso architetto Calatrava, che dice di essersi ispirato alle movenze di 2 ballerini di tango, anche se non è facile scorgerli guardando l’opera (almeno ad occhi non esperti come i nostri!). 

Ancora più perplessi ci lascia il monumento nazionale al tango, che cerchiamo in lungo e in largo per poi trovarci di fronte una piccola scultura in ferro, che descriverei un misto tra una fisarmonica o una spirale... insomma, anche qui per vederci il tango ci vuole molta immaginazione! Però devo dire in foto risulta più interessante che dal vivo (vedere ultima foto del post per credere)!

ARA Sarmiento

Accanto al ponte, l’imponente nave ormeggiata sul canale, lunga ben 86 metri e nata come nave-scuola per la marina argentina, è ad oggi un museo.

Proseguiamo tra viali alberati fino alla Reserva Ecologica Costanera, che purtroppo scopriamo essere, per l’appunto, chiusa il lunedì. Si tratta di una riserva artificiale ma molto verde e ricca di fauna, che si estende per 350 ettari, tra il fiume e il Rio de Plata, con diversi percorsi al suo interno, da fare a piedi o in bicicletta, anche con visite guidate. Un po’ delusi torniamo verso S.Telmo per un pranzo veloce prima di andare all’aeroporto cittadino, direzione Ushuaia.

Il volo è puntuale (grande Aerolineas Argentinas!) e dopo 4 ore circa atterriamo, accolti da un “lieve venticello” tipo bora di Trieste, da vera e propria “fine del mondo”! Scopriremo presto che queste parole ad Ushuaia sono un tantino abusate, al punto che ogni oggetto o luogo è sempre e comunque “della fine del mondo”: fari, musei, treni, isole, cartelli, ristoranti, uffici postali!!

Dall’aeroporto all’appartamento Airbnb, molto confortevole e caldo, avevamo prenotato un transfer su civitas a 14€, ma in realtà se ci fossimo affidati a Uber avremmo speso 1/3. Quaggiù, essendo estate, il sole tramonta alle 22 passate, e questo ci permette di fare con calma un’abbondante spesa all’Anonima, supermercato che va per la maggiore e di prepararci una cenetta a casa. 

Ushuaia è una cittadina non certo bellissima, sorta un po’ alla rinfusa, ad uso principale del turismo che negli ultimi decenni si è sviluppato, essendo la base di partenza sia per escursioni giornaliere che per le crociere extra lusso destinazione Antartide.


Casa de Gobierno - Ushuaia
Su questo Ushuaia ha fatto la sua fortuna, dopo secoli di isolamento dovuti appunto alla sua posizione lontana da tutto e raggiungibile solo via mare, dato che sorge sull’isola principale della Terra del Fuoco, separata dal resto del continente sud americano.

In realtà scopriamo che era nata come colonia penale a inizio 1900 per ospitare i criminali più efferati che dovevano essere tenuti isolati, e oggi un museo ad hoc lo ricorda…oltre alle magliette e souvenir a righe nere e gialle da carcerati…per la serie “fare business su tutto”.

Il ”centro” si snoda tra il porto e la via principale, Av. San Martin, piena di negozi di abbigliamento tecnico sportivo (non certo economico), da cui partono strade in salita con pendenza tipo 15%; per il resto le abitazioni, per lo più con tetti spioventi (qui quando nevica, nevica peso!) sono distribuite un po’ a caso tra le montagne e il mare fino alla periferia. Si ha comunque una sensazione di essere in un posto “speciale”, proprio per tutti i motivi sopra detti…in fondo ogni viaggiatore che si rispetti ha nella sua bucket list la “fine del mondo”, no?!

Verso le 9 del giorno seguente siamo al porto di Ushuaia, dove splende quasi il sole, ma scopriamo che, causa vento, le escursioni della mattina in barca sono tutte annullate, compresa quella sul canale di Beagle che avevamo fissato con Patagonia Adventure Explorer (tramite civitas)…si parte male! Ma siccome chi si ferma è perduto, trasformiamo il problema in opportunità, facendoci rimborsare l’escursione e rifissandola per il pomeriggio direttamente con l’operatore locale, risparmiando circa il 30%, sperando che le condizioni meteo migliorino (spoiler: quanto ci sbagliamo!).

Per quanto riguarda le escursioni, avendo tempi stretti e un unico giorno di fatto da dedicare ad ogni esperienza, nel dubbio abbiamo preferito fissarle in anticipo dall’Italia, consapevoli che la sicurezza si paga, in media appunto almeno un 20-30% in più delle stesse escursioni fissate in loco. Avevo provato anche a contattare direttamente gli operatori locali per mail e whatsapp, ma non accettavano prenotazioni (nemmeno pagando in anticipo) extra siti Civitas, Denomades, Getyourguide, ecc, cosa che mi è sembrata assurda sia per noi che per loro, che comunque devono riconoscere una % agli intermediari…bho!? La cosa positiva è che le prenotazioni su Civitas sono cancellabili di solito entro 24 ore prima e in caso di annullamento per maltempo vengono rimborsate senza problemi.

Glaciar Martial
Passiamo al vicino ufficio del turismo, dove si possono mettere gratuitamente i timbri della “Fine del mondo“ e “Antartide” sul passaporto e sfruttare il wifi. Ci consigliano di impiegare la mattina per fare un’escursione al vicino Ghiacciaio Martial, che raggiungiamo con Uber in poco più di 10 minuti e 2600 ARS.  Da qui partono molteplici sentieri, di diversa intensità e durata; noi ci facciamo bastare quello di circa 2 ore A/R, che porta all’ex rifugio (ora chiuso), bello in salita ma piacevole lungo un ruscello e con la vista che poi si apre sul ghiacciaio (abbastanza scarico di neve in questa stagione). Al ritorno, essendo senza internet, dobbiamo prendere un taxi, decisamente meno friendly di Uber e più caro…da questo punto di vista tutto il mondo è paese! Ci facciamo lasciare al famoso cartello di Ushuaia e poi passeggiamo verso il centro, dove pranziamo con deliziose empanadas da Un Lugar.

Ci ripresentiamo al porto per la partenza delle 15, confermata; splende il sole, anche se il vento sembra più forte della mattina…ma in fondo se ora le navi possono uscire vuol dire che va bene così…o no?! Iniziamo così la nostra avventura alla volta dell’iconico faro della fine del mondo, solcando le acque del canale di Beagle, diviso da una “linea immaginaria” che delimita il confine tra Argentina e Cile. Costeggiamo varie isolette abitate da cormorani e altri uccelli, che le hanno letteralmente ricoperte di guano, e da colonie di leoni marini che giacciono pigri sulle scogliere.

Faro alla fine del mondo
Il faro, citato nell’omonimo romanzo di Jules Verne del 1905, segnava la fine del territorio all’epoca mappato e l’inizio della terra sconosciuta dell’Antartide, e nel recente passato è stato ristrutturato ispirandosi proprio alla copertina di tale libro.

Il cielo inizia a farsi scuro e la pioggia ci sorprende dopo poco che siamo sbarcati a Isla Bridges e, bagnati come pulcini (anzi cormorani!), dobbiamo quindi interrompere il trekking previsto su questa isola selvaggia (doveva durate circa 1 ora, invece di 10 minuti, peccato). I pochi km che ci separano dalla costa sembrano infinti a causa del mare che si è ingrossato, con onde oltre i 2 metri, e la nostra barca (piuttosto piccola) fatica a rientrare…ottima strategia delle autorità portuali, complimenti!



Per cena tentiamo di andare in una braceria rinomata, Parrilla La Estancia, ma è tutto pieno e ci rimbalzano all’istante; ripieghiamo sul vicino ristorante Moustacchio, dove gustiamo un tenero filetto accompagnato da un buon Malbec argentino.
Per gli amanti del genere a Ushuaia ci sono anche tanti ristoranti che servono la centolla, granchio gigante tipico della zona.




Parque Tierra del Fuego

Per il secondo giorno abbiamo fissato un’escursione all day nel Parco Nazionale Terra del Fuego, con l’operatore Tempo Libre (sempre on line con civitas), che prevede varie tappe per brevi percorsi di trekking (massimo 30/40 minuti l’uno). L’ingresso del parco dista ca. mezz’ora dalla città (biglietto acquistabile in anticipo sul sito https://ventaweb.apn.gob.ar/reserva/inicio o alla biglietteria in loco) e dentro le strade sono tutte sterrate ma ben tenute.

I luoghi più suggestivi che si visitano sono il Lago Acigami, con i ghiacciali cileni che fanno da cornice sullo sfondo, bahia Lapataia, con il famoso cartello che segna la fine della Panamericana dall’Alaska ad Ushuaia (ben 17.848 km!), e il correo del fin de mundo, dove (previo pagamento di 3000 ARS e lunga coda) potete farvi mettere sul passaporto il tipico timbro con pinguino dallo storico signore che da decenni gestisce l’ufficio postale più a sud del mondo (come testimoniano le numerose foto appese alle pareti). 


La passeggiata sul sentiero costiero che parte dal correo e costeggia il canale di Beagle offe scorci imperdibili ed un silenzio che ti rimette in pace con il mondo, a patto di essere così fortunati da non arrivare insieme ai turisti (decisamente agè ma rumorosi) delle navi da crociera. 

Lungo il percorso si vedono diverse "collinette" verdi, formate da depositi di conchiglie ricoperte di terra costruite per frenare la forza del vento.

La nostra guida è stata una ragazza di Buenos Aires che da alcuni anni lavora quaggiù durante la stagione turistica, in virtù degli stipendi più alti rispetto al resto dell’Argentina, ma che a quanto abbiamo capito era impaziente di tornare nella capitale. È stata brava e disponibile, ma la cosa che ci ha colpito è il suo grande spirito critico verso il famoso “treno della fine de mondo” e dei poveri turisti che, dopo aver pagato il biglietto a caro prezzo, erano costretti a percorrerci pochi km a passo d’uomo…questo non ci ha fatto rimpiangere di aver saltato tale esperienza!  Ci ha dato anche divere spiegazioni sulle piante diffuse nella zona, molti arbusti per resistere al vento, che piega letteralmente gli alberi, e licheni (parassiti).

Una cosa interessante che ci ha raccontato, e che fa riflettere su come l’uomo stia sempre più condizionando la natura in modo negativo, riguarda la diffusine dei castori in questa regione. Intorno al 1950 furono creati numerosi allevamenti finalizzati a produzione di pellicce, importandoli dal Canada, ma il business non ebbe il successo sperato e le 25 coppie liberate inizialmente sono cresciute in modo esponenziale, non avendo predatori in questo habitat, fino a diventare infestanti...una genialata insomma! I danni di questi “simpatici” roditori sono visibili sugli alberi e nei fiumi, di cui deviano il corso con le loro ingegnose dighe, con danni ambientali non indifferenti.

Tren del Fin del Mundo
Un’altra questione che è molto sentita in tutta l’Argentina riguarda la nazionalità delle Isole Falkland, qui chiamate Islas Malvinas. Sono diffusi ovunque cartelli e monumenti che ribadiscono come questo arcipelago, che senza ombra di dubbio è più vicino all’Argentina (da cui distano “solo” 1000 km) che all’Inghilterra, faccia parte dell’Argentina. Nel 1982, nel pieno di una delle tante crisi economiche e di una rivolta civile contro la giunta militare che governava il Paese, il presidente argentino decise di giocarsi la carta del sentimento nazionalistico, lanciando quella che considerava una guerra facile e veloce per reclamare il possesso delle Malvinas. La guerra durò in effetti poco più di 2 mesi, giusto il tempo per il Regno Unito di organizzarsi per respingere le forze argentine che, a sorpresa, avevano occupato l’arcipelago. Nonostante questo, gli argentini restano fermamente convinti che le Malvinas siano loro, e poco conta che gli abitanti di queste isole si sentono ormai dal 1833 inglesi al 100%.

Lasciamo Ushuaia con il bus delle 8 del mattino seguente (compagnia Bus Sur, sedile reclinabile semi-letto), che ci porterà in circa 10 ore a Punta Arenas in Cile. Il passaggio della frontiera è piuttosto agevole, con 3 soste in cui si scende dal bus: alla dogana per uscire dall’Argentia, a quella poco dopo per entrare in Cile, e infine per imbarcarsi sulla chiatta che traghetta il bus per lo stretto di Magellano. L’unica accortezza da avere alla frontiera è non portare alimenti non confezionati (es. frutta): è vietato e controllano tutte le valigie - per questo non è raro vedere gente che mangia banane o altro prima della frontiera (noi compresi!). Nel prezzo è compreso anche un sandwich+barretta+acqua, che ti fanno trovare sul sedile quando risali dopo controllo doganale del Cile. A conti fatti per spostarci a nord di nemmeno 200Km in linea d’aria ne abbiamo percorsi oltre 600 su strada/nave…chiamasi giro pesca!?

Punta Arenas è una cittadina tranquilla, con strade ordinate e affacciata sullo stretto di Magellano, che ne fa una meta ideale per diverse escursioni in giornata alla scoperta della natura e della fauna di questa regione della Patagonia cilena. La nostra sistemazione con Airbnb è a 2 passi dalla bella piazza centrale e dalla stazione degli autobus.

Monumento Natural Los Pinguinos

Ci accorgiamo già dalla prima cena nel colorato locale consigliato dalla Lonely Planet (La Marmita, con buone opzioni vegetariane ma anche carne di guanacho e polenta) che i prezzi in Cile sono decisamente più alti, complice il fatto che paghiamo in euro ad un cambio non proprio ottimo. Visto che staremo in Cile solo 3 giorni ed abbiamo già pagato camere, trasporti ed escursioni decidiamo comunque di non cambiare euro in pesos cileni e andare solo in locali che accettano carte credito.

La sveglia suona alle 6 per l’appuntamento alla vicina agenzia Solo Expediciones, con cui abbiamo fissato la visita al Monumento Natural Los Pinguinos, un’isola abitata dagli adorabili pinguini di Magellano. Dopo un tragitto di circa mezz’ora in bus, ci imbarchiamo sull’aliscafo che ci porta all’Isla Magdalena, su cui è possibile percorrere per circa un’ora un circuito ad anello camminando proprio in mezzo a queste simpatiche piccole creature, alte non più circa 40 cm, che ci guardano con un misto di curiosità e sospetto (anche se sono ormai abituati alla presenza dell’uomo). 

Pinguini innamorati
La colonia, composta da circa 120.000 esemplari, arriva qui dal Brasile ogni anno verso Ottobre, per accoppiarsi e crescere i cuccioli, e vi resta fino a fine marzo, quando poi anche i più piccoli (ancora grigi e pelosetti a gennaio) saranno in grado di affrontare la migrazione opposta. I mesi sull’isola rappresentano un periodo fondamentale in cui gli adulti devono fare scorte di cibo per il viaggio e per i cuccioli, e possono andare a caccia in mare anche 6 volte al giorno. Per questo una delle principali regole che vige sull’isola è che “i pinguini hanno sempre la precedenza”! Bisogna quindi fermarsi se uno o più di loro (spesso si muovono in gruppi) vuole attraversare il percorso per dirigersi verso il mare o alla propria tana, se no si rischia di disorientarli e creargli danni.

Avevamo visto pochi mesi prima in Sud Africa i pinguini africani, praticamente identici come dimensione e tipologia, ma qui sono davvero tantissimi e molto vicini, è impossibile non innamorarsi di queste dolci e buffe creature (abbiamo assistito anche ad esilaranti capitomboli di cuccioli che ancora non avevano ben capito che i pinguini non volano!).



Proseguiamo poi per la vicina Isla Marta, dove non si può scendere, ma avvistiamo leoni marini enormi che spesso e volentieri si buttano in mare e nuotano verso la barca incuriositi.

Per le 12 rientriamo a Punta Arenas, e ci rilassiamo un po’ al sole in Plaza de Armas, dove svetta la statua di Magellano, una vera celebrità da queste parti. Prendiamo dei mini panini al vicino Kiosco Roca, trovato per caso vedendo la fila fuori; il posto, preso d’assalto da locals e turisti, ha 2 unici tipi di panini (Choripan, con maionese, o Choriqueso, con salsa piccante al pomodoro e formaggio), ma un intero menù di calamite acquistabili?!

Plaza de Armas - Punta Arenas
Il bus per Puerto Natales ci porta poi in 3 ore circa a destinazione, luogo di partenza per quello che viene definito il paradiso degli amanti del trekking: il Parque Nacional Torres del Paine. In vista dell’escursione full day di domani, organizzata sul sito Denomades (specializzato in esperienze in tutto il sud America), andiamo al supermercato per farci dei panini e restiamo sorpresi dall’organizzazione perfetta: il banco gastronomia vende affettati e formaggio di ogni tipo già a fette, tipo catena di montaggio di panini per escursionisti affamati. Ceniamo al Cafè Kaiken, cucina cilena rivisitata, che offre piatti di carne e pesce ma anche pasta fresca handmade niente male.

Alle 7.00 puntuali, sotto una leggera ma fastidiosa pioggerellina, il minivan della Patagonia Planet ci passa a prendere al nostro Hostal Chorrillos (camera con bagno e uso cucina a 5 minuti dal centro) per una giornata non tanto di trekking quanto un tour panoramico del parco. Obbligatori per partecipare all’escursione aver acquistato in anticipo on line i biglietti di ingresso al Parco e alla cueva sul sito www.pasespaques.cl

Cuernos del Paine
Fortunatamente lungo il tragitto esce il sole e, dopo una breve sosta bagno/shopping a Cerro Castillo (dove ripasseremo domani per tornare in Argentina, dato che la frontiera è proprio a poche centinaia di metri), ci addentriamo nel parco, fermandoci lungo la strada per vedere da vicino i numerosi guanachi e anche volpi grigie delle ande. I guanachi appartengono alla famiglia dei cammelli/lama; rispetto ai primi, non hanno le gobbe e sono piuttosto piccoli e, a differenza dei secondi, sono meno pelosi e non sputano! Se si è mooolto fortunati da queste parti si possono incontrare anche i puma, ma è difficile vederli di giorno, dato che si riposano in vista della caccia notturna mimetizzandosi perfettamente con il paesaggio.

Fuori dal finestrino si susseguono laghi con colori che vanno dall’azzurro al verde, dal turchese al grigio, alcuni abitati da fenicotteri rosa (non lo credevamo possible a questo clima), con bellissime visuali sulle iconiche 3 Torri di granito e i vicini Cuernos del Piane.

Le viste che più ci hanno emozionato sono state quella dalla strada che costeggia il Lago Pehoé, all’altezza dello storico hotel in mezzo al lago, e quella dal Nordenskjold Lake viewpoint, da cui si può apprezzare tutta la grandezza di queste montagne di granito.

Lago Pehoé
Piuttosto adrenalinico invece cercare di battere la forza del vento ad oltre 80Km/h per arrivare alla cascata del Salto Grande e soprattutto al lago Grey, dove arriviamo per l’ora di pranzo. Qui facciamo una passeggiata nel bosco di ca. 40 minuti A/R, fino ad arrivare alla spiaggia in riva al lago e camminare sull’istmo di terra nel mezzo, solcato spesso (se non sempre) da un vento assurdo che ti sposta! Da qui si vede in lontananza anche il ghiacciaio Grey, solo un assaggio dei ghiacciai che ci aspettano in Argentina!

La guida di oggi non è esattamente friendly, e ci identifica subito come gli indisciplinati del gruppo (in tutto 15 persone ca.), perchè ci facciamo sempre attendere per le tante foto da fare nei punti panoramici. 

Laguna Amarga con le Torri sullo sfondo
In effetti il limite di questi tours è proprio la mancanza di libertà nel dettare i ritmi, ma se non si vuole noleggiare un’auto per un solo giorno (qui come ad Ushuaia), affidarsi agli operatori è l’unica possibilità per vedere tante cose in un tempo ridotto. Miss simpatia comunque ci racconta diverse cose del parco e anche del Cile. In particolare, capiamo che gli sconfinati terreni brulli del parco, sono di proprietà privata e nelle mani di un numero molto limitato di imprenditori (molti anche di origine croata, come l’attuale presidente del Cile), che li usano per pascolo di pecore, cavalli e bovini, attività ancora primaria nell’economia del paese. 


Sulla via del rientro ci fermiamo alla cueva del Milodon (non esattamente imperdibile, ma tappa obbligata di ogni tour), ovvero l’enorme grotta dove furono trovati circa 100 anni fa i resti di questo animale preistorico che assomiglia ad un bradipo gigante (alto quasi 2 metri e lungo 3), diventato un simbolo di Puerto Natales. All’ingresso del paese, che già è piuttosto bruttino ed anonimo, fatto di case in lamiera che rimbomba sotto il forte vento, c’è anche una sua statua scala 1:1. Purtroppo per le strade (sia qui che a El Calafate) si aggirano tanti cani randagi, non in pessime condizioni per fortuna, con ciotole di acqua e cucce in legno per strada, ma è una cosa da segnalare per chi è sensibile all’argomento.

Il viaggio del giorno seguente per El Calafate dura più delle 6 ore previste, causa lunga coda alla dogana argentina, gestita in modo surreale (zero controlli ma tempi lunghissimi in un casottino in legno nel nulla) e la decisione dell’autista del bus di trasformare una sosta bagno di 10 minuti in una pausa pranzo (sua!) di oltre 1 ora. Arriviamo verso le 17 alla stazione dei bus, che per un motivo incomprensibile è a circa 2 km dal centro, con Uber inesistente su piazza. A quel punto, con trolley e zaino al seguito, stanchi del viaggio e con la voglia di arrivare all’hotel in tempi brevi, il buon senso avrebbe suggerito di prendere un taxi…ma noi ci facciamo “convincere” dalla ragazza all’ufficio informazioni che, girando a sinistra alla rotonda fuori dalla stazione dei bus, magicamente in 10 minuti saremo in centro!! La realtà è che la rotonda non esite, sbagliamo strada un paio di volte, ci troviamo su un vialone trafficato senza marciapiede, fa un caldo assurdo (abbiamo il piumino), e ci mettiamo tipo 40 minuti, dato che la nostra sistemazione è dal lato opposto del centro! #tuttoaposto

Ghiacciaio Spegazzini
Un suggerimento giusto però ce lo ha dato: il nome della principale agenzia che organizza i minitrekking sul Perito Moreno. Arrivati in centro ci fermiamo quindi a Hielo & Adventura, per chiedere la disponibilità per 2 giorni dopo. Inizialmente ci dicono che è tutto esaurito, ma la costanza di ritentare poco prima della chiusura ci premia; entro le 18 infatti si può sfissare e per nostra fortuna 2 persone hanno disdetto per la data che ci interessa! Dobbiamo rispondere a diverse domande sullo stato di salute, tra cui: se si hanno problemi al cuore, circolatori, operazioni al ginocchio, gravidanza, e l’età massima per partecipare è di 65 anni. Questa escursione prenotata on line in anticipo costava oltre 250 euro (infatti avevamo desistito), mentre sul posto 150 € a testa.

La sistemazione per le 4 notti a El Calafate è piuttosto basica (Amancay Hostal Patagonico), ma noi ci adattiamo, non fosse per il rischio di dare fuoco alla camera per aver messo una maglietta decathlon ad asciugare sulla stufa a gas…ops, meglio stare al fresco!

Per cena abbiamo adocchiato un posto particolare, Kau Kalashen, tutto in legno stile baita di montagna, che serve una deliziosa ed abbondante fonduta di formaggio con wurstel, verdure grigliate, crostini, accompagnata ovviamente da una birra patagonica.

Iceberg su Lago Argentino
Il primo giorno è dedicato alla navigazione sul Lago Argentino, con trasporto a Porto Bandera in bus (70km ca. da El Calafate) per esplorare in barca la parte nord di questo sconfinato lago glaciale e vedere da vicino alcuni dei ghiacciai che lo alimentano. A questo si deve la colorazione “lattiginosa” delle sue acque, che risplendono sotto la luce del sole, che allo stesso tempo conferisce agli iceberg che galleggiano sul lago un azzurro incredibile.

Il biglietto per il parco del Los Glaciares si può acquistare in anticipo sul sito https://ventaweb.apn.gob.ar/reserva/inicio oppure alle casse il loco, dove accettano anche carte di credito (ma pare che a volte la linea dei pos non sia eccelsa…meglio portarsi la cifra in contanti ARS per evitare sorprese). Al fine di ottenere lo sconto del 50% sul secondo giorno di ingresso è necessario presentare il biglietto del giorno precedente; dato che ci sono 2 punti di accesso al parco, Porto Bandera e Perito Moreno, e il sito non è chiarissimo a riguardo, noi abbiamo preso on line il giorno 1 e poi in cassa il giorno 2.

Il safari nautico si svolge su navi grandi e comode, senza rischio di soffrire il mal di “mare”, e dopo aver attraversato la “boca del diablo”, ovvero il punto più stretto del lago che porta al braccio nord, la prima tappa è verso il ghiacciaio Upsala, il più grande di questa parte di Patagonia con un’estensione di ben 60km di lunghezza e 10km di larghezza. Purtroppo da alcuni anni, a causa dei frequenti distacchi di ghiaccio che creano onde pericolose per le imbarcazioni, non è più possibile avvicinarsi molto a questa montagna azzurra, ma anche da lontano fanno bella mostra di sé degli iceberg giganti, e passarci accanto è un’emozione notevole.

Per pranzo sbarchiamo al Refugio Spegazzini, vicino all’omonimo ghiacciaio che deve il suo nome al botanico italo-argentino ed è il più alto dell’area con i suoi 130 metri, più del doppio del Perito Moreno. Nel rifugio è possibile pranzare al coperto ai tavoli anche con il proprio cibo, ma visto il bel tempo e che non fa nemmeno troppo freddo noi preferiamo mangiare il nostro sostanzioso panino su comodi divanetti vista lago. Dopo circa 1 ora ci reimbarchiamo per avvicinarci al ghiacciaio e fare altre 1000 foto, per poi imboccare la via del rientro; per le 17 siamo di nuovo a El Calafate.


Per cena cerchiamo invano un tavolo al Mi Rancho Restaurant Pataganico (è alta stagione da queste parti, complice la chiusura delle scuole), ma fissiamo per la sera seguente, accontentandoci per oggi di un aperi-cena al risparmio da Pietro’s café.


Perito Moreno - lato sud
Il secondo giorno ci attende il mini-trekking, che si articola in più fasi: partenza verso le 8 in bus fino al porto da dove partono i battelli di Hielo & Adventura, che attraversano il lago fino ad arrivare alla parte sud del Perito Moreno, con belle viste del ghiacciaio e delle grotte che si formano sul frontale. Da qui inizia una passeggiata di mezz’ora tra “spiaggia” e bosco, per poi arrivare al punto dove si indossano i ramponi (con aiuto delle guide; consiglio: scarpe da trekking e calzino pesante), casco e guanti (obbligatori) per iniziare il trekking sul ghiacciaio. Ogni gruppo ha 2 guide, una che fa da apripista e l’altra che controlla che non resti indietro nessuno, anche se di fatto è bene essere autonomi o avere un aiuto portato da casa (come nel mio caso, grazie Fede)!

Trekking sul Perito Moreno
I consigli su come camminare sul ghiaccio sono 2: in salita piedi a papera, distanti e inclinati a 45 gradi verso l’esterno, in discesa piedi paralleli, peso indietro (tipo squat) e puntare prima i talloni. Detto così è facile, la pratica un po’ meno, ma l’esperienza è decisamente da consigliare, unica nel suo genere e fattibile anche se non si è particolarmente allenati. Il blu del ghiaccio nei solchi che l’acqua scava in questa neve compattata nei decenni, che risplende sotto la luce solare, ha toni incredibili e forme sinuose che potresti guardare per ore. Immancabile la foto mentre si “piccona” il ghiaccio e a fine del percorso ci aspetta una sorpresa (spoiler alert): un brindisi a base di whisky servito direttamente con il ghiaccio del Perito Moreno!

Se si hanno meno di 50 anni e si è in gran forma fisica è possibile partecipare anche ad un altro trekking, il Big Ice, che prevede 8 ore di camminata cui gran parte con i ramponi…grazie, ma per me è un NO!

El Perito
Dopo la pausa pranzo nel rifugio (non c'è area ristoro, ma solo tavoli al coperto e bagni, portarsi il cibo!) ci soffermiamo alla statua dedicata a Francisco Moreno, il geografo ed esploratore da cui il ghiacciaio più famoso del mondo prende il nome. Era detto “El Perito” (l’esperto), proprio perché ebbe un ruolo fondamentale durante i negoziati che a fine 19^ secolo determinarono i confini tra Argentina e Cile. Leggiamo sulla Lonely che Moreno prese parte a numerose spedizioni in Patagonia, esplorando terre sconosciute e scoprendo il grandioso El Chaltén (a cui diede il nome di Fitz Roy in onore dell’omonimo grande esploratore), ma per uno strano scherzo del destino egli non vide mai il ghiacciaio che oggi porta il suo nome.

Ci reimbarchiamo per fare il tragitto inverso e poi andare in bus alla zona delle passerelle, da cui è possibile ammirare il fronte del ghiacciaio in tutta la sua imponenza. Scopriamo dalla guida che il fronte avanza di circa 2 metri ogni giorno, nonostante i distacchi quotidiani di pezzi enormi di ghiaccio, che rappresentano uno degli spettacoli più suggestivi che si possono godere dalle passerelle. Infatti, pur non essendo né il più alto né il più grande, il Perito Moreno con i suoi “soli” 5 Km di larghezza, 32 km di lunghezza e 60 metri di altezza, è il più famoso tra i ghiacciai della Patagonia, grazie proprio alla sua accessibilità.

Perito Moreno dalle passerelle 
L’avanzamento è tale che, almeno fino a qualche anno fa, a intervalli di circa 4 o 5 anni il ghiaccio raggiungeva la sponda opposta del lago fino a formare una
 diga naturale che separava in due il Lago Argentino. La forza delle acque imprigionate erodeva poi nel giro di pochi giorni la parete di ghiaccio, formando degli archi meravigliosi da vedere e infine un collasso fragoroso per riprendere il suo corso naturale. Purtroppo il cambiamento climatico sta rendendo questo fenomeno sempre più raro, e c’è il timore che quello del 2017 possa essere stato l’ultimo episodio di questo tipo.

Arriviamo alle passerelle sotto una pioggia fastidiosa che, insieme al fatto che il tour prevede solo 1 ora da trascorrere qui (unico limite evidente del programma), non ci permette di gustare a pieno questa meraviglia della natura. Non ci facciamo comunque scoraggiare, indossiamo i nostri kway e ci incamminiamo per il circuito giallo, che dura appunto 1 ora e permette visuali della parte centrale del fronte da diversi punti panoramici posti su più livelli. Nel tempo a nostra disposizione, nonostante appostamenti continui per girare video senza soluzione di continuità, non assistiamo a distacchi imponenti di ghiaccio, se non in lontananza, riconoscibili dal boato.



Per fare i 4 percorsi delle passerelle, davvero piacevoli e ben organizzati, ci vorrebbe molto più tempo, e ci pentiamo un po’ di non aver programmato 2 giorni al Perito Moreno, uno per il trekking e l’altro per le sole passerelle…ma il tempo è tiranno e domani ci aspetta un altro gigante patagonico: El Chalten.

Partiamo da El Calafate verso le 8 con il bus Taqsa Marga, che in meno di 3 ore ci porta nella capitale argentina del trekking (con tanto di cartello autocelebrativo all’ingesso del paese!), costeggiando un altro lago di origine glaciale Lago Viedma ed offrendoci panorami suggestivi fuori dal finestrino. Le opzioni sono molte e di diversi livelli di difficoltà, dalla passeggiata di 1 km a escursioni di più giorni che prevedono di dormire in tenda lungo il percorso. Noi scegliamo un circuito medio di 8 km A/R, che conduce alla Laguna Capri, primo mirador del Fitz Roy, almeno sulla carta…infatti il meteo è ballerino e, nonostante ci sia il sole, le nuove avvolgono la cima dell’iconico massiccio alto 3400 metri (cosa alquanto frequente, tanto da essere definita “la montagna col cappello”). Il primo Km è bello in salita, poi la strada migliora, con tratti più esposti al vento che si alternato al bosco, ma in circa 1.30 h arriviamo, anche per evitare figuracce con il gruppone di turisti asiatici che abbiamo superato a metà percorso e che ci hanno guardati malissimo! Da segnalare la totale assenza servizi, non solo bar/rifugi per magiare qualcosa (noi avevamo ovviamente i nostri panini), ma anche bagni…con risultati non proprio ottimali su quello che si può trovare nel bosco/cespugli.

Laguna Capri

Ci fermiamo un po’ a rilassarci sulla riva del lago, il vento è abbastanza forte ma sdraiati sulla spiaggia si sta bene. Con altre 4 ore di cammino A/R, fattibili in giornata se si è abbastanza allenati, è possibile proseguire per la Laguna del Los Tres, immagine che tutti abbiamo in mente pensando a questi luoghi, anche perché ormai inflazionata su Instagram! Considerando le scarse possibilità di avere una visuale aperta sulle cime, non forziamo ulteriormente (soprattutto i miei ginocchi) e, un po’ delusi, prendiamo la via del ritorno.

Las Vueltas River
Tornati in paese, curiosiamo tra i vari locali e hotel disseminati lungo la via principale (anche qui con grande fantasia Av. S. Martin), alcuni anche cool, altri in costruzione (con norme di sicurezza discutibili…vediamo gente in cima ai tetti con vento a 50km/h). Ci fermiamo per una merenda/cena prima di riprendere il bus delle 19 per El Calafate, dove ormai la stazione dei bus non ha più segreti per noi, e infatti raggiungiamo abbastanza velocemente il centro per una ripida stradina sterrata.

Il giorno seguente possiamo finalmente prendercela con calma facendo una bella colazione e un ultimo giretto con il sole per le strade di El Calfate, fino alla reserva Laguna Nimez, affacciata sul lago.

Questo è il paese della Patagonia che più ci è piaciuto (stazione dei bus a parte!), ordinato, tranquillo, non particolarmente ventoso, con tanti localini e negozi. Alle 11.30 puntuale ci passa a prendere lo shuttle fissato il giorno prima per l’aeroporto (VesPatagonia, bus condiviso 6000 ars a testa cash, prenotazione tramite sito o whatsapp) per il volo delle 13.50 che ci riporterà a Buenos Aires.

La capitale, che vista dall’alto ha un numero impressionante di piscine private (anche perché il mare è decisamente poco invitante per fare un tuffo), ci accoglie con un clima molto diverso dalla volta scorsa: 30 gradi alle 18 e caldo umido. Giusto il tempo di arrivare in Uber alla nostra sistemazione nel cuore di Palermo SoHo (Corazon de Palermo), farci una doccia nel mini-bagno, uccidere una decina di zanzare in camera, e usciamo per un aperitivo al Tomate (molto carino) e poi ceniamo  al vicino Calden Grill (consigliatoci da una famiglia di Siena incontrata a Ushuaia) con carne e provoleta rigorosamente alla griglia.

Palermo, divisa tra SohO e Hollywood, è il quartiere storico di B.A ma anche centro della vita notturna (insieme a S.Telmo), situato a nord est del centro e di Recoleta. Le strade che partono dalla centralissima Plaza Serrano (strapiena di locali con musica a palla) sono un susseguirsi di negozi di abbigliamento, ristoranti, street art ad ogni angolo, case che si affacciano su viali alberati e parchi.

Per il nostro ultimo giorno partiamo con colazione a base di churros e ci perdiamo tra le stradine acciottolate di SoHo alla ricerca dei famosi murales, ovviamente dedicati al calcio (Messi e Maradona in primis), ma anche a fumetti, motivi floreali, pop art e fantascienza. Spostandoci verso Hollywood ci fermiamo a fare una seconda colazione ristoratrice (fa già un caldo assurdo) e immortaliamo il murales dedicato all’artista messicana Frida Kahlo, divenuta simbolo di femminismo e libertà. L’opera, che in realtà è stata realizzata per l’aperura di un nightclub nel 2015, ha elementi tridimensionali come le farfalle che escono dl muro, è dipinta su un edificio alto 9 metri ed è di forte impatto.

Alcune opere di Frida e del marito Diego Rivera sono esposte nel vicino museo MALBA a Palermo Chico, che ospita una grande collezione di arte contemporanea di artisti latino-americani, tra cui anche Botero.


Palermo è una zona ricca di verde e noi proseguiamo verso il giardino botanico, progettato dal francese Carlos Thays, un luogo che è una vera oasi di pace ed accoglie sui suoi 7 ettari oltre 5000 specie di piante, suddivise per le diverse parti del mondo di provenienza (ingresso gratuito). Ci fermiamo su una panchina all’ombra, gustandoci delle ciliegie e una fetta di cocomero che apprezziamo particolarmente pensando che da domani torneremo all’inverno italiano, e non le mangeremo per altri 5 mesi!



El Ateneo Grand Splendid
Nel pomeriggio, dopo essersi fatti aiutare da s. google maps per cercare il bus giusto (la rete del trasporto di superficie è una trappola infernale a B.A., con infiniti bus e diverse varianti anche dello stesso numero 41a/b/c/d), arriviamo nel Barrio Norte, dove visitiamo la libreria El Ateneo Grand Splendid, ricavata negli spazi dell’omonimo teatro inaugurato nel 1919, con tanto di palco dove ora ha sede un caffè. Esattamente 100 anni dopo, nel 2019, questa libreria, che è di proprietà della casa editrice El Ateneo ed ha altre sedi a Buenos Aires, è stata nominata dal National Geographic la libreria più bella del mondo.
Nell'uscire vengo seguita e fermata da un addetto alla sicurezza perché il mio zaino suona all'anitaccheggio...mi trovo a dover giustificare la vecchia guida dell'Argentina del 2019 che ci siamo portati ovviamente dall'Italia! Già mi vedevo con la mia foto con sotto la scritta "ladronas" (cosa che abbiamo visto davvero in alcuni negozi!), ma la situazione si risolve nel migliore dei modi.

Torniamo a Palermo, sempre in bus, e prima di recarci all’aeroporto EZE in Uber facciamo un aperitivo sulla terrazza del Sans Armenia, carina ma con troppi piccioni invadenti che volevano rubarci le patatine. In aeroporto finiamo i pesos avanzati facendo scorta di dulce de leche, una crema al caramello super dolce che gli argentini mettono un po’ su tutto, come la nutella per noi o il burro d’arachidi per gli americani.

Palermo
Il volo di rientro è puntuale e tranquillo, unico appunto che possiamo fare ad Aerolineas Argentinas, su cui avevamo molti dubbi leggendo i commenti negativi in rete, riguarda la modesta scelta di film, soprattutto in italiano, ma per il resto non possiamo certo lamentarci del servizio. Dobbiamo dire di essere anche stati fortunati, perchè in uno di giorni della nostra permanenza in Argentina c’è stato uno sciopero generale che ha portato alla cancellazione di tutti i voli.

Il tempo è letteralmente volato, per le tante esperienze fatte, cose viste e ritmi tenuti, sempre in movimento come 2 trottole, ci è apparso infinito; ma ci sembra anche ieri che siamo partiti dall’Italia…e adesso abbiamo già lasciato la capitale argentina destinazione casa. Torniamo stanchi ma felici, con la rinnovata certezza che la meraviglia di scoprire il mondo e di lasciarsi completamente assorbire da luoghi ed esperienze nuove non smette mai di stupirci, e anzi ci fa venire sempre più voglia di ripartire presto!!!

p.s. un’idea sulla prossima meta ce l’abbiamo…#staytuned







 

 

 

 

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